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C’È UN MELETO IN RUSSIA CHE AFFONDA LE RADICI IN TRENTINO: È IL “MELETO DI TOLSTOJ”, FONDATO NELL’OTTOCENTO CON ALBERI DELLA VAL DI NON, E SALVATO DAL GELO, OGGI, PER MANO DEI TRENTINI. E, A TRENTO, SI CELEBRA CON UNA MOSTRA

C’è un meleto, in Russia, nel cuore della Tula, che affonda le sue radici in Val di Non. È il “Meleto di Tolstoj”, nato a fine Ottocento per volontà della famiglia del celebre scrittore, che poi ne curò l’ampliamento. I primi meli (poi arrivati a 7900 piante) arrivarono proprio dal Trentino. Nel corso degli anni, i rigidi inverni russi hanno messo a dura prova la vita del frutteto, dichiarato nel 1928 “bene culturale e patrimonio storico dell’umanità”. Il primo duro colpo al luogo a cui Tolstoj era molto legato arrivo nel 1939-40, quando una gelata rovino quasi l’80% delle piante, che furono “curate” con degli innesti presi da quelle rimaste sane. Il secondo colpo, quasi mortale, è arrivato nel 2005.
Per scongiurare il rischio di perdere questa meraviglia, che si estende per 40 ettari nella tenuta di Jasnaja Poljana, nazionalizzata nel 1921 e quindi proprietà della Russia, ma comunque nelle disponibilità della famiglia Tolstoj come la casa museo, il principe e pronipote dello scrittore, Vladimir Ilic Tolstoj ha chiesto aiuto nuovamente al trentino. E dopo due spedizioni, una nel 2007 e una nel 2009, il meleto è stato salvato e tornato al suo antico splendore.
Un’avventura che ha dato lo spunto ad Arci, Camera di Commercio e Provincia Autonoma di Trento per farsi promotori di un’iniziativa dedicata al legame affettivo dello scrittore per il suo giardino, coinvolgendo una ventina di artisti internazionali diversi tra loro per direzione stilistica ed ambito di ricerca, ma uniti dallo stesso scopo: rendere omaggio a Tolstoj prendendo spunto dai suoi lavori e della sua eredità intellettuale. È nata così la mostra che a Palazzo Roccabruna, dal 16 ottobre al 15 novembre, ospiterà nelle sue sale: da una parte l’esposizione delle opere pittoriche, plastiche e fotografiche realizzate dagli artisti e da alcuni giovani autori selezionati in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia, e, dall’altra, schizzi, disegni, fotografie e filmati che documentano i viaggi della delegazione trentina effettuati a Tula nel 2007 e nel 2009.
La mostra di Palazzo Roccabruna testimonia l’impegno dei vivaisti trentini e dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige nella tutela delle varietà melicole storiche. Leader nazionale ed internazione nella produzione di mele di qualità, il Trentino è da sempre sensibile al problema della difesa del patrimonio di biodiversità agroalimentare che lo contraddistingue. L’esposizione, organizzata in collaborazione con l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e Apot, presenterà anche i frutti di alcune delle varietà storiche inviate in Russia (Limoncino, Rosmarino, Rosmarina rossa, Rosa mantovana, Fiamma, Belfiore gialla, Renetta Wagner, Grafenstein, Bella di Boskoop, Calvilla bianca d’inverno, Canada, Renetta ananas, Napoleone, Fragone, Parmandor, Boteri) oggi coltivate con finalità di documentazione dell’evoluzione della frutticoltura trentina.
Info: www.palazzoroccabruna.it

Focus - La storia del “Meleto di Tolstoj”
Così come a fine Ottocento, quando furono usate piante di melo della Val di Non per costituire il frutteto, è toccato ancora ai vecchi meli della Valle il compito di correre in soccorso del celebre “Meleto di Tolstoj”, nella tenuta di famiglia del grande scrittore russo a Jasnaja Poljana, nella regione di Tula, 200 chilometri a Sud Est di Mosca. Una trentina di varietà diverse di melo, tutte antiche ma ancora presenti in Valle di Non, sono state infatti trasportate nello scorso mese di maggio in Russia per garantire continuità e salute al famoso meleto-giardino che, dichiarato ancora nel 1928 “bene culturale e patrimonio storico dell’umanità”, è aperto al pubblico assieme alla casa-museo dello scrittore e attira ogni anno 300.000 visitatori. Ancora oggi il frutteto fa parte della tenuta che, pur nazionalizzata nel 1921 e quindi diventata di proprietà dello Stato russo, nel susseguirsi dei regimi è rimasta - salvo qualche periodo di commissariamento - se non nel possesso, almeno nella responsabilità gestionale della famiglia dell’autore di “Guerra e pace” e di “Anna Karenina”.
La nascita del frutteto si colloca nell’Ottocento; fu la madre di Lev Nikolaevic Tolstoj a sostenere il suo primo sviluppo, con l’importazione di alberelli di origine “sudtirolese”, poi lo scrittore stesso, a cavallo tra Ottocento e Novecento, ampliò il progetto iniziale in relazione all’affermarsi di un movimento ecologista ante litteram - secondo un’idea di cui si trova traccia nel suo romanzo “Resurrezione”, del 1899 - e, con l’intenzione di realizzare un enorme meleto, perché costituito da alberi belli e capace di produrre frutti salutari, si rivolse ancora al Tirolo del Sud per reperire le piante necessarie a realizzare quello che fu poi il modello di tutti i frutteti dell’impero russo. Un modello riproposto nelle ville dell’aristocrazia russa in un’area che andava dal Baltico alle sponde del Pacifico.
Nel 1903 il frutteto storico raggiunse la sua configurazione: piantato su una superficie di 40 ettari, arriva a ospitare 8.500 alberi, di cui 7.900 di melo. Purtroppo però, con lo scorrere del tempo, il giardino di Jasnaja Poljana viene devastato dalle gelate: in particolare da due ondate di freddo siberiano che causano la morte di molte piante. La prima, nel 1939-1940, rovinò l’80% del frutteto che, riportato all’antico splendore grazie agli innesti presi dagli alberi rimasti in vita, fu colpito poi da una seconda grande gelata nell’inverno 2005-2006 senza che, questa volta, fosse possibile utilizzare lo stesso rimedio. Infatti, le piante erano troppo vecchie, o comunque troppo provate. È stato proprio in ragione di ciò che le speranze dei russi, espresse attraverso il pronipote dello scrittore, Vladimir Ilic Tolstoj, si sono rivolte alla terra d’origine del meleto, cioè all’attuale Trentino-Alto Adige e in particolare alla Val di Non.
Si arriva così al progetto russo-italiano di restauro del meleto che, oltre a essere stato occasione per ristabilire quell’antico legame, ha riportato dopo quasi due secoli gli alberelli delle varietà storiche nella tenuta di Jasnaja Poljana.

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