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POCHI I GIOVANI AGRICOLTORI ALLA GUIDA DI UN’AZIENDA AGRICOLA TRADIZIONALE, MA LE COSE MIGLIORANO LEGGERMETE SE SI PARLA DI BIOLOGICO. SE NE È DISCUSSO A TORINO A CAMPUS - SALONE DELLA NUOVA AGRICOLTURA ... TRE MODELLI INNOVATIVI DI IMPRESE AGRICOLA

Sono pochi i giovani italiani alla guida di un’azienda agricola tradizionale, ma le cose migliorano leggermente se si parla di biologico: è uno dei dati che emerge da Campus - Salone della Nuova Agricoltura, che ha chiuso i battenti a Lingotto Fiere di Torino nei giorni scorsi. Una tendenza che è stata discussa alla tavola rotonda “Dove va l’agricoltura?”.
Secondo i dati del “Rapporto tra i giovani e l’agricoltura in Italia”, presentato da Camillo Gardini di Agri 2000, nel Bel Paese solo il 2,9% delle imprese agricole è condotto da giovani al di sotto dei 35 anni, mentre in Francia si raggiunge il 7,5% e in Germania il 7,6. Stesso discorso per la presenza dei giovani in azienda: in Italia se ne trova soltanto uno contro il 12,5 di over 65, mentre in Francia sono uno su 1,5 e in Germania addirittura uno su 0,8. Anche dal punto di vista dell’istruzione i dati italiani parlano di un decremento degli immatricolati alla Facoltà di Agraria, che sono passati da 8.116 a 4.649 unità nel giro di 13 anni. Ancora un dato fa riflettere: Oltralpe il 41% è rappresentato da imprese agricole aggregate e ben il 50% dei giovani agricoltori è socio Gaec (Groupement Agricole d’Exploitation en Commun).
Tra i possibili motivi di questa situazione nel Bel Paese, secondo Paolo Rovellotti, presidente regionale di Coldiretti Piemonte, sono i margini di reddito bassi, l’enorme frammentazione fondiaria e la gran quantità di vincoli e norme che tutelano ma in qualche misura limitano anche l’ingresso dei giovani italiani in agricoltura.
Le cose sono leggermente diverse per l’agricoltura biologica. Paolo Carnemolla, presidente Federbio, ha portato dati in decisa controtendenza, almeno a livello locale. In provincia di Modena il 9% dei conduttori delle aziende agricole è al di sotto di 40 anni e di questi il 26% lavora biologico. La percentuale si alza ancora se si considera il limite dei 60 anni, al di sotto di cui è il 22% dei conduttori, il 60% dei quali si dedica alla produzione bio.
La spiegazione di questi dati sembra essere nel cambiamento del substrato culturale su cui poggia oggi l’agricoltura: come ha ricordato Bruno Giau della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino, l’agricoltura è infatti al centro del dibattito culturale contemporaneo per le politiche di rispetto ambientale e per il rapporto uomo - terra, argomenti una volta poco significativi. Inoltre, ha proseguito Giau, “pochi settori hanno vissuto negli ultimi anni un cambiamento tecnologico così grande come l’agricoltura. In fondo oggi si parla del mondo produttivo collegato a un altissimo livello culturale e formativo, grazie all’impiego della telematica, della genetica, della chimica fine, della meccanica nuova. La formazione professionale è oggi fondamentale per affrontare il mondo del lavoro agricolo e ottenere risultati incoraggianti”.
Come ha ricordato Roberto Fiammenghi, direttore acquisti Food Coop Italia, parlando del successo di vendita del comparto biologico nei supermercati Coop, il giovane ha possibilità solo laddove produce alta qualità, collegata alla difesa del territorio e al benessere animale. Inoltre anche l’aggregazione, che in Italia scarseggia a tutti i livelli, rappresenta secondo Paolo Bruni (Fedagri-Confcooperative) una carta vincente per i giovani imprenditori agricoli.
Mino Taricco, assessore all’agricoltura della Regione Piemonte, ha ricordato che nel 2008 sono state ben 2000 le domande dei giovani per entrare nel comparto agricolo e molte di queste hanno portato un grande contributo di innovazione e fantasia, nonostante egli abbia riconosciuto che il rischio imprenditoriale in agricoltura sia molto alto a causa della natura stessa della produzione, legata in gran parte alle condizioni meteorologiche.
Passando poi al tema della “filiera trasparente”, Bruni ha parlato di un nuovo patto tra produzione e distribuzione, un patto che favorisca la scelta dei prodotti italiani migliori e più sicuri che venga appoggiato in qualche misura dalle istituzioni.
Rovellotti ha ricordato l’annosa questione delle frodi alimentari, auspicando la segnalazione dell’origine del prodotto in etichetta; Vittorio Viora, presidente di Confagricoltra Torino, ha richiamato, invece, l’attenzione sull’opportunità di stabilire, a livello comunitario, dei paletti per azzerare la concorrenza sleale di prodotti provenienti da zone extra Ue. Taricco ha posto l’accento sull’importanza dell’origine delle materie prime, sottolineando però che il beneficio non è immediato per i produttori. Ha poi sollecitato a non estremizzare la cosiddetta “tolleranza zero” sui nostri prodotti, per evitare un rischio di “autogol”.
La presidente della Regione Piemonte Mercedes Bressoha ricordato quanto sia importante la tutela del prodotto e della sua lavorazione, ma anche quanto sia fondamentale l’educazione del consumatore che sceglie cosa acquistare.

Focus - Quando l’innovazione scende in campo. I casi concreti di “Modelli innovativi per la gestione e lo sviluppo dell’impresa agricola”
Cos’è l’innovazione? Tra le varie definizioni Anna Vagnozzi dell’Inea (Istituto Nazionale di Economia Agraria) cita quella dell’Osservatorio Europeo Leader: “Un’iniziativa degli operatori locali che conferisce un nuovo elemento di risposta alle sfide specifiche del territorio”. L’innovazione in agricoltura è stato uno degli argomenti del convegno organizzato da Campus, che si è concentrato su tre case history di successo.
Florabella di Marsala ha rivoluzionato la commercializzazione dei fiori attraverso l’aggregazione di produttori sotto un unico logo, pur mantenendo la contrattazione a livello individuale, ma soprattutto creando un sistema innovativo di asta al ribasso “all’olandese”, gestita in modo automatizzato: in questo modo i produttori sono riusciti a migliorare nettamente il loro potere contrattuale e a piazzare il 70 % del prodotto direttamente ai fioristi. Il gruppo è composto in prevalenza da giovani.
Il secondo esempio arriva dall’azienda agricola piemontese Fantolino, che ha realizzato una completa integrazione verticale della filiera di produzione e commercializzazione al dettaglio delle uova, che sono tutte marchiate, attuando una operazione di comunicazione di identità che certo poteva apparire velleitaria per un prodotto come le uova, comunemente considerate “commodity” anonima. L’azienda attua inoltre un articolato programma didattico verso le scuole e sponsorizza squadre sportive (ciclismo e atletica), legando il concetto del valore nutritivo dell’uovo a quello della performance atletica.
La terza case history è un classico caso di ritorno alla terra di due giovani laureati in agraria, che da Torino sono tornati sulle montagne della Valsesia, a Mollia, da cui provenivano i nonni di lui, per realizzare un allevamento caprino, Le Beline. Attualmente il latte prodotto dai loro 40 capi viene interamente trasformato in yogurt naturale.
L’illustrazione dei tre casi è stata preceduta dall’esposizione, da parte di Ciro Lazzarin, dei risultati di una ricerca sull’innovazione in agricoltura condotta dalla società Agri 2000 su 1200 imprese, scelte tra le più competitive del panorama italiano: cioè quelle il cui imprenditore ha un reddito paragonabile a un quadro dell’industria, e che rappresentano complessivamente, secondo questo studio, 110.000 aziende, pari al 12 % del totale delle imprese agricole full time.
Secondo le stime di Agri 2000, la realizzazione di forme aggregate potrebbe portare questo numero a 300.000, nei prossimi 20 anni, favorendo l’ingresso o la permanenza dei giovani nel settore. Secondo il campione intervistato, le potenziali innovazioni più importanti riguardano l’introduzione di mezzi meccanici (53%) e l’introduzione in nuovi mercati (45%) mentre solo il 3,9% fa cenno alle aggregazioni, segno di una remora individualista ancora molto accentuata e forse anche frutto di delusioni, rispetto ad esperienze vissute o conosciute.
Moreno Soster, responsabile ricerche dell’Assessorato Agricoltura della Regione Piemonte, ha illustrato il ruolo della Regione nel campo della diffusione dell’innovazione, in particolare attraverso i fondi del Piano di sviluppo regionale, con le misure dell’insediamento dei giovani (misura 112, 73 milioni di euro di risorse complessive per il quinquennio 2007-2013) e della creazione di gruppi di cooperazione per l’innovazione (misura 124.1) formati da aziende agricole, trasformatori e soggetti terzi (ricerca, servizi, distribuzione).
Nel suo interveto Soster ha sottolineato l’importanza della progettualità, ricordando come l’innovazione sia un’attività costosa e a rischio, perché non sempre produce i risultati sperati. L’istituzione pubblica ha, quindi, un ruolo determinante nel supportare i bisogni di innovazione della rete di piccole aziende che costituisce la spina dorsale del settore agricolo.

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