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CON INNOVATIVE “TECNICHE A MEMBRANA” POSSIBILE UNA PARZIALE DIMINUZIONE DEL GRADO ALCOLICO DEL VINO. SE NE DISCUTERÀ A PARIGI IL 22 OTTOBRE NELLA RIUNIONE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE OIV (OGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELLA VITE E DEL VINO)

Diminuire il tasso alcolico del vino mantenendone inalterata la qualità e l’identità territoriale. Un passaggio ormai possibile grazie alla sperimentazione e alla messa a punto di “tecniche a membrana” nel trattamento dei mosti e del vino, ovvero all’uso di membrane osmotiche per processi separativi nella lavorazione del prodotto.

“L’utilizzo delle membrane in enologia non deve essere frainteso come una sofisticazione del vino - spiega Roberto Ferrarini, docente di enologia del Dipartimento di Scienze Tecnologie Mercati della Vite e del Vino dell’Università degli Studi di Verona - bensì come una opportunità per il superamento del rischio emergente dato dalle sovragradazioni provocate da cambiamenti climatici ed anche dai miglioramenti avvenuti in campo (minor rese produttive che comportano maturazioni più accentuate) e nel contempo consentire un riequilibrio sensoriale, rispetto dell’identità territoriale e maggiore bevibilità, con una leggera diminuzione alcolica, il tutto a favore delle esigenze sociali in merito alla sicurezza stradale”.

Esperienze condotte dal Dipartimento di Scienze Tecnologie Mercati della Vite e del Vino dell’Università degli Studi di Verona, in collaborazione con aziende di impianti ed altri centri di Ricerca (Dipartimento di Ingegneria Chimica Mineraria e delle Tecnologie Ambientali della Facoltà di Ingegneria Chimica dell’Università di Bologna) hanno permesso di verificare l’efficienza di questa tecnica nel processo di parziale dealcolazione dei vini. L’utilizzo di membrane sintetiche nell’industria enologica si è evoluto soprattutto in questi ultimi anni: inizialmente applicate alla microfiltrazione dei vini allo scopo di stabilizzare microbiologicamente il vino evitando interventi invasivi come i trattamenti termici, la loro sperimentazione si è poi ampliata a processi come l’osmosi inversa, la nanofiltrazione, il “contattore” (membrana gassosa); tutti processi inizialmente ideati per l’autoarricchimento dei mosti. Le membrane di ultima generazione, oltre ad essere decisamente più economiche e maggiormente performanti, consentono di autoarricchire o correggere determinate caratteristiche del prodotto vino senza l’utilizzo di interventi chimici, garantendo sicurezza e salubrità, senza compromettere e, in alcuni casi, aumentando l’identità territoriale del vino.

Tra le varie applicazioni che questa tecnica può avere, particolarmente interessanti ed attuali sono, appunto, quelle in grado di risolvere i problemi di sovragradazione alcolica, oggi sempre più frequenti. La diminuzione del contenuto di zuccheri dei mosti, con la conseguente diminuzione del grado alcolico durante la fermentazione, o la riduzione dell’alcol eseguita direttamente sul vino, è una questione che interessa da vicino anche gli amanti del vino, che troppo spesso devono rinunciare anche ad un moderato e consapevole consumo a causa delle leggi anti-alcol sempre più severe.

Il 22 ottobre il professor Ferrarini sarà a Parigi alla riunione d’autunno della Commissione enologica dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oiv), come esperto nominato dal Ministero delle Politiche Agricole. Unico enologo della delegazione italiana, Roberto Ferrarini porterà l’esperienza veronese al summit che affronterà temi del settore: da quelli giuridico-politici a quelli tecnico-scientifici, compresa l’introduzione di ogm in vitivinicoltura.

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