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ALLA RICERCA DELLA “NATURA”: DALLE ERBETTE SPONTANEE CHE DALLA TERRA ALLA CUCINA DIVENTANO PROTAGONISTE DI UN FILM DOCUMENTARIO BY ACCADEMIA DELLA CUCINA, ALL’ORTO DEL RISTORANTE CHE DIVENTA “SALOTTO VEGETALE” PER EVENTI IN FRANCIACORTA

Non Solo Vino

In cucina la tendenza è sempre più “natura e filiera corta”. E cosa c’è di più naturale delle erbe spontanee? Per valorizzarle l’Accademia Italiana della Cucina ha realizzato un video-documentario, “Selvatico di pregio. Erbe spontanee in cucina: il Lamone fiume romagnolo”, per valorizzare alcuni straordinari prodotti come l’asparagina, gli stridoli, i raperonzoli, la salicornia, raccontando anche storie di chef li trasformano i veri e propri manicaretti.
Il Lamone è un fiume simbolo della Romagna, perché la percorre tutta, dal crinale appenninico (in verità nasce burocraticamente in Toscana, ma lui “le ha voltato le spalle”) fino al litorale fra le straordinarie valli e pinete, un unicum per la Pianura padana.
Sul crinale appenninico la flora che lo circonda è punteggiata di varietà “da versante sud”, come alcuni esemplari di cerro sughero, di corbezzoli e di agrifogli. Poi, scendendo, il Lamone acquisisce tutte le specie tradizionali di una Romagna che comunque ha il clima e l’aridità da “Italia mediterranea”.
Il video ha messo al centro della ricerca di queste piante spontanee la cultura dei grandi cuochi romagnoli: “professionisti del gusto” e quindi i migliori interpreti per un’analisi sensoriale ottenuta applicando moderne tecniche di elaborazione e di cottura a questi straordinari prodotti. Oltre alle erbe anche fiori, radici, piccoli frutti, funghi. Si passa da Pier Giorgio Parini del “Povero Diavolo” di Torriana che da anni fa il risotto al cipresso a testimonianza di come il non edule possa diventare edule, fino a Vincenzo Cammerucci (“CaMi”, Savio) che utilizza le alghe del nostro mare, una “insalata” d’acqua salata. I grandi appassionati e cercatori di erbe selvatiche come “Il Pettirosso” di Saludecio (Maria Franca Cupioli) e “Il Gambero Rosso” di San Piero in Bagno (Giuliana Saragoni) sfornano piatti d’antan impreziositi da fiori sgargianti. Remo Camurani, il re del carciofo moretto alla “Trattoria Strada Casale” fa delle erbe un complemento ineliminabile, mentre Silverio Cineri (“Silverio”, Faenza) utilizza tutti i prodotti dei campi e dei boschi per far diventare piatti semplici invenzioni stupefacenti.
Un’iniziativa che, però, vuole essere anche uno stimolo a riscoprire il valore delle erbe spontanee anche con serio percorso di ricerca.
“E’ maturo il tempo per fare ricerca, selezionare le piante per allevarle e creare così un circuito fra selezione clonale-produzione-mercati-consumo da affiancare a una raccolta del selvatico controllata e rispettosa dell’ambiente - spiega Franco Chiarini, produttore del video e co-auore dei testi, assieme a Riccardo Vecchi - è importante poter mettere a disposizione della ristorazione prodotti ad alta qualità gastronomica, in quantità sufficienti per una loro presenza “in carta” e per un periodo anch’esso sufficiente per affermare una rinnovata tradizione. L’asparagine di pineta e il carciofo “moretto” di Brisighella sono i prodotti simbolo di questa impresa, che abbinerà raccolta del selvatico a un allevamento “controllato”. Altrettanto importante, oltre ai prodotti eduli tradizionali, è riuscire ad estrarre sapori e profumi dalle tante essenze importanti del bosco e delle pinete, utilizzabili anche in cucina per piatti innovativi che parlino delle nostre terre, della nostra unica e inestimabile ricchezza ambientale. In fondo, le grandi realtà gastronomiche spagnole guidate da Ferran Adrià o le innovazioni danesi imposte da René Redzepi continuano a monitorare il proprio territorio, da cui estraggono vecchi e inediti sapori che fanno grandi e uniche le loro cucine”.
Ma il contatto diretto con la natura è sempre più un must anche per i ristoranti, e dopo Peppe Zullo e Pietro Zito, che dalla Puglia hanno aperto la via, si moltiplicano i locali con tanto di orto. Ultimo caso quello dello chef Alessando Cappotto, che nel ristorante di Villa Calini, a Coccaglio, in Franciacorta, che ha trasformato l’orto che fornisce le verdure al ristorante in “salotto vegetali” per cooking class ed eventi.
Un’idea dello chef, che ha voluto così porre un accento ancora più forte su una delle caratteristiche principali della sua cucina: la selezione attenta e accurata delle materie prime, preferibilmente biologiche, stagionali e a chilometro zero. Al contempo però lo chef ha cercato di dare risalto alla bellezza della villa e del suo parco che, oltre a ospitare il ristorantr, è anche una location amatissima per l’organizzazione di feste e matrimoni. Per concretizzare le sue idee, Cappotto si è affidato all’interior designer Nicola Falappi di Studio Quaranta (con sede a Brescia), mentre la piantumazione degli ortaggi è stata seguita da Marco Soardi del vivaio I Giardini di Marzo di Brescia: il risultato è uno spazio decisamente rural-chic, che d’ora in poi sarà utilizzato per allestire aperitivi nell’orto, ma anche per ospitare eventi, da feste di nozze dall’aria un po’ campestre fino a show-cooking e team-building.

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