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VINO E CRISI, L’OTTIMISMO VIENE DALL’EXPORT. SEGNALI DI RIPRESA DAI MERCATI STRANIERI CHE FANNO “PENSARE POSITIVO” PER IL FUTURO. A WINENEWS.TV LO DICONO ALCUNI TRA I PIÙ GRANDI IMPRENDITORI DEL VINO ITALIANO

Italia
Vino e crisi, l’ottimismo viene dall’export

La notte della crisi deve ancora passare, ma si intravedono le prime luci dell’alba della ripresa, soprattutto sull’export. È il sentiment positivo e moderatamente ottimista che arriva da tanti produttori del vino italiano, sentiti da WineNews (gli audio su www.winenews.tv).
“Non si può dire che la crisi sia passata - spiega Sandro Boscaini di Masi Agricola, griffe dell’Amarone - ma è tutto un altro scenario rispetto allo scorso anno. All’estero, dove la filiera è più lunga e complessa, c’è stato il doppio fenomeno della crisi e della paura di avere stock troppo grossi, che ha frenato ulteriormente l’uscita delle nostre bottiglie dalla cantina. Quest’anno questo secondo aspetto non c’è, le cose si sono normalizzate e c’è “solo” l’effetto permanente della crisi, che vuol dire una maggiore attenzione nei consumi sia alla quantità che alla qualità, che vuol dire un prezzo medio che tende ad abbassarsi”.
Positivo anche il commento di Rolando Chiossi, vice presidente del Gruppo Italiano Vini (Giv), realtà tra le più grandi d’Italia: “il periodo veramente negativo, dalla seconda metà del 2008 alla seconda metà del 2009, in settembre, ha mostrato segnali di ripresa che si stanno consolidando, e nel 2010 vedo una ripresa sia in volumi che fatturato, in particolare nelle esportazioni. È il nord America che, come aveva portato la crisi, oggi ci sta tirando un po’ fuori: Stati Uniti e Canada sono i Paesi che mostrano segnali migliori. Germania e Regno Unito sono ancora problematici, ma anche il mercato interno si mostra reattivo soprattutto a livello di gdo. La ristorazione, purtroppo, ancora segnala difficoltà dovute sia alla crisi che a misure antialcol. Comunque, nel complesso, c’è un po’ di ottimismo”.
Ancora più ottimista il commento di Giancarlo Moretti Polegato, patron della veneta Villa Sandi: “l’esportazione sta andando bene. Abbiamo una ripresa negli Stati Uniti, nel Regno Unito e anche in Germania, dove continuiamo a crescere nonostante sia da tanti anni un mercato maturo per i vini italiani. E anche l’Asia, da dove sono appena tornato, è un mercato promettente: non sono ancora volumi significativi, ma ci sono Paesi su cui bisogna continuare a credere e investire, come hanno fatto i francesi, perche i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli e maturi, e il vino sempre più di moda”.
Ad aiutare le esportazioni è anche l’euro più debole che in passato sul dollaro, come spiega Alessio Planeta dell’omonima griffe siciliana, “e se il mercato italiano è un po’ piatto, all’estero vanno bene soprattutto Stati Uniti, Brasile, India, Cina e i Paesi della Scandinavia”.
Parole positive anche quelle di un altro siciliano del vino Giuseppe Tasca, alla guida della storica cantina Tasca d’Almerita: “segnali positivi dall’export ci sono sicuramente, abbiamo avuto i primi quattro mesi del 2010 ottimi, un maggio in attesa e i primi giorni di giugno molto positivi. In termini assoluti, non c’è una grande ripresa, e forse non ci sarà mai, perché è finita la bolla speculativa finanziaria, e, secondo me, siamo già quasi alla normalità. Bisogna adeguarsi e andare avanti, sempre con le idee chiare”.
Idee chiare che non possono essere che investimenti all’estero, come spiega Giacomo Rallo di Donnafugata, altra perla dell’enologia siciliana: “si era partiti abbastanza bene, fino a tutto aprile eravamo in recupero visibile sul 2009, poi è arrivata la Grecia, e gli effetti psicologici di un “micro” problema, se misurato con le problematiche dell’economia mondiale, ha fatto fermare il recupero, e ora siamo un po’ fermi, con la speranza che l’estate ci porti quel movimento che ci potrà far veramente parlare di ripresa dei consumi. L’export comincia ad andare piuttosto bene, ma non è qualcosa che cala dal cielo, va strutturato in maniera organica nelle aziende, ci vogliono investimenti. E, ancora oggi, nel settore vinicolo, c’è scarsa sensibilità ad investire in promozione e divulgazione culturale all’estero. Perché è ovvio che il vino ha anche bisogno di essere sostenuto a livello culturale: se pensiamo che in Cina si sta bevendo più rosso che bianco, perché il rosso è un colore che porta fortuna, vuol dire che noi italiani abbiamo fatto poco, perché la cucina cinese si sposerà a meraviglia con i vini bianchi italiani. ma dobbiamo fare qualche cosa nella divulgazione della cultura mediterranea, della cultura degli abbinamenti con il cibo, perché li c’è aspettativa e voglia di saperne di più, e di accettare il vino come prodotto principe della tavola”.
Ma tutto sommato il vino, soprattutto per chi non ha ceduto alle lusinghe dei meccanismi finanziari sfrenati, ha tenuto bene, come sottolinea Piero Mastroberardino, al vertice della grande cantina campana: “sull’Italia il mercato è ancora abbastanza riflessivo, non c’è una prospettiva di investimento della clientela del vino, ma di mantenimento dell’esistente, anche se qualche buon segnale c’è. Invece, sull’estero, ci sono dei segnali positivi, anche dovuti al fatto che gli imprenditori, nell’esigenza di ridurre l’impatto della congiuntura hanno allargato gli orizzonti e aperto mercati nuovi, e oggi iniziamo a raccogliere i risultati, e non possiamo essere pessimisti. È chiaro che è ancora lunga, ma fortunatamente il mondo del vino ha avuto un rapporto più tradizionale con la finanza, e ha patito meno questa congiuntura negativa. È chiaro che, anche nel vino, ci sono state iniziative più avventurose e fondate sulla finanza e su investimenti che non hanno tenuto in debito conto i tempi di recupero, soprattutto in zone “à la page”, e probabilmente li l’investimento ha generato maggiori sofferenze, ma nelle zone tradizionali le condizioni sono di controllo”.

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