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ASTI: SI AVVICINA LA VENDEMMIA, MA POTREBBE SALTARE L’ACCORDO SU PREZZO E RESE DELLE UVE MOSCATO TRA PRDUTTORI E CASE VINICOLE. SI PUNTA SULLA MEDIAZIONE IN EXTREMIS. ASSOMOSCATO: “SVENDETE IL VINO PER FARE BUSINESS”. BARBERO (CAMPARI): “FALSO”

Dopo 30 anni (tanti sono gli anni in cui si perpetua questo accordo tra semplici produttori e grandi case vinicole, assurto quasi a vero e proprio “rito”) potrebbe non esserci l’intesa tra produttori e case vinicole. Vignaioli e industriali sono sempre ai ferri corti attorno ad un comparto che, fra i pochi ad essere remunerativo in campo enologico, avrebbe invece bisogno di gioco di squadra. Almeno in considerazione dei numeri: 10.000 ettari vitati, 15.000 addetti, 7.000 aziende vitivinicole coinvolte e un giro d’affari da 500 milioni di euro.
La vicenda prende una via pericolosa all’inizio di luglio, quando già si tratta su prezzi e rese per ettaro del moscato 2010. La parte industriale chiede di potere trasformare 12.000 ettolitri di Asti spumante, giacenti nelle cantine, in Moscato d’Asti. Motivo: impellenti richieste di mercato. Assomoscato, la più grande associazione di vignaioli da sempre controparte dell’industria, mette il veto. “Volete svendere il vino per fare business” è la motivazione. Assomoscato blocca la trasformazione di Asti in Moscato d’Asti, ma le case vinicole perdono l’opportunità di vendere 1,5 milioni di bottiglie.
Queste premesse non potevano determinare che una degenerazione delle trattative, con i vignaioli di Assomoscato, da una parte, fermi nella propria convinzione a difendere l’immagine del vino e il reddito dei contadini; dall’altra, gli industriali che ritengono questa posizione solamente autolesionista. Una situazione esplosiva. E infatti la “deflagrazione” avviene il 3 agosto 2010.
Alla riunione, convocata dall’assessore regionale all’Agricoltura Claudio Sacchetto, sono presenti la parte agricola e i sindacati agricoli, ma mancano le industrie o, meglio, hanno inviato un solo rappresentante, Enzo Barbero, uomo Campari e portavoce delle case spumanti ere, che aderiscono al Consorzio di tutela. Quest’ultimo formalizza che le industrie non tratteranno più oltre la propria ipotesi di contratto che prevede 110 quintali/ettaro di uve Docg per la vendemmia 2010 (10 quintali di tolleranza potranno rientrare o essere esclusi dalla quota Docg a seconda delle vendite) al prezzo del 2009, cioè 0,965 euro al kilogrammo (9,65 euro al miriagrammo, la vecchia misura mantenuta nella trattativa per le uve Moscato); 100 quintali/ettaro per le annate 2011 e 2012 allo stesso prezzo del 2010.
Assomoscato ha valutato l’impatto che questa offerta avrebbe sul sistema nell’arco dei tre anni e si è accorta di un piccolo particolare: attualmente le scorte conosciute non sono meno di 200 mila ettolitri e pianificando una previsione ottimistica, ma utopistica, di 90 milioni di bottiglie per tre anni consecutivi, mai raggiunta nella storia del Moscato, il comparto avrebbe tutti gli anni una crescita delle scorte di oltre 65mila ettolitri. Cosa porterebbe alla fine del 2013 ad un quantitativo di scorte al collasso con oltre 400.000 ettolitri. Assomoscato propone, pertanto, l’adeguamento del prezzo all’indice Istat, come reiteratamente firmato in passato dall’industria ma mai rispettato, ed una resa calibrata con il fine di soddisfare il mercato evitando di produrre ingenti stoccaggi che danneggerebbero unicamente i viticoltori.
Ma il fronte agricolo potrebbe non essere così compatto. Si parla di cantine vinicole che, contrarie a prese di posizione giudicate troppo anti-aziendaliste, avrebbero intenzione di uscire da Assomoscato.
Enzo Barbero, responsabile delle attività enologiche per la Campari (il gruppo tra l’altro ha la vicepresidenza del Consorzio di tutela) e portavoce delle case spumantiere spiega: “la goccia che ha fatto traboccare il calice è stato il no ai 12 mila ettolitri che avrebbero potuto portare sul mercato 1,5 milioni di bottiglie di Moscato d’Asti Docg. Falso che sarebbe stato venduto a basso costo. Vero che avrebbe favorito l’ingresso e il mantenimento di posizioni di mercato strategiche. Per il resto le aziende hanno fatto la loro proposta e non hanno intenzione di trattare oltre. Mesi fa avevamo fatto un passo verso Assomoscato, rinunciando a conteggiare la presa di spuma come Docg e accettando di ampliare la quota di vino che viene direttamente dalla vigna. Dall’altra parte. Però, non c’è stata analoga disponibilità. Del resto oggi proponiamo di pagare l’uva 0,965 euro al kilo, più dei 0,955 che prevedeva il vecchio contratto con una resa di 85 quintali/ettaro. Ed è falso che non abbiamo intenzione di pagare i 10 quintali in più della raccolta 2010”.
Per il futuro, ormai con la vendemmia 2010 alle porte, c’è chi prevede una trattativa in extremis, magari con un accordo firmato solo da alcune parti del settore riunite al tavolo dell’assessore Sacchetto.
Elaborazione www.winenews.it su fonte www.saporidelpiemonte.it

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