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DAL MOTTINO AL BUONDÌ, LE MERENDINE SONO UN MUST DELLA MERENDA, NELLA DISPENSA DI 21,5 MILIONI DI FAMIGLIE ITALIANE, PER UN CONSUMO PROCAPITE DI 3,5 KG. 50 ANNI DI STORIA FRA EVOLUZIONI E RICERCA DI QUALITÀ E SALUTE SECONDO MERENDINEITALIANE.IT

C’era una volta, tanto tempo fa, pane e marmellata ... o il ciambellone preparato dalle attente e amorevoli mani di mamme e nonne, e poi a merenda fu la volta del Mottino, per passare al Buondì e via via dicendo: le merendine spopolano sempre più fino ad entrare nelle dispense di 21,5 milioni di famiglie italiane, per un consumo procapite di 3,5 kg e una produzione, al 2010, di 217.000 tonnellate, per un totale di quasi 980 milioni di euro. Ma dagli anni ‘50 ad oggi molto è cambiato a partire da una nuova etica della produzione, che spinge le aziende a pensare sempre più a merendine più sane ed equilibrate. Parola di www.merendineitaliane.it, website che si occupa di alimentazione e benessere dei bambini con un focus su merenda e merendine, con il supporto di un comitato di esperti.
Così, a merenda è “merendina mania”, e sono tanti i fattori che, dalla nascita del Mottino ad oggi, hanno fatto sì che nelle case degli italiani non possa mancare lo spuntino confezionato a misura di bambino. Nel 1970, secondo lo studio di www.merendineitaline.it, si producevano 40.000 tonnellate di merendine, appena 10 anni dopo, sotto la pressante richiesta che arrivava dai 10.597.344 nuovi nati, le tonnellate di merendine prodotte diventano 70.000. Per arrivare a toccare le 130.000 tonnellate nel 1990, le 200.000 tonnellate nel 2.000, stabilizzandosi poi attorno alle 217.000 (delle quali circa 175.000 destinate al consumo interno) nel 2010. Per un controvalore, alla produzione, di quasi 980 milioni di euro. Il boom delle nascite ha dato dunque una spinta forte a questo mercato, ma una mano è arrivata anche del sempre crescente numero di mamme a lavoro: a partire dai primi anni ‘80, parte la cosiddetta “rivoluzione silenziosa” e il numero delle donne che lavorano cresce, in maniera continua: 34% nel 1980, 38% nel 1990, 39% nel 2000. Per arrivare all’attuale 46,8%, pari ad oltre 9 milioni di donne lavoratrici. Il doppio circa di quante erano impiegate negli anni ‘50.
Tante evoluzioni e cambiamenti sociali, ma anche che riguardano il modo di fare le merendine, infatti, il mercato delle merendine nell’arco degli ultimi 50 anni è molto cambiato, oltre che dal punto di vista dell’effettiva presenza di questi prodotti sugli scaffali dei supermercati e nelle abitudini di consumo delle famiglie italiane, è cambiata anche la tipologia e la qualità nutrizionale dei prodotti offerti. Nell’ultimo decennio, le merendine vivono una fase di radicale cambiamento e ripensamento. Da una parte una nuova etica della produzione spinge le aziende a rivedere i propri prodotti di successo (ne nascono riformulazioni di tutti i grandi classici, con nuove ricette) alla ricerca del miglior equilibrio tra leggerezza e gusto. Nascono, così, le merendine “moderne”, perché in grado di garantire la piacevolezza, senza penalizzare gli aspetti nutrizionali e migliorando costantemente la qualità e l’equilibrio degli ingredienti. Grazie ad una sempre maggiore sensibilità delle aziende produttrici, a ingenti investimenti in ricerca e sviluppo e a processi produttivi sempre più all’avanguardia, nell’arco di poco vengono eliminati conservanti e coloranti. Diminuisce anche l’apporto calorico complessivo (da circa 200 kcal a 170-180 kcal, per le più sostanziose, rispetto a una media di circa 130/150 kcal per le più leggere, ma ci sono anche merendine che hanno appena 100 kcal). Cala la quantità di zucchero e di grassi saturi, conclude lo studio del sito, ma soprattutto spariscono i grassi idrogenati e con essi gli acidi grassi trans che ne derivano (oggi ce ne sono meno di 0,1 % in una merendina).

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