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SENZA STRANIERI, NIENTE VINO ITALIANO: LA VENDEMMIA SALVATA DA 30.000 IMMIGRATI NEI TERRITORI PIÙ PRESTIGIOSI DELL’ENOLOGIA ITALIANA, CHE AIUTANO ANCHE A “RINGIOVANIRE” IL SETTORE AGRICOLO. LO DICE LA COLDIRETTI

Italia
La vendemmia in Italia è ormai multietnica

Che nei territori del vino italiano ci sia maggiore integrazione multietnica della media italiana lo diciamo da tempo: già nel 2008, secondo l’indagine di WineNews, nel solo territorio del Brunello di Montalcino, ad esempio, tra i vigneti di uno dei vini più famosi del Belpaese, vivevano e lavoravano felicemente (e lo fanno ancora oggi) persone giunte da 44 differenti Paesi: dagli albanesi agli inglesi, dagli americani ai giapponesi, passando per romeni, filippini e tedeschi. Ma anche sloveni, tunisini, indiani e cubani. E anche che tante eccellenze del made in Italy agroalimentare vivano di manodopera straniera è cosa ormai consolidata (ultimo esempio è la notizia degli allevamenti in provincia di Cremona “salvati” da cittadini dell’India immigrati riportata nei giorni scorsi dall’“International Herald Tribune”).

Ma, per Coldiretti, il lavoro degli immigrati, nel 2011, non solo ha contribuito, ma ha letteralmente salvato la vendemmia italiana. “La vendemmia 2011 in Italia è salva grazie all’impegno di 30.000 lavoratori stranieri che garantiscono la raccolta delle uve destinate ai più pregiati vini di qualità dal Brunello di Montalcino al Barbaresco fino al Prosecco nel cui distretto lavorano addirittura immigrati di ben 53 differenti nazionalità da 4 diversi continenti”, scrive l’organizzazione diretta da Sergio Marini, che ha detto: “nel corso degli anni è cresciuta la presenza tra i filari dei lavoratori stranieri che sono diventati una componente indispensabile dei principali distretti vitivinicoli nazionali dove senza di loro la produzione sarebbe a rischio”. E ogni territorio del vino, per Coldiretti, ha la sua “comunità straniera” dominante. Se nelle vigne destinate alla produzione del Prosecco a prevalere è la presenza di lavoratori polacchi, in quelle destinate alla produzione del Barolo si affermano i macedoni, mentre in Lombardia per la Bonarda dell’Oltrepo pavese la leadership è dei romeni che insieme ai polacchi operano in maggioranza anche nei vigneti delle “bollicine“ del Franciacorta. In Toscana, per il Brunello di Montalcino, sono i maghrebini, ed in particolare i tunisini, a dare il contributo nel garantire l’integrità delle uve. E, infine, nelle colline dei Castelli romani, in mezzo agli studenti che rappresentano la maggioranza degli assoldati per la vendemmia, sono gli immigrati dell’est europeo a lavorare nella raccolta delle uve che danni il Frascati. Il risultato è che quasi il 15% dei 210.000 lavoratori impegnati nella raccolta delle uve è straniero.

“La presenza di lavoratori stranieri - prosegue la Coldiretti - contribuisce peraltro in misura significativa al ringiovanimento delle campagne, perché si tratta spesso di lavoratori con un’età di molto inferiore a quella media del settore. A questo si aggiunge anche il ruolo nei confronti dello spopolamento dei centri minori spesso collegati ad importanti attività vitivinicole”.

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