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GIANNA NANNINI RACCONTA I VINI CHE NASCONO NELLA SUA TENUTA LA CERTOSA A SIENA. IL SUO PENSIERO AL VINO E ALLA TERRA ... “UN TEMPO CHE CORRE SENZA IL MONDO”. LA SUPERVISIONE E’ DI RENZO COTARELLA, DG ANTINORI

Uno dei miti della musica italiana nel mondo, da alcuni anni dedita “con passione e cultura” alla produzione di vino, torna nella propria terra per i suoi fiori all’occhiello: oggi, a Siena, in Enoteca Italiana (info: www.enoteca-italiana.it), Gianna Nannini ha voluto, personalmente, parlare delle tre etichette firmate La Certosa, la sua storica tenuta, immersa nelle colline a due passi da Siena, in un evento-degustazione “I vini della Certosa. Dalla vita al Calice. Presentazione dell’annata 2006”.
Girovaga per il mondo, ma con un’autentica passione per la sua terra, Gianna Nannini ha scelto di racchiuderne in bottiglia profumi e colori, ricercando le proprie radici attraverso l’arte del produrre vino, prodotto simbolo della cultura, della storia e delle tradizioni di un territorio, come la campagna toscana, da sempre vocato all’enologia.
Le tre etichette, che nascono grazie anche all’amichevole cura dell’enologo Renzo Cotarella (che, precisa, “l’ho fatto come direttore generale della Antinori ...” ed aggiunge, scherzando un po’, che “non potevamo non dare il giusto supporto a Gianna per il suo amore che da sempre nutre per il Tignanello”, ndr), si chiamano “Chiostro di Venere” e “Rosso di Clausura”, ma c’è anche “Baccano”, tutti Igt toscani a base Sangiovese, che nascono, dai vigneti dell’azienda agricola La Certosa acquistata due anni fa dalla stessa Gianna (75 ettari, di cui solo 8 coltivati a vite) a 7 km da Siena, un antico monastero dove si produce vino dal Cinquecento, nel territorio del Chianti delle Colline Senesi.
“Sono vini molto particolari - spiega Renzo Cotarella - che si esprimono molto bene, sono proprio di quel “pezzo” di terra, con un’ottima identità e molta personalità, dalla briosità del Baccano alla cupezza del Clausura, con nomi che sono anche un riferimento stilistico”. Il più intrigante? “E’ sicuramente Baccano - prosegue Cotarella - il più “spiritoso” per la sua bevibilità immediata, il più vicino, per impostazione, al carattere di Gianna, se è vero che un vino riflette chi lo fa”.
Prodotti seguendo metodologie all’avanguardia nel rispetto delle caratteristiche delle uve, con una cura scrupolosa dei vigneti, scegliendo anche di non produrre nelle annate metereologicamente sfavorevoli, i vini della Certosa hanno alle spalle minimo sei mesi di affinamento in bottiglia prima di uscire sul mercato. Nella sua originale etichetta “Baccano”, ha una prevalenza di Sangiovese ed un raffinato taglio di Syrah; il “Chiostro di Venere” vede una prevalenza di Cabernet Sauvignon, completato con Sangiovese e “Rosso di Clausura”, la cui produzione è testimoniata alla Certosa fin dalla fine del Cinquecento, punta sulle caratteristiche del Sangiovese, con l’aggiunta di una piccola percentuale di Merlot. Ed un progetto interessante, grazie anche al suo giovane ma appassionato e competente team, sta nascendo nella Tenuta della Certosa anche sul “Sulcus”, un Vin Santo del Chianti, uno dei vini base della cultura toscana, e presente nei ricordi da bambina della oggi rockstar Gianna Nannini.
Alla sua passione per il vino, per l’arte e la cultura che si respira nella sua terra, Gianna Nannini ha dedicato parole di grande poesia. Il suo rapporto con questo prodotto, antico quanto i paesaggi della campagna senese, tra campi di viti ed ulivi, lo racconta così: “Il profumo del vino/ è l’odore della terra in cui nasco/ e rinasco ogni volta che ci torno/ Il sapore del vino/ mi accompagna e non mi lascia/ fa parte della vita come il respiro/ mi fa cantare l’anima/ mi fa sentire vicino alla gente/ mi fa amare più forte/. Il vino è nella radice del mio corpo / in movimento / è la sorgente delle note / che si aggrappano alla melodia / è l’ebbrezza che / ti fa sentire di dove sei / in mezzo ai campo di ogni paese /. E’ vino quello che è vivo/”.
Perché per lei, cittadina del mondo ma senese Doc, il vino, pur conservando la propria materialità, una propria consistenza corporea, si presta più di altri prodotti a rappresentare la modernità e, allo stesso tempo, a simboleggiare la cultura della propria terra, della convivialità, dello stare insieme, del riflettere e del meditare, dell’allegria, ma anche della ricerca e dell’espressione della creatività. “Sono questi i motivi, veri, per cui - ha spiegato a WineNews, Gianna Nannini - ho voluto fare il vino. L’ho fatto per ricordare i profumi della mia terra, gli odori veri. Sentivo il bisogno di tornare alla terra, anche per rallentare i ritmi della mia vita. Non faccio vino per un motivo commerciale, l’artista in questo caso non sono io, ma sono i vini stessi. Che poi mi assomigliano molto, perché hanno comunque un’anima “rock”, come la mia”. “Penso - chiude la Nannini - ad un’agricoltura che sia soprattutto naturale, è indispensabile, perché il mondo e le sue risorse sono troppo sfruttate”.

Il pensiero di Gianna Nannini al vino e alla terra ...
Un tempo che corre senza il mondo

Un mondo che corre di continuo e non lascia il tempo per pensare.
Un tempo che tutto travolge fino alla impossibilità di sostenerlo.
Il tempo che non ho, lo dedico alla terra, alla mia terra in cui sono nata.
C’è in me, e credo che ci debba essere in noi tutti nella nostra quotidianità,
il sentire questa necessità di ristabilire un contatto con la terra, con la natura.
Penso a quando ero bambina che sono cresciuta coi contadini
quei contadini che lavoravano la terra, rispettandola e assecondandone i ritmi.
Questa madre terra è di tutti.
Io amo la terra per salvarla dall’abbandono.
Ho sentito la voglia il desiderio di diventare io stessa madre della mia terra
per rapportarmi alla natura e perchè la terrà è in pericolo
lo sfruttamento senza freni della terra
rischia di schiacciare il mondo, solo per divenire la legge del profitto.

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