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IL MERCATO DEL VINO STRANIERO (ED ITALIANO) IN BRASILE VISTO DAL … BRASILE: A WINENEWS LA FOTOGRAFIA SCATTATA DA BRUNO AIRAGHI, PER 10 ANNI NEL BUSINESS CON INTERFOOD IMPORTAÇÃO (CHE IMPORTA MARCHI COME RUFFINO, PLANETA, ELIO GRASSO ...)

Si parla spesso dei Paesi Bric (Brasile Russia India e Cina) come mercati del futuro, anche per il vino. Ma dopo anni di boom (partendo, per la verità, in molti casi, da numeri assoluti molto bassi) la crescita su questi mercati sta un po’ rallentando, per tanti dei più importanti Paesi esportatori, anche per effetto di economie che continuano spesso a correre più di quelle di Europa e Stati Uniti, ma che stanno comunque risentendo dell’onda lunga della crisi. È il caso, tra gli altri, del Brasile, mercato da tenere d’occhio a lungo e breve termine, non fosse altro perché nel giro di due anni, tra il 2014, e il 2016, ospiterà prima i Mondiali di Calcio e poi le Olimpiadi, eventi che calamitano l’attenzione del mondo, oltre che attirare milioni di persone dai quattro angoli del Pianeta. E dove c’è tanto da lavorare per il vino italiano, come scrive a WineNews, da San Paolo, Bruno Airaghi, da oltre 10 anni nel business con la Interfood Importação, la cui divisione enoica porta in Brasile marchi del Belpaese come Planeta, Ruffino, Elio Grasso e altri, ed oggi consulente indipendente.
Se è vero, infatti, che dal 2002 al 2012 c’è stata una crescita dei consumi procapite del 76%, siamo ancora a 2,2 litri a testa complessivi, secondo i dati di Ibravin, l’Instituto Brasileiro do Vinho. E se le importazioni complessive negli anni scorsi sono sempre cresciute, gli ultimi 12 mesi (il dato è riferito ad aprile 2013), hanno visto un calo del 5,4% in volume. In questo contesto, il vino italiano rappresenta appena il 13% del totale dei vini importanti, e deve fare i conti principalmente con due fenomeni: le tasse piuttosto elevate, che lo rendono poco competitivo con altri Paesi esportatori in Brasile, come Argentina e Cile, che godono di un regime fiscale molto più vantaggioso, e l’Italian sounding, dovuto anche alla forte presenza di famiglie di origine italiana che producono vino in Brasile. A marcare segno negativo per l’Italia sono proprio i big dell’export tricolore nel Paese verde-oro, il Lambrusco (che rappresenta il 62% del totale), il Chianti e l’Amarone della Valpolicella.
Nel complesso, segnala ancora Airaghi, si beve soprattutto rosso (58%), poi bianco (26%) e rosato 16%. Il grosso dei consumi di vino straniero, come è ovvio, si concentra in due delle città più importanti, San Paolo e Rio de Janeiro, che fanno il 40% del totale, mentre altre città importanti, per consumi, sono Belo Horizone, la capitale Brasilia, Porto Alegre e Salvador. Ma per i vini di importazione, che si vendono soprattutto nel canale Horeca, c’è anche un altro problema, che unisce il Brasile all’Italia: la tolleranza zero sul rema alcol e guida che fa sentire gli effetti nel fatturato vinicolo dei ristoranti a San Paolo e Rio, che dichiarano un -40% tra marzo 2012 e il 2013.

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