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PER LA PRIMA VOLTA IN CANADA CONTRAFFATTO UN VINO: E’ L’AMARONE DELLA CANTINA NEGRAR (1.000 BOTTIGLIE), RITIRATO DAL MERCATO DAL MONOPOLIO DI STATO, ULTIMO CASO DEL PROBLEMA CHE COLPISCE IL SIMBOLO DEL MADE IN ITALY. LE CIFRE DELLA CONTRAFFAZIONE

Italia
Ecco le bottiglie di Amarone contraffatte

In Ontario, lo stato più popoloso del Canada, sono ancora increduli: per la prima volta, nel Paese, è stato contraffatto un vino e questo è l’Amarone della Cantina Valpolicella Negrar. Un migliaio di bottiglie sono state imitate - non così bene visto che è stato scoperto l’inganno - riempite con un vino di scarsa qualità e rimesse in vendita negli scaffali dei negozi Lcbo (Liquor Control Board of Ontario), il monopolio di stato deputato all’importazione e alla distribuzione degli alcolici. Ma è solo l’ultimo caso di contraffazione del vino italiano, prodotto di punta del made in Italy che, forse, meriterebbe molta più attenzione: un appello sollevato ed un problema ampiamente trattato da WineNews, e che hanno trovato conferma nelle parole di Giuseppe Liberatore, vicepresidente di Federdoc e presidente Aicig, l’associazione dei Consorzi di Tutela delle produzioni Dop e Igp italiane, secondo cui “se per 1 prodotto realmente made in Italy ce ne sono 3 “falsi” nel mondo, per il vino, che è la voce più importante dell’export agroalimentare, il rapporto è stimabile in 1 a 1”.
“Paradossalmente - sottolinea Daniele Accordini, direttore della Cantina Valpolicella Negrar - se un prodotto oggi viene contraffatto è perché il successo di mercato ne ha fatto uno status symbol e l’Amarone nel mondo è considerato un vino di grande pregio. In Canada siamo presenti da 50 anni, è uno dei nostri mercati più importanti, e il fatto che i truffatori abbiano preso di mira il nostro Amarone è perché sapevano di agire su un marchio che per i canadesi è garanzia di grande qualità”.
La truffa è stata perpetrata nella regione di York e ad accorgersene è stato lo stesso Lcbo, dopo aver notato che diverse bottiglie di Amarone Classico 2006 della Cantina Valpolicella Negrar venivano restituite nei loro negozi di York. Le bottiglie rese erano tutte contrassegnate sul collarino con un unico numero di serie (09439731 AAA), mentre ogni bottiglia di Amarone Classico della Cantina riporta un codice diverso. Inoltre, la forma della bottiglia contraffatta era leggermente più piccola rispetto a quelle originali. Dopo gli opportuni controlli, sono state quindi ritirate dagli scaffali tutte le bottiglie riportanti la serie incriminata. L’inchiesta è ancora in corso, ma nel frattempo George Soleas, vice presidente Servizio Logistica e Qualità di Lcbo ha dichiarato la disponibilità a sostituire le bottiglie di Amarone della falsa serie acquistate dai clienti e, soprattutto, ha assicurato la direzione della Cantina di aver preso nuove misure di sicurezza affinché la frode non si ripeta.
Secondo un’indagine di WineNews, la contraffazione sottrae ai produttori di vero made in Italy alimentare 60 miliardi di euro all’anno, quasi il doppio del fatturato “legale” delle nostre esportazioni. Per il vino, tra quello palesemente contraffatto, etichette che suonano italiane senza esserlo, marchi o denominazioni non riconosciute all’estero, per difendere l’immagine e la produzione enologica veramente italiana si spendono più di 2 milioni di euro all’anno. Difficile anche tutelarsi, una volta scoperte le truffe, e pochi i player che hanno le capacità e le risorse per attrezzarsi.
“La tutela dei consumatori e la difesa del buon nome del nostro vino sono per noi la cosa più importante - dice Accordini - e anche se crediamo nella bontà di intenti di maggiori controlli di Lcbo, faremo tesoro dell’accaduto per mettere in atto nuove strategie anti-contraffazione dei nostri prodotti”. Nuove strategie che, secondo quanto sottolineato da Giuseppe Liberatore a WineNews, devono riguardare la fase dei negoziati internazionali, perché è qui che si gioca la vera partita per i nostri vini. “Quando ci confrontiamo con altri Paesi, specialmente extra Ue - spiega Liberatore - questi ci chiedono tutela al massimo per qualche decina di loro prodotti, e noi ne proponiamo migliaia”. Da qui l’appello: “serve coraggio dobbiamo individuare i vini e i prodotti che realmente sono colpiti da contraffazione e hanno bisogno di tutela a livello mondiale - dice Liberatore - se riuscissimo a selezionare quelle 50-60 produzioni da proteggere nel mondo, potremmo essere più efficaci in un Doha round o nello stipulare accordi tra Ue e Paesi Terzi”.

Focus - La contraffazione del Made in Italy agroalimentare in pillole
- Falso made in Italy e “italian sounding” nel mondo “rubano” al vero agroalimentare italiano 60 miliardi di euro all’anno
- Solo in Ue l’“italian sounding” vale 26 miliardi di euro, contro 12,4 dell’export italiano
- Taroccati 3 prodotti su 4 nel mondo
- Con origine in etichetta si dovrebbero recuperare 13 milioni di euro al giorno per agroalimentare italiano
- Parmigiano Reggiano prodotto più taroccato
-Chianti vino più imitato
-Contraffazione alimentare cresciuta del 950% in 10 anni (2000-2010)
- L’Italia spende per combattere la contraffazione dei suoi vini una somma stimabile in 2 milioni di euro all’anno; la contraffazione dei vini italiani è, comunque, marginale rispetto all’agroalimentare, ma comunque tenuta d’occhio costantentemente; si svolge in tre modalità principali:
a - usando all’estero un nome che il “fa il verso” a qualche nostra denominazione (sullo stile di “Parmesan”), un fenomeno classico di “italian sounding”;
b - non riconoscendo e, quindi, usando, anche nella produzione all’estero un nome/denominazione di vino italiano, specialmente se non è ricorso alla registrazione internazionale del marchio;
c - il caso più clamoroso: uso dei un vino/denominazione italiana “tale e quale” (caso raro e limitato).

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