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NOTIZIARIO LIBRI ANSA: L’AVVENTURA DELL’UOMO CHE INVENTO’ IL BRUNELLO: EZIO RIVELLA: “IO E BRUNELLO” (BALDINI CASTOLDI DALAI EDITORE)

Italia
Ezio Rivella

Nel 1975 quella di Montalcino, in provincia di Siena, era considerata un’area depressa. Del suo vino oggi più celebre, il Brunello, si vendevano poco meno di 200.000 bottiglie, più altre 120.000 di Rosso di Montalcino. Trent’anni dopo, nel 2005, le bottiglie di Brunello vendute sono state 6.249.000, e quelle di Rosso di Montalcino 4.674.000. Il maggiore artefice di questo miracolo è stato un piemontese che si chiama Ezio Rivella e che sulla sua avventura in Toscana ha scritto un libro (“Io e Brunello”, Baldini Castoldi Dalai Editore, pagine 384, 20 euro).

Rivella era già stato direttore tecnico e commerciale di cantine sociali emiliane e aveva costituito una società di engeneering e consulenza enologica prima di mettere gli occhi su Montalcino e di studiare il suo territorio. Constatò che, per la maggior parte, era abbandonato. Non solo, il vino ottenuto dai vigneti di Brunello (un Sangiovese particolarmente pregiato) veniva venduto sfuso perché i produttori , una sessantina contro i quasi 300 di oggi, non erano in grado di sostenere gli investimenti necessari per farlo invecchiare. Fu così che, a partire dal 1977, cominciò ad acquistare, pezzo per pezzo, una serie di poderi contigui fino a raggiungere, sei anni dopo, quasi 3.000 ettari con al centro il vecchio maniero di Poggio alle Mura, strappato a caro prezzo agli eredi di Giovanni Mastropaolo, uomo di grande carattere che in vita non si sarebbe mai separato da questa proprietà.

I suoi finanziatori furono due fratelli italo-americani, John e Harry Mariani, per la cui azienda, la Banfi, Rivella aveva fatto da consulente facendo loro importare con grande successo negli Stati Uniti un Lambrusco per gli americani. Furono sempre i Mariani a permettere a Rivella di realizzare un altro sogno: quello di una cantina modello, cuore pulsante della tenuta, tecnologicamente all’avanguardia, capace di vinificare almeno 100.000 quintali di uva l’anno che ancora oggi si chiama Banfi e il cui Brunello ha preso il nome da quel castello, Poggio alle Mura.

Nonostante i cospicui investimenti e i momenti di crisi, quello suggerito da Rivella ai Mariani si è rivelato un grosso affare e oggi sono tanti i vecchi proprietari in terra di Montalcino che si mangiano le mani per aver venduto parte dei propri possedimenti. L’azienda dei Mariani, che oggi si chiama Castello Banfi, ha fatto comunque da volano per tutto il territorio ed ha contribuito in maniera determinante alla rinascita del Brunello e alla sua diffusione nel mondo, in America in particolare: si calcola che i tre quinti di Brunello di Montalcino vengano esportati e che il 25% dell’intera produzione vada negli Stati Uniti., cui segue la Germania con il 10%.

Il libro di Rivella, che per 9 anni è stato presidente dell’Associazione mondiale degli enologi, è ricco di ricordi, personaggi e aneddoti. Tra i tanti, uno vale la pena ricordare per far capire quanto fosse sconosciuto il Brunello meno di 50 anni fa. Lo ha raccontato all’autore Marco Trimani, proprietario di una delle più antiche enoteche di Roma: un giorno, quando al Quirinale sedeva Giuseppe Saragat, del quale si diceva fosse un grande estimatore di vini, gli furono ordinate per un pranzo al Colle 6 bottiglie di Brunello di Montalcino Biondi Santi, di cui il negozio era sprovvisto e che non era reperibile sulla piazza di Roma. Ebbene, il signor Trimani prese un treno per Montalcino, acquistò le sei bottiglie in un’enoteca locale e le spedì a Roma come pacco espresso.

Fonte: Ansa - Notiziario Libri

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