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I DATI SULLE RISORSE E SULLA PERCEZIONE DELLA SICUREZZA ALIMENTARE, IL MENÙ DEGLI ITALIANI CON -800 KILOCALORIE : ECCO GLI ATOUT DI FEDERALIMENTARE PER FESTEGGIARE I 25 ANNI DI ATTIVITÀ

La sicurezza alimentare italiana e le abitudini sulla tavola del Bel Paese: sono questi i temi approfonditi da Federealimentare, la Federazione di Confindustria che riunisce 19 associazioni di categoria, per festeggiare i 25 anni di attività, e per presentare la terza edizione di “Apertamente”, manifestazione che, dal 10 al 15 novembre, aprirà al grande pubblico le porte di 60 stabilimenti produttivi di aziende alimentari italiane.

“L’industria alimentare è pronta a fare la sua parte sulla sicurezza e qualità dei prodotti - ha affermato il presidente di Federalimentare, Gian Domenico Auricchio - con circa 400 analisi e controlli al giorno nei 6.500 stabilimenti produttivi, 60.000 addetti dedicati e un investimento annuo di oltre 2 miliardi di euro”.

“Oggi a favore dell’innovazione di prodotto e di processo - aggiunge Auricchio, sottolineando gli investimenti effettuati in ricerca e sviluppo a tutela della salubrità dei prodotti - spendiamo annualmente oltre 1,8 miliardi di euro (circa l’1,6% del fatturato del settore)”.

“Nel contesto odierno - aggiunge il presidente - l’industria alimentare italiana ha fatto scelte consapevoli, migliorando e diversificando l’offerta. Nell’arco di soli 3 anni sono stati immessi sul mercato europeo oltre 4.000 prodotti nuovi o “riformulati”, sempre più a misura di salute”.

Una dichiarazione confermata dai numeri: diminuisce il contenuto di grasso nelle carni suine (dal 40% del totale al 20%) e in quelle bovine (il filetto, ad esempio, passa dal 5% al 2,2%). Nel prosciutto crudo, in quindici anni, la quantità di sale è diminuita del 10-15% mentre le uova contengono il 30% in meno di colesterolo. Lo stesso vale per i prodotti da forno, con un 15-20% dei prodotti che hanno visto diminuire la presenza di grassi totali e saturi, colesterolo e zuccheri. In 10 anni i prodotti del comparto chewing-gum sugar free sono cresciti di circa il 35%.

“Un impegno accompagnato - conclude Federalimentare - anche dall’adozione sempre più frequente, sulle confezioni dei prodotti, della etichettatura nutrizionale, in cui sono riportati almeno 4 elementi (energia, proteine, grassi e carboidrati), con valori espressi per 100 grammi e/o porzione consigliata o per pezzo”.

Sforzi in direzione della sicurezza che sembrano essere apprezzati e percepiti dai consumatori: secondo l’indagine “Gusto Responsabile?”, realizzata da Doxa-Federalimentare, il 71% degli italiani si fida della qualità del cibo e di chi lo produce.

Secondo l’indagine, il 73% è soddisfatto del cibo che porta in tavola, dato in linea con l’ultima rilevazione 2004 (75%). Il 62% si sente garantito dai controlli fatti dai produttori (dato invariato sul 2004), mentre il 51% degli italiani ritiene più sicuri i prodotti dell’industria rispetto a quelli venduti dal contadino.

La sicurezza di un prodotto per gli italiani dipende ovviamente dal rispetto delle norme igieniche (48%), ma il vero elemento nuovo che emerge è l’acuita percezione che si tratta anche di un fatto di filiera e dei controlli svolti dall’origine alla vendita del prodotto: si passa infatti dal 30% degli intervistati del 2004, al 42% del 2008. Sui fattori guida nella scelta di acquisto, in testa ci sono la marca (24% rispetto al 28% del 2004) e il prezzo, il cui peso ovviamente cresce rispetto alla precedente rilevazione (dal 17% al 20%).

Sempre più importante il tema della sostenibilità ambientale: il 58% degli italiani ritiene l’industria alimentare di oggi più sensibile rispetto a venti o trenta anni fa. Mentre 8 italiani su 10 (il 79%) apprezzano l’etichetta nutrizionale, utilizzata in maniera volontaria da un numero crescente di aziende e il 66% ritiene adeguate queste informazioni per scegliere cibi coerenti con il proprio stile di vita. I consumatori chiedono però ancora più controlli sulle materie prime (51%) e nei punti vendita sulle scadenze e la freschezza del prodotto (42%).

Ma a cambiare non è solo la percezione della sicurezza in tema di alimentazione, ma anche le abitudini di consumo sulle tavole degli italiani, che, secondo Federalimentare, mangiano più sano di 30 anni fa: le calorie ingerite quotidianamente sono scese da 3.000 a 2.200 kcal, con particolare riduzione di alimenti ricchi di grassi, proteine animali, nonché vino.

“Siamo i primi consumatori al mondo - aggiunge Federalimentare - di pasta e cereali (28 kg di pasta e 122 kg di cereali complessivi, contro una media europea di 89 kg, fonte: Unipi Eurostat) e secondi in Europa per quanto concerne il consumo di frutta e verdura (ne consumiamo ben 360 kg pro capite annui, secondi solo alla Grecia). Questa evoluzione è stata favorita anche dal “boom” di alimenti surgelati (che dal 1982 hanno visto quadruplicare i volumi della produzione, passando da 190.000 a circa 800.000 tonnellate) e di verdure di quarta gamma, quelle già pulite e confezionate, ormai acquistate con regolarità dal 43% degli italiani.

Oggi, secondo l’Ismea, - continua la federazione - complice sempre il ruolo dell’industria della surgelazione, siamo arrivati a consumare una media di 21 kg a testa di pesce in un anno (rispetto ai 13 consumati negli anni Ottanta). Siamo agli ultimi posti in Europa nel consumo di dolci, con soli 25,5 kg annui a testa, contro i 58,5 kg, solo per fare un esempio, della Gran Bretagna e in 30 anni il consumo di alcol puro si è dimezzato in Italia, passando da 16 litri pro capite agli attuali 6,9 litri a testa. Se lo yogurt (dati Gkk Panel Service Italia) ha raggiunto la quasi totalità (94%) delle famiglie italiane, purtroppo i nostri connazionali risultano in coda alla classifica europea per il consumo di latte, con 57 litri pro capite l’anno (il 70% del quale totalmente o parzialmente scremato), sui 93 litri della media dei Paesi Europei. In linea con questa evoluzione salutista - conclude Federalimentare - è cambiata l’offerta anche da parte dell’industria alimentare. Si stima che in Europa il mercato degli alimenti salutistici e funzionali muoverà nel 2009 un business di 9 miliardi di euro”.

In 25 anni, la spesa degli italiani è dunque molto cambiata: nel frigorifero di ieri, c’era molta più carne (33% del paniere alimentare contro il 22% di oggi) e bevande alcoliche e molto meno pesce, pane, pasta e cereali.

“E se nel 1983 l’incidenza della spesa alimentare sul totale dei consumi delle famiglie era del 26,1%, nel 2007 scende al 17,7%. Un calo spiegato dal fatto che nel tempo i prodotti alimentari hanno mostrato - continua Federalimentare - dinamiche di prezzo nettamente inferiori alle altre tipologie di prodotti e servizi del Paese”.

Ancora, 25 anni fa l’84% della spesa alimentare era riservata ai consumi casalinghi e solo il 16% era appannaggio di quelli extradomestici, ovvero cene al ristorante e consumi nei locali mentre nel 2007 si è raddoppiata la percentuale destinata ai consumi fuori casa (32%) e diminuisce quella destinata ai consumi domestici (68%). Rispetto al 1983 è cambiato anche il modo di bere: scende notevolmente infatti il peso delle bevande alcoliche rispetto a quelle analcoliche. Oggi la spesa per acque minerali, bevande gassate e succhi (pari a 6 miliardi e 673 milioni di euro), è salita al 5,6% del totale, sull’1,3% del 1983, superando quella per le bevande alcoliche (6 miliardi e 10 milioni di euro), che è scesa al 5,1%, sul 7,4% dell’83. Tra i canali di vendita è inoltre molto cresciuto il peso della grande distribuzione che, nel 200, prevale nettamente (70,2%) sul dettaglio tradizionale (29,8%).

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