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DIETA MEDITERRANEA IN VIA D’ESTINZIONE IN ITALIA? COLPA DELLA CRISI: LA SEGUE PIÙ DEL 50% DELLE FAMIGLIE AD ALTO REDDITO MA QUELLE DI FASCIA BASSA L’ABBANDONANO. COSÌ UN’INDAGINE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI CAMPOBASSO

La crisi si sente anche sulle tavole del Belpaese, con i consumi alimentari italiani crollati in un anno, da aprile 2011 ad aprile 2012, del 6,1% (dati Istat), e con le famiglie a basso-medio reddito (fino a 25.000 euro l’anno) che tagliano sul cibo di qualità e mettono da parte la dieta mediterranea, che invece è seguita dal 50 al 68% di chi guadagna almeno 40.000 euro l’anno. E allora la dieta mediterranea è via di estinzione in Italia? Se lo chiedono i ricercatori Marialaura Bonaccio e Giovanni de Gaetano dei laboratori di ricerca della Fondazione “Giovanni Paolo II” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Campobasso, autori di un’indagine sulle abitudini alimentari rispetto al reddito di 13.262 italiani, uomini e donne, di 53 anni in media di età e del libro “La dieta mediterranea ai tempi della crisi” (Il Pensiero Scientifico Editore). La soluzione? Per Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, autore della prefazione del volume, è la tanto discussa “junk food tax”.

Carrello della spesa che “piange” per le famiglie a basso-medio reddito e soprattutto per quanto riguarda olio di oliva e verdure, ma anche carni bianche e cereali, a cui si sostituiscono carni precotte, margarina, grassi animali e alcolici. Al contrario le famiglie ad alto reddito comprano pesce, carni bianche, frutta e legumi, yogurt e cereali e le differenze non si vedono solo a tavola, ma anche sulla bilancia: le famiglie italiane a basso reddito hanno un tasso di obesità pari al 36% e quelle ad alto reddito al 20%. “Soprattutto in questi ultimi due anni - sottolinea Marialaura Bonacci - il reddito fa da spartiacque in modo decisivo sulle scelte alimentari e quindi sulla salute. È dimostrato che acquistare cibi più economici come carboidrati raffinati, grassi e zuccheri porta il sovrappeso e induce alla lunga patologie cardiovascolari, artrosi, diabete e tumori. I giovani italiani, inoltre, mangiano tutti pochissima frutta e verdura e il consumo di pesce e legumi è diventato raro. Fanno lo stesso gli spagnoli, i greci e i popoli del bacino mediterraneo nonostante portino sulle loro spalle il peso di una tradizione millenaria come la dieta mediterranea”. Per Eugenio Del Toma, professore associato di nutrizione clinica al Campus Biomedico di Roma, da una parte emerge un aspetto della crisi “su quanti debbano far di conto anche per la spesa alimentare, dall’altra evidenza il problema di fondo della mancanza di tempo. E spesso chi guadagna meno, ha anche meno tempo per mettersi in cucina. Ma in tempo di crisi economica andrebbe piuttosto sottolineato il perdurante fenomeno degli sprechi di cibo”.

La soluzione? Per Silvio Garattini sarebbe importante che il governo tassasse il cibo spazzatura, come sottolinea nella prefazione del volume “La dieta mediterranea ai tempi della crisi”: “i governi non si occupano seriamente del problema dell’alimentazione in rapporto alla salute. È necessaria l’incentivazione, attraverso un accurato impiego della tassazione, della componente vegetale della dieta e disincentivando le componenti dannose contenenti acidi grassi pericolosi e prodotti ricchi di grassi”.

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