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EDUCAZIONE ALIMENTARE: DAL MONDO DELLE ISTITUZIONI A QUELLO DELL’IMPRESA, SI MOLTIPLICANO LE INIZIATIVE DEDICATE ALLE NUOVE GENERAZIONI. PERCHÉ IMPARINO A MANGIARE SANO, ED A RISPETTARE IL CIBO, EVITANDO GLI SPRECHI

Italia
Educazione al gusto dei bambini

Quanto sia importante educare i più giovani ad avere un rapporto sano con il cibo, ormai, lo dimostra la sempre maggiore attenzione della politica: se in Usa è la “first lady” Michelle Obama a portare avanti la battaglia senza quartiere contro l’obesità, facendosi bandiera di uno stile di vita sano ed equilibrato, in Italia il Ministero dell’Istruzione ha accolto, nel “Decreto Scuola”, le proposte avanzate dal Ministero delle Politiche Agricole, per inserire nuove iniziative che “rafforzano i programmi di educazione alimentare già esistenti, che hanno come obiettivo proprio quello di trasmettere ai nostri ragazzi l’importanza di una alimentazione equilibrata e di far assumere, fin dalla giovane età, abitudini e stili di vita sani”, come ha spiegato il Ministro Nunzia De Girolamo.
Un approccio sano alla tavola, del resto, non può che nascere dall’educazione delle nuove generazioni, e ne è ben consapevole il Ministro, nonostante tra i proclami, le intenzioni e la reale applicazione di questi principi ci sia ancora tanta strada da fare, perché se è vero che gli intenti sono quelli giusti e le proposte assolutamente positive, per ora sono ancora i privati a portare avanti i progetti migliori, in quanto reali, pragmatici, sostanziali. Il Belpaese, in questo senso, è pieno di esempi virtuosi, ultimo quello di una delle griffe del vino più importanti d’Italia, la Marchesi Antinori che, nelle scuole di un territorio importante come quello del Chianti in Toscana, ha portato un progetto concreto, “Educazione al gusto”, proprio per far relazionare i bambini con la propria terra, passando dai banchi agli orti, dove nascono e crescono frutta e verdura, la base dell’alimentazione, che, oltre ad apprezzare, dobbiamo imparare a rispettare.
Ogni anno, inoltre, come raccontano i cupi numeri della Fao, finisce nell’immondizia così tanto cibo da poter sfamare, ipoteticamente, la parte più povera del mondo. Un trend cambiato con la crisi, ma che va sostenuto con l’insegnamento ed il buon esempio, che ci ha riportato indietro di qualche decennio, a quando “non si buttava via niente”, tanto che negli ultimi 5 anni gli avanzi alimentari sono calati del 25%.
Il contenimento degli sprechi è forse l’unico aspetto positivo della crisi che ha determinato una maggiore attenzione degli italiani alla spesa, ma anche alla preparazione in cucina e alla riutilizzazione degli avanzi. Restano, comunque, quasi 5 milioni le tonnellate di cibo che ogni anno, come dice la Coldiretti, vengono gettate nelle case degli italiani. Un problema etico con effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo dello smaltimento nei confronti del quale è giusto intervenire sia nei Paesi sviluppati che in via di sviluppo.

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