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IL FRIULI DEL VINO SI SCHIERA COMPATTO PER LA NUOVA DOC “FRIULI VENEZIA GIULIA”. APPROVATO IL DISCIPLINARE (RESE FINO A 150 Q/ETTARO, VITIGNI PIU’ DIFFUSI MA NON UNICI DI ZONE PRECISE ... ) ORA INIZIA IL CAMMINO PER IL RICONOSCIMENTO DA QUI A 4 ANNI

A vele spiegate, prosegue il cammino che porterà uno dei terroir enologici più vocati d’Italia ad avere una propria Doc regionale, capace di superare la frammentazione e di porsi come esempio di quel fare sistema, che sempre di più i territori del vino del Belpaese dovrebbero tenere presente: è quello della Doc “Friuli Venezia Giulia” o “Friuli” (saranno le aziende a scegliere la declinazione più appropriata), il cui riconoscimento dovrebbe arrivare nel giro di 3-4 anni. A dirlo, sono i rappresentanti delle Doc Friuli Annia, Friuli Aquileia, Colli Orientali del Friuli, Friuli Grave, Friuli Isonzo, Friuli Latisana, Docg Ramandolo, Docg Picolit e Confcooperative, che, riuniti a Cormòns (Gorizia), hanno approvato il nuovo disciplinare, che un’Ati (Associazione Temporanea d’Impresa) dovrà ora sottoporre alla Regione che, una volta autorizzato, lo girerà a Ministero per le Politiche Agricole il quale, a sua volta, lo farà arrivare sulle scrivanie di Bruxelles per l’approvazione definitiva.

Lontana dall’essere quella Doc “unica”, di cui nessun operatore della filiera ha mai parlato, la Doc “Friuli” è stata pensata come una Denominazione regionale di territorio, creata con precisi obiettivi commerciali e promozionali e finalizzata a trainare, in modo imparziale, le qualità della produzione media regionale. Ciò per farvi confluire una parte della produzione delle attuali Doc, supportando lo sviluppo di aziende competitive nelle fasce intermedie del mercato, maggiormente interessate a una produzione, anche in volume, in grado di diffondere maggiormente il nome “Friuli Venezia Giulia”.

Il disciplinare è stato mantenuto elastico, al fine di non dover attendere 4 o 5 anni per successive modifiche, come previsto dalla normativa comunitaria. Ecco perché, tra i contenitori autorizzati, oltre al vetro potrà esserci anche il bag-in-box (che oggi copre il 50% del mercato di alcuni Paesi, come ad esempio la Scandinavia, dove viene richiesto un prodotto di qualità e non di basso livello, lo stesso che è venduto nel vetro), qualora i produttori che utilizzeranno la Doc “Friuli Vg” ne vedranno la convenienza economica e le opportunità di mercato che, viceversa, lascerebbero alla concorrenza (altre regioni hanno già fatto questa scelta, a iniziare dal Piemonte).

Per le rese, pari a 150 quintali/ettaro, sono di soli 20 quintali più alte di quelle di alcune Doc attuali e più basse delle Igt (da 190 a 230 quintali/ettaro). Da sottolineare che si tratta di massimali di produzione che pochi produttori raggiungono, lasciando libertà di produrre con rese ben più basse a seconda dell’obiettivo enologico aziendale. I vitigni consentiti saranno quelli più diffusi a livello regionale, a esclusione di quelli che marcano per motivi storici, ampelografici, pedologici e climatici in modo fortemente caratterizzante alcune zone (ma comunque già presenti nelle Igt); in particolare Terrano, Vitovska, Tazzelenghe, Schioppettino, Pignolo o la stessa Ribolla Gialla, che potrà essere prodotta esclusivamente nella tipologia Spumante, lasciando la versione ferma alle Doc di collina.

Una Doc “Friuli Vg” così definita sarà capace di intercettare molti di quei volumi che, oggi, stanno scivolando verso l’Igt, controllata e commercializzata prevalentemente da imprenditori extra-regionali a cui va un margine molto superiore rispetto ai produttori d’uva. Le Doc attuali avranno lo stimolo per qualificare ancor meglio le proprie produzioni, possibilmente concentrando gli sforzi su alcuni vitigni e tipologie di prodotto che, effettivamente, le differenziano dalle altre, a iniziare da alcuni vitigni autoctoni. Secondo i promotori, infine, in futuro si dovrà mantenere un doppio binario promozionale. Uno, più generico, per la Doc “Friuli Vg”, al fine di dare visibilità al comparto regionale, anche in sinergia con il resto della produzione agroalimentare; un secondo binario, più specifico, per Doc e Docg di vertice, con le loro identità e le differenze territoriali che non saranno toccate ma, anzi, valorizzate. Questo perché entrambe le produzioni hanno target diversi, messaggi diversi, canali distributivi e promozionali diversi.

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