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DALLE MOZZARELLE AI TERRENI AGRICOLI (2919 CONFISCATI), DAI RISTORANTI (ALMENO 5.000) ALL’AUTOTRASPORTO, L’AGROMAFIA VALE 14 MILIARDI E TROVA SEMPRE PIÚ SPAZIO NEL TESSUTO ECONOMICO ITALIANO INDEBOLITO DALLA RECESSIONE. A DIRLO LA COLDIRETTI

Dalle mozzarelle ai terreni agricoli (2.919 già confiscati), dai ristoranti (almeno 5.000) all’autotrasporto, il business dell’agromafia vale circa 14 miliardi di euro e trova sempre più spazio nel tessuto economico indebolito dalla recessione. A dirlo la Coldiretti nel commentare l’operazione anticamorra nel basso Lazio che ha coinvolto anche Antonella D’Agostino, moglie di Renato Vallanzasca.

Secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes del 2013, “l’agricoltura e l’alimentare sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno può farne a meno”. “Per questo le mafie - sottolinea Coldiretti - hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura”.

“Quasi 1 immobile su 4 confiscati alla criminalità organizzata è terreno agricolo - continua la Coldiretti - a dimostrazione della strategia di accaparramento delle campagne messa in atto dalla criminalità organizzata. Su 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, oltre il 23% (2.919) sono rappresentati da terreni agricoli”.

“Ma le mani della Mafia Spa - precisa la Coldiretti - si allungano lungo tutta la filiera e, su un totale di 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3%) operano nei settori “Agricoltura, caccia e silvicoltura” e 15 (l’1% circa) nei settori “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, 173 (10%) nella ristorazione ed alloggio e 471 (28%) nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, anche nell’agroalimentare”.

“Alcune stime - precisa Coldiretti - valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell’Unione Europea”.

“Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma - chiude la Coldiretti - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy”.

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