02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

“SOBRIETÀ FELICE” PER SALVARE L’UOMO E LA TERRA. PAROLA DEL GURU FRANCESE DELL’AGROECOLOGIA PIERRE RABHI. “IL CIBO NON DEVE VIAGGIARE. SOLO I PRODOTTI RARI LO POSSONO FARE. DOBBIAMO PRODURRE IN LOCO L’ALIMENTAZIONE E VIVERE CON MODERAZIONE”

Ripensare un nuovo modello mondiale di sviluppo e di vita, rimettendo al centro i bisogni primari dell’uomo puntando sull’agro-ecologia, capendo che produrre e consumare fino alla fine dell’esistenza non é la vera vocazione dell’umanità. E farlo subito, perché il tempo è allo scadere. E’ il monito di Pierre Rabhi, 72 anni, pioniere dell’agricoltura ecologica in Francia, esperto internazionale per la lotta contro la desertificazione ma anche scrittore e pensatore, che ha realizzato tanti progetti di agricoltura nel mondo, soprattutto in Africa (a marzo, dovrebbe nascere la “Fondazione Pierre Rabhi” per l’agro-ecologia e l’autonomia alimentare).
“Siamo molto lontani dall’essere usciti dalla crisi. Chi dice che è passata - dice all’Adnkronos - è irrealista o ipocriti”. La via da seguire é quella della “sobrietà felice”, dove uomo e natura sono al centro della vita. “Il nostro modello di sviluppo, invece di produrre felicità e convivialità, ha prodotto l’indigenza e l’esaurimento delle risorse necessarie alla vita, portandoci alla distruzione”.
Per Rabhi, é impellente prendere coscienza che non possiamo applicare un principio illimitato a un pianeta limitato. “La concentrazione urbana é molto pericolosa. Chi risiede in città non risponde ai propri bisogni perché non é in grado di produrre l’alimentazione che gli serve: il rapporto tra capacità di produrre e di consumare é troppo asimmetrico”. E poi “ci sono altri fenomeni inquietanti: il suolo distrutto dalla chimica, l’acqua inquinata, le api scompaiono, i biocarburanti che occupano i suoli sottratti all’agricoltura, e “l’impostura” degli Ogm, gli organismi geneticamente modificati e brevettati. C’é una deresponsabilizzazione della collettività umana rispetto alla sua sopravvivenza”. Bisogna ri-localizzare le attività economiche, produrre e consumare preservando i beni comuni che sono la terra, la biodiversità vegetale e animale. “Il cibo non deve viaggiare. Solo i prodotti rari lo possono fare. Dobbiamo produrre in loco l’alimentazione e vivere con moderazione”.

Focus - Chi è Pierre Rabhi
Nato nel 1938, nel Sud dell’Algeria, Rabhi è figlio di un fabbro - che era anche musicista e poeta - costretto a diventare minatore. Dopo la scomparsa di sua madre, viene affidato all’età di cinque anni ad una coppia di francesi. Riceve un’educazione europea mantenendo anche la sua cultura di origine. All’età di 20 anni approda a Parigi. In mancanza di diplomi (‘“la scuola mi ha sempre annoiato perchè non rispondeva alle questioni fondamentali che mi ponevo”) inizia a lavorare in un’azienda come operaio specializzato. Un’esperienza, questa, che diventa per lui un interessante posto di osservazione per capire la condizione reale degli esseri umani nella modernità. Dopo tre anni passati a Parigi, nel 1961, Rabhi, decide con sua moglie di abbandonare la capitale per installarsi in Ardeche, nel Sud Est della Francia. Diventato operaio agricolo si oppone rapidamente alla logica di produttività applicata all’agricoltura. Nel ‘72, dopo aver scoperto l’agricoltura biologica ed ecologica, in particolare leggendo i libri di Ehrenfried Pfeiffer e di Rudolf Steiner, applica alla sua piccola fattoria con successo i metodi studiati e crea, quello che lui ama definire, un’oasi di vita. E questo nonostante la sua fattoria sia situata in un luogo in cui le condizioni agronomiche erano estreme: poca acqua e terra rocciosa. In quella fattoria nascono i suoi cinque figli a cui Rabhi trasmette la sua passione: una delle sue figlie ha aperto una scuola Montessori; tre dei suoi figli hanno realizzato un motore ecologico.
Rabhi, a poco a poco, inizia la sua attività di uomo pubblico diffondendo l’agro-ecologia che si fonda sul principio secondo cui una terra può nutrire una famiglia senza stravolgere l’ecosistema: né fertilizzanti, né pesticidi, gestione dell’acqua parsimoniosa. Questa tecnica dimostra che si può conciliare necessità di sopravvivenza e rispetto della natura. Rabhi si impegna così ad applicare tali metodi dove la terra è la più ingrata. Tra a fine degli anni ‘70 e nel corso degli anni ‘80 crea diversi programmi di formazione in Francia, in Europa e in Africa. In particolare, partecipa ad alcuni programmi internazionali, compresi alcuni sotto la tutela dell’Onu, in Marocco, Palestina, Algeria, Tunisia, Senegal, Togo, Benin, Mauritania, Polonia e Ucraina. Negli anni ‘90 crea l’associazione Terre & Humanisme per la trasmissione dell’etica e della pratica agroecologica e lancia nuove iniziative in Niger, Mali e Marocco. Nel 2002 Rabhi, spinto da alcuni amici, si lancia nella pre-campagna elettorale per le presidenziali raccogliendo numerosi consensi ma non abbastanza firme per essere ufficialmente in corsa per l’Eliseo. Nel 2006 prende il via “Colibris”, il suo “Movimento per la Terra e l’Umanesimo”. Sono numerosi i progetti che ha realizzato in Francia. Fra questi, quello del Monastero di Salan, nel Sud del Paese, dove le suore applicando i suoi insegnamenti sviluppano una coltivazione biologica: un’esperienza che potrebbe estendersi prossimamente a monasteri ortodossi rumeni. Poi c’è l’Hameau des Buis, in Ardeche, un’esperienza iniziata nel 2003, che raggruppa 20 alloggi riuniti intorno ad una scuola e ad una fattoria. A marzo, poi, dovrebbe vedere la luce la “Fondazione Pierre Rabhi” per l’agroecologia e l’autonomia alimentare. Questo è Rabhi. Un uomo che, come diceva il famoso violinista Yehudi Menuhin, “ha fecondato terre polverose con il suo sudore, con un lavoro che ristabilisce la catena della vita che interrompiamo continuamente”.
Fonte: Adnkronos

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli