Il vino italiano è sempre più “legato” all’export, e da alcuni dei suoi mercati di riferimento del presente e del futuro, in apertura di 2013, arrivano diverse notizie da tenere d’occhio. Partiamo dal centro dell’asse New York-Pechino, Mosca. In Russia, per il giornale “Izvestia”, il divieto assoluto di pubblicizzare vino e alcolici su tutti i media, e di menzionare le “marche” in articoli e recensioni, in vigore da gennaio, potrebbe essere aggirato attraverso social network come Facebook e siti come www.livejournal.com che, pur essendo diffusi nel Paese non sono sotto la giurisdizione del Cremlino, poiché i server sono all’estero. Da Oriente, invece, soffiano venti contrastanti: se la paura dei falsi rischia di frenare le importazioni in Cina, come riporta Wine Intelligence, per l’Italia enoica il 2012 è stato un anno di crescita importante: +21% per l’export enoico nei primi 9 mesi del 2012 (sullo stesso periodo del 2011) per Coldiretti, accompagnato dai sapori made in Italy (+27% nel complesso, per 300 milioni di euro). Dati che, però, non consentono di adagiarsi: la Francia domina ancora, e crescono fortemente vini australiani e cileni. Anche perché la scelta dei vini di fascia media, nel Paese asiatico, è ancora determinata dai varietali. E i più conosciuti sono Cabernet Sauvignon (60%), Chardonnay (40%), Sauvignon Blanc (39%), Riesling (38%) e Pinot Nero (35%) che, per un’Italia che punta forte sui vini da vitigni autoctoni come elemento di distintività, vuol dire doversi impegnare ancora di più su progetti di educazione e di divulgazione tra i consumatori cinesi, per crescere anche economicamente. E in tanti lo stanno facendo, investendo tante risorse, e correndo anche un rischio da scongiurare: quello di farsi affascinare troppo dalle grandiose (ma difficili) prospettive orientali, e di “trascurare” i mercati occidentali, il “core business” del vino italiano all’estero. Usa in primis, dove l’Italia è ancora leader in volume e valore, ma dove il Belpaese, spumanti a parte, è l’unico grande esportatore che fa segnare cali (-0,7% in quantità e -2,8% in valore) nel 2012, a fronte di un import americano su del 19,6% in quantità e del 5,4% in valore (a 8,4 milioni di ettolitri per 3,1 miliardi di dollari) ...
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