I vini top non conosco crisi, pare. Soprattutto grazie all’Asia, che sta colmando ampiamente il calo di quotazioni e vendite di bottiglie di lusso in mercati come Usa e Europa. Ma le grandissime etichette sono solo il vertice di una piramide produttiva immensa. Quali sono i trend globali del consumo di vino, allora? “Stiamo assistendo a una “polarizzazione” estrema - spiega a WineNews Lulie Halsted, ad dell’agenzia di ricerca Uk Wine Intelligence - da una parte la fascia top, i “fine wines”: Bordeaux, Borgogna e, fino ad un certo punto, gli Champagne, e i “super-vini” di ogni regione del mondo, che stanno andando molto bene, con grossi profitti. All’opposto, c’è la “mercificazione di massa” del vino, ed è una parte molto interessante del mercato, è qui che ci sono i propulsori di crescita, anche se a volte viene visto come un settore non interessante o “sexy”, senza rendersi che il 90/95% del volume totale di vino viene venduto nella fascia “bassa”. E In questa fascia stiamo vedendo molti processi di consolidamento in molte fasi produttive, con un’attenzione molto maggiore sul costo dei beni, sulla crisi finanziaria globale e sui tassi di cambio delle valute, ci vengono chiesti molte indagini sul rapporto tra filiera di approvvigionamento e mercato, sul packaging e le bottiglie dal punto di vista dei costi, e sugli aspetti “emotivi”. E come si comporta l’Italia del vino nell’intercettare questi trend? “L’Italia si concentra molto sull’export, e questo è fondamentale. Ma aspetto il giorno in cui un player italiano del vino ci chiederà di lavorare insieme sul mercato domestico, perché è importante e da affrontare bene”. Il vino ormai si produce in tutto il mondo. Quale Paese crescerà di più nei prossimi 5-10 anni? “Credo che ci sia un trend di crescita forte di quello che era il “nuovo mondo”- Cile, Argentina, Sud Africa. Paesi che si stanno concentrando molto sull’Asia, e stanno conquistando una posizione molto forte sul mercato di fascia medio-bassa su Francia, Spagna e Italia, che devono stare attenti”.
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