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QUALE PARTNER ISTITUZIONALE PER LE IMPRESE ITALIANE PER PROMUOVERE IL WINE & FOOD NEL MONDO? DOPO LA CANCELLAZIONE DELL’ISTITUTO COMMERCIO CON L’ESTERO (ICE), BUONITALIA, LA SPA DELLE POLITICHE AGRICOLE, VA IN LIQUIDAZIONE. E POI ?

Italia
Il Ministro delle Politiche Agricole Francesco Saverio Romano

Certo, al Ministro Francesco Saverio Romano, non si può rimproverare la mancanza di coerenza. Nel suo intervento programmatico (19 aprile 2011) che ancora apre l’home page delle Politiche Agricole, c’era scritto chiaro e tondo: a proposito degli enti controllati dal Ministero, “penso ad Agea e Agecontrol, a Unire e Unirelab, a Buonitalia e Isa, valuterò la possibilità di sciogliere qualcuno di tali enti, ritenendo raggiunto o non più raggiungibile lo scopo per il quale era stato istituito”. Detto fatto: dopo che l’Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, è già stata commissariata e non si sa che sorte avrà (anche se il Tar del Lazio, in questi giorni, ha chiesto delucidazioni sui motivi), ora tocca a Buonitalia, il cui destino, invece, appare segnato: la Spa del Ministero preposta alla promozione dell’agroalimentare made in Italy nel mondo, è stata messa in liquidazione. La notizia, secondo rumors, si è appresa nell’ultima assemblea (27 luglio) dove, senza motivazioni precise e ufficiali, ne è stata annunciata la messa in liquidazione (pare per richiesta del socio di maggioranza, il Ministero delle Politiche Agricole, ndr), che si concretizzerà il 4 agosto, con una nuova assemblea in cui verrà nominato il commissario liquidatore e (è auspicabile) verranno spiegate le motivazioni ufficiali della decisione.
Al di là delle valutazioni di merito sull’operato della società, la domanda è: considerato che anche un altro partner pubblico e istituzionale di livello nazionale delle imprese italiane all’estero, l’Ice, Istituto per il Commercio Estero, spesso in campo, bene o male, anche per il wine & food italiano nel mondo, è stato cancellato nell’ultima finanziaria (cosa apertamente appoggiata dalle Politiche Agricole, e ancora oggi non è ben chiaro tra quali e quante istituzioni vengano ripartite le competenze che aveva), a chi devono rivolgersi, da oggi, le imprese agroalimentari italiane che guardano all’export, sempre più vitale per il settore?
Che ne sarà di progetti approvati ma ancora non partiti, e di quelli attualmente in essere e che prevedevano il supporto di Buonitalia? Senza pensare, ma questo vale sempre, che fine faranno le strutture e i dipendenti della società.
Insomma, quale sia la strategia dei tagli del Ministero delle Politiche Agricole, condivisibile o meno, è chiaro, anche se non lo sono, ancora, le motivazioni concrete e fondanti (bilanci in rosso? rifinanziamenti bloccati? programmi e politiche non condivise? necessità di tagliare le spese?).
Meno chiaro, se non del tutto sconosciuto, per tanti operatori della filiera agroalimentare e vinicola, dalle imprese alle organizzazioni di categoria, è quale sia il piano del “day after”, la strategia di supporto istituzionale che si vuole mettere in atto nell’immediato futuro.
Un vuoto programmatico, almeno apparentemente, che, per altro, stride fortemente con la strategia di alcuni competitors internazionali che, invece, hanno ben chiaro il concetto di “fare sistema” tra pubblico e privato.
Come la (solita) Francia, primo concorrente dell’Italia, soprattutto nei prodotti di alta gamma, dai vini ai formaggi ma non solo, dove la promozione dell’agroalimentare è affidata praticamente in toto a Sopexa, colosso oggi privato, ma in passato partecipato dal Ministero dell’Agricoltura francese, con i due soggetti ora distinti ma che continuano a collaborare strettamente nell’interesse delle imprese (e quindi del sistema-paese), come dimostra, ultimo caso, lo studio e la creazione del logo “Bon appetìt” che caratterizzerà tutte le campagna di comunicazione dei sapori d’Oltralpe nel mondo, e sarà presente allo stesso tempo sia sui prodotti gastronomici che sulle bottiglie di vino, permettendo così ai consumatori stranieri un’immediata riconoscibilità dei prodotti francesi. O come la Gran Bretagna, dove stanno per “varare” il progetto “Food for Britain”, come cabina di regia per la promozione dei prodotti enogastronomici del Regno Unito.
Ma se in Italia si è deciso di tagliare, piuttosto che correggere e migliorare ciò che non funzionava al massimo delle sue potenzialità, ormai, non si può che prenderne atto.
Però, uno strumento di coordinamento istituzionale, come ha convenuto anche lo stesso Ministro Romano, in un’intervista a WineNews, il 27 maggio 2011, forse serve. “E si fa in 3 minuti da un notaio”, spiegava.
Bene allora, che si faccia e in fretta, e con un progetto condiviso, trasparente e comunicato, perché le imprese hanno bisogno di un partner istituzionale forte e definitivo ma, soprattutto, di prospettive delineate in cui muoversi. Altrimenti, si potrebbe lasciarle alla propria sola capacità imprenditoriale la promozione da fare, tagliando, magari qualche tassa o imposta che poi finisce in contributi fino ad oggi riutilizzati a tale scopo. Ma, in ogni caso, l’indecisione e l’incertezza sui progetti futuri, vicini e lontani, sicuramente va a danno di tutti.

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