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IL FEUDO DI VERBUMCAUDO DA RITROVO DELLA CUPOLA DI COSA NOSTRA A PATRIMONIO PRODUTTIVO DEI SICILIANI: OGGI IL RACCOLTO DEGLI 90 ETTARI DI GRANO, A SETTEMBRE I PRIMI VIGNETI. FOCUS: LA STORIA DEL FEUDO, “UN CLASSICO ESEMPIO DI SPOLIAZIONE MAFIOSA”

“Verbumcaudo è diventato davvero patrimonio produttivo dei siciliani: oggi con il raccolto del “Consorzio Sviluppo e legalità”‘ sugli 80 ettari coltivati a grano, e da settembre, grazie all’apporto tecnico dell’Istituto del vino e dell’olio di Sicilia, saranno impiantati i primi vigneti. Continua così l’impegno della Regione per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, che ha appena visto il lancio del sito informativo www.patrimoniodeisiciliani.it, del quale il feudo è il bene simbolico”. Ecco il contenuto della lettera che l’assessore dell’Economia della Regione Sicilia, Gaetano Armao, ha inviato al Ministro dell’Interno Rosanna Cancellieri che, ad ottobre 2011, a Palermo, aveva presenziato al trasferimento del bene dall’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati alla Regione siciliana, ed al direttore dell’Anbsc - Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, Giuseppe Caruso.
Non solo luogo di coltura agricola di qualità, ma anche di cultura della legalità: oggi termina, infatti, la mostra che le scolaresche hanno potuto visitare sulle vicende del rilancio produttivo di Verbumcaudo. La mostra resta visibile sul sito per l’estate, ma sarà riaperta ad ottobre per consentire agli studenti siciliani di toccare con mano come, da luogo di summit di mafia ed oppressione, Verbumcaudo sia divenuto emblema di produzione di qualità e cultura della legalità. “Un ringraziamento va - aggiunge l’assessore - a tutti coloro che hanno reso possibile il conseguimento di un obiettivo che sembrava irraggiungibile, magistrati, forze dell’ordine, Agenzia per i beni confiscati, amministrazioni comunali, forze sindacali, cittadini, di sconfiggere il progetto che mirava a raggirare la confisca ed a dimostrare che nulla si toglie veramente alla mafia”. Nella lettera l’assessore ha poi evidenziato al Ministro l’anomalia dei beni appartenenti a società confiscate alla mafia e condotti in locazione dalla Regione, per i quali sono stati richiesti qualche giorno fa dall’Immobiliare Strasburgo, con decreto ingiuntivo per oltre otto milioni di euro: nel ribadire la richiesta di tempestiva assegnazione, già formulata da anni, l’assessore ha informato che la Regione si opporrà alla richiesta, il cui importo è dovuto soltanto al ritardo ingiustificato nel trasferimento al patrimonio dei siciliani.

Focus - La storia del feudo di Verbumcaudo
“Un classico esempio di spoliazione mafiosa”. Così Giovanni Falcone aveva definito l’acquisizione da parte del boss Michele Greco del feudo di Verbumcaudo, 150 ettari di terreno nel Comune di Polizzi Generosa (Pa). Una tenuta di ulivi, coltivazioni di grano, laghetti artificiali e caseggiati originariamente di proprietà del conte Salvatore Tagliavia, armatore e sindaco di Palermo dal 1914 al 1920. Alla sua morte il legale Luigi Gioia cede la tenuta ai fratelli Michele e Salvatore Greco attraverso la società siciliana alberghi e turismo (Sat) con un iter complesso che avvia una serie di alienazioni dei beni della famiglia Tagliavia. È un prezzo di favore quello che cosa nostra paga per appropriarsi del feudo: appena 650 milioni di lire per un bene che al momento della confisca viene valutato invece 2,5 miliardi di lire. Grazie alla mediazione dei fratelli Nino e Ignazio Salvo, esattori di cosa nostra, viene pure cancellata in 15 giorni, con un decreto del ministero delle Finanze, un’ipoteca per una tassa di successione non pagata. All’inizio degli anni Ottanta il boss Michele Greco riesce ad ottenere anche un mutuo dall’assessorato Agricoltura per apportare migliorie al fondo. Un possesso indisturbato fino all’arresto del “papa” di cosa nostra. Dopo un periodo di abbandono nel 1995, viene assegnato al comando del “12esimo battaglione dei carabinieri Sicilia” come area di addestramento, cui però il comando rinunciò quasi dieci anni dopo. Quando nel 2007 l’agenzia del Demanio assegna il feudo al Comune di Polizzi Generosa perché lo utilizzi a fini sociali, trasferisce anche un’ingente ipoteca risalente al 1985. Un ostacolo che blocca l’assegnazione nel 2008 dell’azienda agricola alla cooperativa “Placido Rizzotto”, proprio quando l’odissea del feudo sembrava avviarsi alla conclusione. Il giudice del tribunale di Termini Imerese, infatti, decide di assegnarne la gestione a titolo gratuito ai fratelli Battaglia, proprietari dei terreni confinanti e che di fatto hanno sempre gestito Verbumcaudo, al punto da costringere gli inquirenti a effettuare verifiche sui loro rapporti con il boss Michele Greco. Ma è grazie alla perseveranza del sindacalista Cgil Vincenzo Liarda che la società civile e il mondo dell’associazionismo intuiscono l’importanza del riutilizzo del bene a fini sociali. Un’attività di sensibilizzazione che gli causerà oltre 15 intimidazioni. La prima arriva il 26 aprile del 2010, con una lettera minatoria negli uffici della Cgil di Polizzi, cui ne seguono altre contenenti proiettili e polvere da sparo. Poi il danneggiamento alla macchina della moglie e, il 29 agosto dello stesso anno, la minaccia più pesante: 9 alberi di ulivo della campagna di Liarda vengono tagliati a colpi d’accetta. Al sindacalista viene assegnata una scorta, revocata nel marzo seguente, mentre le intimidazioni non si fermano. Prima gli bruciano la macchina, poi la casa di campagna, a ribadire che il feudo Verbumcaudo non può essere sottratto a cosa nostra. La svolta arriva nel 2011, con l’allora direttore dell’agenzia nazionale dei beni confiscati, il prefetto Mario Morcone, che estingue parzialmente il debito della banca grazie a una transazione con Unicredit sull’ipoteca accesa dai Greco. Nel luglio 2011 l’assessore regionale all’economia, Gaetano Armao, annuncia la disponibilità della Regione ad acquisire il feudo pagando tutti gli oneri connessi e lo concede per 99 anni a titolo gratuito al territorio delle Madonie perché diventi un’occasione di sviluppo. Oggi, finalmente, la prima trebbiatura del grano, seme di legalità, con le tre cooperative di Libera: “Placido Rizzotto”,”‘Lavoro e non solo”, “Pio La Torre”.


Focus - Sempre più legalità nei campi. Inizia l’avventura della cooperativa “Rosario Livatino - Libera Terra”, nei i terreni confiscati alla mafia in contrada Robadao

“Dalle mani della criminalità a quelle della legalità. Così i terreni agricoli confiscati tornano a produrre frutti, sapori e qualità per la collettività e offrono occasioni di lavoro soprattutto ai giovani. Un patrimonio importante sottratto dai “tentacoli” della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta che torna ad essere una ricchezza per l’intera società”. Lo ha sostenuto il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi intervenendo a Naro (Agrigento) all’avvio delle attività della cooperativa sociale “Rosario Livatino- Libera Terra”, che opererà presso i terreni confiscati alla mafia in contrada Robadao. Iniziativa conclusa da don Luigi Ciotti, presidente di Libera.

“La nostra azione contro la criminalità organizzata è stata sempre ferma e decisa. In ogni frangente - ha detto Politi - abbiamo sviluppato un’iniziativa forte in difesa della legalità e per il rispetto della legge. E in questo contesto s’inserisce anche la firma del protocollo di collaborazione con l’associazione ‘Libera’. Un’intesa che conferma l’impegno sociale e solidaristico della Cia nei confronti di chi è mobilitato per la sicurezza e cerca di contrastare qualsiasi tipo di attività criminale”.

“Insomma, un’azione finalizzata a un’adeguata gestione dell’attività agricola in tutti quei terreni che - ha rimarcato il presidente della Cia - sono stati sottratti dalle mani della criminalità e assegnati soprattutto a giovani che hanno inteso, con il loro lavoro, restituire legalità a beni che sono della collettività”. “Dare il nostro contributo di carattere tecnico e i nostri servizi alle cooperative e ai soci di ‘Libera’ nella gestione dei terreni confiscati alla criminalità rappresenta -ha aggiunto Politi- un’ulteriore conferma di una strategia che ci vede in prima linea nella lotta ad ogni forma di criminalità”. “La cooperativa sociale ‘Rosario Livatino- Libera Terra’, alla quale la Cia, insieme ad altre organizzazioni, enti e fondazioni, ha dato il suo concreto supporto, dimostra - ha rilevato il presidente della Cia - il tentativo, vincente, di costruire una comunità sociale che sia alternativa al sistema mafioso. E su questa strada, come hanno dimostrato altre significative iniziative condotte da Libera, bisogna continuare, con l’obiettivo di far trionfare la legalità”.

“Con Libera in questi anni abbiamo sviluppato un’azione congiunta che si è concretizzata -ha affermato Politi- in tante iniziative di solidarietà che hanno permesso di valorizzare il lavoro di moltissimi giovani che, con il loro impegno, hanno rivitalizzato l’agricoltura, la sua qualità, la sua tipicità in quei terreni che erano finiti nelle mani della criminalità organizzata”.
“Attraverso l’intesa di collaborazione con l’associazione guidata da don Ciotti -ha concluso il presidente della Cia- intendiamo riaffermare l’esigenza di un’iniziativa propulsiva nei confronti del fenomeno della criminalità che da tempo si è accanita anche nei confronti degli agricoltori in numerose regioni. I reati, infatti, si estendono dal furto di attrezzature e mezzi agricoli, alla sottrazione di prodotto; dai danneggiamenti al caporalato; dall’usura alle macellazioni clandestine; dalle aggressioni alle truffe nei confronti dell’Unione europea”.

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