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UNO SGUARDO SUI MODI DI CONSUMARE ALCOLICI IN ITALIA. LO HA DATO L’ISTAT, CON IL RAPPORTO “L’USO E L’ABUSO DI ALCOL IN ITALIA”. SIAMO ANCORA UN PAESE “ENOCENTRICO”, MA AUMENTANO I BEVITORI OCCASIONALI, SEGNO DI UNA SCARSA CULTURA DEL VINO-ALIMENTO

Si avvicina il momento “clou” per l’enologia italiana e mondiale, la kermesse veronese di Vinitaly, ed è tempo di fare qualche bilancio, non solo su produzione, vendita e stato dell’arte del “Regno di Bacco”, ma anche sui consumi. In termini di quantità, ma anche di modalità. Lo ha fatto l’Istat, con il rapporto 2010 su “L’uso e l’abuso di alcol in Italia”. Negli ultimi 10 anni, secondo il rapporto, sono aumentati i consumatori occasionali, cioè quelli che bevono lontano dai pasti e fanno uso di diversi tipi di alcolici, mentre il 16% della popolazione al di sopra degli 11 anni adotta comportamenti a rischio nel consumo di alcol. Nel complesso - a partire sempre dall’età di 11 anni - cala, sul 2009 (68,5%), la percentuale di chi ha consumato almeno una bevanda alcolica durante il 2010 (65,7%), mentre il 26,3% della popolazione consuma regolarmente alcolici, ed il 38,4% li ha consumati, almeno una volta, fuori dai pasti. Dalla soglia degli 11 anni, il 53,3% della popolazione consuma vino (il 24% quotidianamente), mentre la birra è preferita dal 46% (il 4% tutti i giorni): dati che ci dicono che, se ancora non è abbastanza diffusa la cultura del vino come alimento, da accompagnare al cibo, senz’altro è “in vantaggio” - su questo piano - sulla birra, percepita più come una bevanda “di svago”.

Va infatti precisato - come fa Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi - che non è il vino la causa dello “sballo”, ma più che altro l’eccesso di superalcolici, come la pratica del binge drinking, tanto che, dice Martelli, “l’Italia figura negli ultimi posti, in Europa, nel rapporto tra alcol e incidenti stradali”. “Tutti parlano delle stragi del sabato sera - prosegue Martelli - ma nessuno dice che i giovani nei locali non bevono vino ma altro”.

Da tenere sotto controllo, quindi, quel 16% di ragazzi che utilizzano - impropriamente - gli alcolici come strumento di socializzazione, tanto che i dati mostrano come i comportamenti a rischio siano di gran lunga più diffusi tra i frequentatori di discoteche (34%) che non tra chi non va in discoteca (7%). Ma c’è un’altra categoria in cui sta emergendo il problema di consumi fuori controllo: quella degli anziani, con 3 milioni di consumatori di alcolici. Di questi, il 43,5% di uomini ed il 10,6% di donne adottano comportamenti a rischio, non solo eccedendo nei consumi, ma anche solo mantenendo “ritmi” giovanili non più compatibili con l’età.

Ma qual’è la differenza “di genere” nel consumo di alcolici? In Italia è ancora forte il modello tradizionale, a forte prevalenza maschile: bere è un affare “da uomini”, con l’80% di loro che consuma alcol, mentre nell’“altra metà del cielo” lo fa solo il 53,4% delle donne.

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