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SULL’AMARONE C’È DIALOGO: IL CONSORZIO DEI VINI DELLA VALPOLICELLA E LE FAMIGLIE DELL’AMARONE D’ARTE PRONTE A SEDERSI ATTORNO AD UN TAVOLO PER DISCUTERE DEL FUTURO DELLA DENOMINAZIONE. CON UNA CONSAPEVOLEZZA: LA POLEMICA E BASTA NON FA BENE A NESSUNO

Italia
Sandro Boscaini, mister Masi

La polemica non fa bene a nessuno. Lo capiscono in Valpolicella, con le Famiglie dell’Amarone d’Arte guidate da Sandro Boscaini (Masi) e il Consorzio Vini Valpolicella, presieduto da Emilio Pedron (www.consorziovalpolicella.it), che annunciano un tavolo per ricucire, e discutere del futuro del territorio.
Il focus è sull’Amarone, il cui successo, per le Famiglie, è stato sfruttato da molti senza lungimiranza, svalutandolo nel prezzo e identificandolo, di fatto, con il concetto di Valpolicella che, invece, sottolinea Boscaini, “ha un’offerta “naturalmente” più articolata, da vini più quotidiani come appunto il Valpolicella, fino all’Amarone, che deve mantenere la sua esclusività”. Idea in parte condivisa da Pedron che, però, deve garantire gli interessi di tutti. Ma almeno si dialoga, non si polemizza e basta. E, per un territorio del vino, è già una positiva anomalia.
“Non si tratta di una guerra, nel vino ognuno ha le sue sensibilità che e porta avanti la politica che crede più opportuna”, spiega Boscaini a WineNews. “Si tratta di due modi di interpretare l’Amarone. Dalla parte nostra, delle Famiglie (www.amaronefamilies.it), di chi lo conosce nella storia, nelle difficoltà produttive, nei valori che rappresenta, c’è un approccio di tutela, che mira al mantenimento di quello che è sempre stato negli anni, cioè il rappresentante più alto di quella che è una terra felice come è la Valpolicella. Ovviamente tenendo conto che la Valpolicella è una realtà economica e deve rimanere tale, e quindi non si vuole tarpare le ali al territorio, si vuole ma che voli alto, perché si è convinti che può farlo. Dall’altra parte c’è un certo numero di produttori (e non voglio entrare nel merito se producano bene o male da un punto di vista tecnico, non è questo il motivo del raffronto), che mirano a una vendita facile nel prezzo e nei canali distributivi, convinti che ci possa essere quantità di vendita solo se si sul prezzo come unica arma sul mercato. Noi andiamo a dire che i volumi, che comunque sono limitati se rapportati alla domanda globale, possono esserci ancor più se c’è il mantenimento di fondamentali di tutela del prodotto e di valorizzazione dell’Amarone come prodotto principe del territorio, come mito enologico”.
Su una cosa sono tutti d’accordo: “tutte e due le componenti (Famiglie e Consorzio, ndr) capiscono che presentarsi al mercato in maniera polemica uno verso l’altro non fa il bene della denominazione, è evidente. Ci deve essere un ripensamento sul posizionamento che si vuole dare all’amarone, e su cosa deve rappresentare in una realtà più complessa e con ancora un grande potenziale come è la Valpolicella. Perché si fa l’equivalenza Amarone=Valpolicella vuol dire aver capito poco. L’Amarone è una punta di diamante, ma il vero prodotto è il Valpolicella, e poi il Valpolicella Classico Superiore e il Ripasso, per arrivare all’Amarone e anche al Recioto. È una “scaletta”, una scaffalatura interessantissima e unica dove i vari prodotti hanno naturalmente un collocamento di prezzo, qualità e immagine e momento gastronomico d’uso unica, che è il vero patrimonio da preservare. Forzare per fare tanto Amarone anche a basso prezzo non è saggio, è saggio tenere l’Amarone come punta di diamante del territorio, questo è il nostro modo di pensare. Ci auguriamo che venga recepito anche da chi punta sull’Amarone convinto che l’Amarone sia l’unico modo per fare guadagno, perché il guadagno massimo, in realtà, viene dalla valorizzazione di questa proposta più allargata e avanzata. Chiaramente l’approccio del dialogo è importante, ma poi servono decisioni coerenti, per esempio facendo scelte tecniche nel disciplinare per portare questa visione sul mercato, relativamente alle quantità di produzione dell’Amarone, al dove si può produrlo e come salvaguardare gli altri vini del territorio”. Se si arriverà ad un accordo e ad un ricongiungimento lo dirà il tempo. Ma intanto c’è voglia di parlarne e consapevolezza di doverlo fare nell’interesse di tutto il territorio, ed è già un buon motivo per un brindisi di buon auspicio.

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