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CONVEGNO “LO STATO DEL VINO” - PEDRON (GIV): “IL CROLLO DEI PREZZI ALL’ORIGINE NON È COLPA DEL MERCATO, MA DELLA MANCANZA DI CULTURA DI TANTI PRODUTTORI. COSÌ SI PERDE VALORE E SI BANALIZZA IL PRODOTTO. E, INOLTRE, I PREZZI AL CONSUMO AUMENTANO ...”

Italia
Emilio Pedron

Ecco la comunicazione di Emilio Pedron, ex ad e attuale consigliere del Gruppo Italiano Vini (Giv), uno dei gruppi vinicoli più importanti d’Italia, realizzata il 7 maggio a Roma, nel convegno del “Gambero Rosso” alla Città del Gusto.

“ ... ecco la situazione generale delle esportazioni del vino italiano. La vitivinicoltura paga un prezzo pesantissimo alla crisi e quasi sempre lo paga il produttore, se non è integrato in sistemi di filiera. I consumi di vino tengono, o diminuiscono poco, ma i prezzi di cessione alla distribuzione e all’esportazione sono calati in maniera rilevante; quasi sempre la filiera produttiva è in perdita. Evidentemente la crisi ha fatto esplodere i mali strutturali del settore, ha messo in risalto le disfunzioni della filiera, l’impostazione culturale degli operatori; se è così, la crisi passerà e la vitivinicoltura continuerà a soffrire.
Il settore vitivinicolo evidenzia ancora oggi mercati stanchi, prezzi in flessione e pessimismo degli operatori, forse un po’ mitigato con il Vinitaly 2010.
Il quadro della situazione a fine 2009 evidenzia che il prezzo medio del vino all’origine è diminuito mediamente del 18% sull’annata precedente ( -21% per vini non Doc, -14% per vini Doc/igt - fonte Ismea), e che il prezzo del vino imbottigliato in costante diminuzione.
Il prezzo medio del vino esportato nel 2009 è calato del 13,3% sul 2008.
Si esportano decine di milioni di bottiglie di vino a 60/70 centesimi l’una, anche di vini doc, questo significa:
- filiera fortemente negativa, uva pagata abbondantemente sotto il costo di produzione, margini nulli per l’imbottigliatore/esportatore;
- una forte e grave perdita di valore del comparto, perdita di immagine e prestigio costruito a fatica negli ultimi anni;
- rendere “banale” un prodotto che di per sé non è banale, anzi è portatore di valore - esigenza edonistica - stile di vita;
- perdita di importanza delle denominazioni. Un Chianti a € 0,90 vuol dire che il Chianti non vale nulla; un Brunello a 3/4 euro è la distruzione di un mito.
I prospetti dimostrano chiaramente che il vino italiano in Germania, Inghilterra Canada e Stati Uniti ha segnato una sostanziale tenuta. Ma la cosa strana è che mentre i produttori si devono confrontare con la continua e preoccupante perdita di valore, il prezzo medio sugli scaffali è aumentato. A dimostrazione che le scelte miopi di molti produttori che pensano di battere la concorrenza con il prezzo non arrivano al consumatore.
Il comportamento confuso dei produttori, la mancanza “culturale” degli stessi verso il mercato e l’internazionalizzazione hanno causato danni irreparabili.
Credo che il commercio con l’estero abbia subito negli ultimi anni profonde evoluzioni, tali da ridisegnare lo scenario competitivo in cui le aziende devono operare. È cambiata la configurazione geografica della produzione di vino: si riduce il peso dell’Europa (Vecchio Produttore) ed emergono Nuovi Paesi. L’evoluzione geografica del consumo e dell’offerta ha determinato una notevolissima crescita del commercio internazionale di vino. È cambiato il ruolo giocato dalle diverse aree geografiche determinando una significativa globalizzazione del mercato del vino. Dunque mercati aperti, internazionali, molto competitivi in tutti i posizionamenti di prezzo, anche in quello di alta qualità. È cambiata la domanda. Il consumatore ha avuto una notevole evoluzione qualitativa, è capace ed ha voglia di scegliere, di confrontare e possibilmente comperare vini di valore più alto rispetto al prezzo pagato. Aumenta costantemente il potere della distribuzione (sempre più concentrata) contro un’offerta sempre più frammentata e disordinata, con produttori piccoli e spesso culturalmente impreparati a dialogare con sistemi distributivi evoluti. Il quadro normativo in evoluzione con palese contrasto fra chi chiede continuità di rigore e controlli nella produzione e chi invoca più libertà, l’eliminazione di vincoli e norme per essere più attuali con il mercato ed alla pari con i produttori del Nuovo Mondo. Sta crescendo l’importanza della marca a vantaggio delle imprese più grandi perché in grado di sviluppare politiche di marca mentre le aziende più piccole sentono l’esigenza di rafforzare i marchi collettivi, le denominazioni. È cambiata la disciplina delle designazioni dei vini in etichetta (vitigni senza origine). Per tutti questi cambiamenti significativi le imprese del settore dovranno pensare a nuove strategie e nuove forme di competitività.
Oggi il concetto di etica ha assunto un ruolo sempre più importante nella qualificazione delle produzioni nelle relazioni con il consumatore ed i canali distributivi.
Oggi il codice etico, oltre a tutelare i consumatori, garantisce la concorrenza leale tra i produttori ed in questa direzione l’etica produttiva influisce sulla fissazione dei prezzi che devono tenere presente, oltre ai costi di garanzie e di qualità del prodotto, anche la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La cooperazione è, dunque, in primissimo piano.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati anche da importanti cambiamenti nella distribuzione e nella ripartizione dei flussi fra i diversi canali.
Il forte aumento degli scambi di vino in ambito nazionale ed internazionale ha stimolato la nascita di nuovi assetti organizzativi di raccordo tra la produzione e la distribuzione.
I produttori di vino raramente hanno avuto una partecipazione attiva, spesso hanno subito. Anche la distribuzione al dettaglio specializzato (enoteche) è stata sottoposta ad una pressione evolutiva per trovare risposte alla concorrenza della Distribuzione Moderna.
All’estero sono nati nuovi soggetti che gestiscono catene di enoteche, catene di ristoranti, con volumi di acquisto molto rilevanti e procedure di acquisto accurate che richiedono ai fornitori maggiore professionalità e capacità.
In conclusione, per la costruzione di valore, e quindi per essere competitivi, i produttori di vino devono essere molto più innovativi nell’organizzazione della produzione, della distribuzione e della promozione.
In altre parole la soluzione della crisi per il vino non passa tanto dal mercato, quanto da nuove capacità degli operatori per far evolvere le strutture aziendali.
La nuova Ocm vino
Le esigenze cui una nuova politica comunitaria del vino dovrebbe dare risposta si possono condensare nel consentire e favorire il recupero di competitività del sistema di produzione europea. In pratica lo sforzo finanziario comunitario, tende a perdere forza nel sostegno del mercato, per puntare sullo sviluppo di misure di ristrutturazione e di consolidamento del comparto, favorendo l’ammodernamento della filiera.
Sono incluse importanti misure per la promozione commerciale per i Consorzi, per le aziende.
Certamente le imprese e le organizzazioni del comparto vitivinicolo dovranno sforzarsi per cogliere tutte le opportunità che le nuove politiche comunitarie possono offrire. Si potrà fare questo riuscendo ad accelerare il motore della creatività, dell’innovazione, dell’integrazione funzionale tra imprese e realizzare la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e commercializzazione.

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