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CHE COSA ACCUMUNA L’AMARONE DELLA VALPOLICELLA E L’UNGHERESE TOKAIJ? LO SCOPRIREMO A VINITALY 2011, CON IL SEMINARIO “AMARONE & TOKAIJ, INTERPRETAZIONE MODERNA DI UN’ANTICA TRADIZIONE”, A CURA DELLA CANTINA VALPOLICELLA NEGRAR

Che cosa accumuna l’Amarone della Valpolicella all’ungherese Tokaij? E’ questo il quesito principale che animerà il seminario Domini Veneti dal titolo “Amarone & Tokaj, interpretazione moderna di un’antica tradizione”, organizzato dalla Cantina Valpolicella Negrar. Un confronto, non solo de gustativo, ma anche storico, territoriale e produttivo fra due vini solo apparentemente diversi.
Già, perché se i due prodotti sono decisamente lontani per luogo d’origine, stile e gusto, l’Amarone è un vino italiano secco, mentre il Tokaij, almeno nella sua versione più conosciuta, è un vino dolce prodotto in Ungheria, probabilmente lo sono molto meno per quanto riguarda le tecniche produttive con cui vengono ottenuti. Prima fra tutte, l’appassimento in pianta e il conseguente “attacco” della Botritys Cinerea, la cosiddetta “muffa nobile”, capace di dare eleganza e fascino alle uve che la “ospitano” (tanto per capirci, si tratta della stessa “pourriture noble”, artefice del Sauternes).
Un ulteriore punto di contatto è sicuramente temporale: negli ultimi vent’anni l’Amarone ha trovato la sua consacrazione definitiva e il Tokaij ha potuto farsi conoscere meglio dopo la fine del socialismo reale. E i due vini hanno innovato il proprio stile, diventando vini di successo, senza, nel contempo, tradire le origini storiche e territoriali.
Il seminario, a Vinitaly 2011 (9 aprile), analizzerà i cambiamenti che la loro innovazione ha comportato nel paesaggio, nel vigneto e in cantina nonché mettendo in luce, forse il tema più originale, ma anche il più affascinante e cioè il ruolo della Botrytis Cinerea, la cosiddetta “muffa nobile” che per entrambi è artefice di valori gustativi unici e irripetibili.
Nell’incontro, che vedrà gli interventi di Diego Tomasi, ricercatore a Conegliano Veneto (“Il paessaggio cambia”), Daniele Accordini, direttore Cantina Valpolicella Negrar (“La viticoltura cambia”), Emanuele Tosi del Centro Sperimentale di Vitivinicoltura della Provincia di Verona (“Il Valore aggiunto della Botrytis Nobile”), moderati da Francesco D’Agostino (Cucina e Vini), sarà realizzato un confronto degustativo tra l’Amarone della Cantina Valpolicella Negrar e il Tokaij di Royal Tokaji, alla presenza del direttore István Túròczi.
Info: www.cantinanegar.it

Focus - Il Tokaij
La variante più nota di Tokaij è l’Aszu, un vino da dessert, ottenuto da uve attaccate da una muffa denominata Botritys Cinerea detta anche “muffa nobile” e vendemmiate in ritardo (la raccolta arriva fino a dicembre/gennaio). Il tokaij più pregiato e rinomato è prodotto nel comune di Tállya. In questa ristretta zona la tecnica di elaborazione del passito era già nota e raffinata da molto tempo, ma il ritorno all’economia di mercato, dopo oltre 40 anni di statalismo socialista, ha ridato un nuovo splendore a questa produzione, anche grazie all’ingresso nelle cantine di nuove e moderne tecnologie.
L’attuale “Tokaji Renaissance” ha riportato questo vino alla sua originaria grandezza. Dal 1991 la fortificazione del Tokaji è stata, infatti, proibita dalla nuova legislazione vitivinicola ungherese armonizzata con le normative europee. I vitigni principali sono il Furmint, Hárslevelü e Sárgamuskotály. Il Furmint è il più importante poiché ha acini dalla buccia sottile più sensibili alla Botrytis Cinerea. Il Furmint conferisce al vino struttura, acidità-freschezza e mineralità. L’Hárslevelü invece, meno aggredibile dalla botrytis, trasmette note floreali controbilanciando la mineralità del Furmint.
Il Sárgamuskotály (che non è altro che un Moscato) conferisce aromaticità. Il Tokaj “Aszú”, è ottenuto con l’aggiunta di una specie di pasta d’uva immessa nel vino la cui quantità si esprime in “Puttonyos” che ne definisce una classificazione. Ad esempio un 6 “Puttonyos” indica un vino cloassificato da un residuo zuccherino non inferiore al 15% ossia almeno 150g/l. Il Tokaij Aszu prima di essere commercializzato deve affinarsi obbligatoriamente per almeno due anni in legno e per uno in bottiglia. C’e poi un Tokaij, fuori quota da 7 “Puttonyos”, chiamato “Aszu Essencia” che è dotato di una intensità straordinaria.
Ma esiste anche un Tokaij secco, ottenuto da uve Furmint e caratterizzato da una spiccata acidità. Secondo la tradizione, pare che un alcaloide, prodotto dalla Botrytis Cinerea, conferisca delle caratteristiche terapeutiche a questo vino, ma, a parte la leggenda, sembra che effettivamente qualche fondamento scientifico ci sia. I Tokaij Aszu si conservano e migliorano con il tempo, fino ad arrivare anche oltre i 30 anni di affinamento. Oggi siamo in una fase di produzione orientata ad un Tokaji “nuovo stile”, meno pastoso e più fruttato.

Focus - L’Amarone
Il nome del famoso rosso veronese, ottenuto dai vitigni tradizionali Corvina, Molinara e Rondinella, deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dal dolce Recioto della Valpolicella da cui ebbe, seppure involontariamente, origine. E’ un vino ottenuto da uve appassite anche in pianta, dove non di rado sono “attaccate” dalla Botritys Cinerea, anche se il processo di appassimento più praticato è, in generale, quello in ambiente chiuso, nei cosiddetti “fruttai”.
L’esperienza che serve per portare al giusto appassimento le uve destinate a questo prezioso vino è molto elevata. L’appassimento è fondamentale, tanto che qualcuno ha definito questa fase una seconda vendemmia. Le uve, sane e perfettamente mature, sono selezionate già al momento della raccolta, per poi essere distribuite sui plateaux, ampie cassette di legno, sempre più spesso sostituite da plastica traforata, per l’aerazione. I plateaux sono impilati nei “fruttai”, locali areati in genere sopra le cantine.
I fruttai devono essere in posizioni in cui sia consentita una costante aerazione, controllata da finestre opportunamente predisposte, dove la temperatura possa cambiare con gradualità e dove non ci siano ristagni di umidità. Dopo questo lento processo, si avviano le operazioni di vinificazione (gennaio-febbraio) e poi l’affinamento in legno.

Focus - I vini “botritizzati”
Vengono chiamati vini “botritizzati”, nome che lega la sua origine a un fungo, la Botrytis Cinerea, quei vini ottenuti da uve attaccate da tale fungo, che ne metabolizza le bucce, formando una muffa che conferisce al vino sentori del tutto particolari.
Non tutte le uve si prestano a produrre vini botritizzati: sono necessarie varietà adatte, dalla buccia spessa e consistente. E neanche tutti i luoghi sono ideali: il fungo per svilupparsi ha bisogno di un’alternanza di umidità e di sole, che favorisce la concentrazione dell’acino attaccato.
Il fungo attacca le uve ben mature, gli acini imbruniscono, pian piano avvizziscono, diventando rugosi e in piccola parte ricoperti di muffa a fiocchi. Così la Botrytis porta a un arricchimento degli zuccheri, attacca l’acido tartarico e secerne alcune sostanze che conferiscono al vino il loro aroma singolare.

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