Nonostante la generale sudditanza del burro allʼolio dʼoliva nella dieta quotidiana degli italiani - o per lo meno, alla tradizionale dieta mediterranea - nel 2013 le vendite di questo alimento sono andate in netta controtendenza sia rispetto al commercio al dettaglio che alle spese alimentari degli italiani: lo rileva Assolatte, che, citando rilevazioni Nielsen, evidenzia come lo scorso anno gli italiani abbiano speso 371 milioni di euro per il prodotto, con le vendite che nel 2013 hanno fatto segnare un +1,7% in quantità e un +4,2% in valore.
I tassi più alti di crescita si sono
registrati negli ipermercati (+3,1% a volume e +5,8% a valore) e nei discount (+13,5% a volume e +22,7% a valore), anche se il canale più importante resta il supermercato, che ha fatto segnare un 2,2% in volume e un 5,3% in valore, con un mercato stimato in 156 milioni di euro di fatturato. Le buone performance commerciali, secondo Assolatte, sarebbero legate a diversi fattori: ampliamento e segmentazione dellʼofferta - prodotti a basso tenore di grassi o colesterolo, spalmabili, chiarificati -, ritorno delle preparazioni domestiche di numerose ricette, indicazioni scientifiche favorevoli.
Secondo uno studio realizzato dallʼIstituto Politecnico LaSalle-Beauvais, la formazione di composti tossici nel burro sottoposto ad alte temperature sarebbe molto modesta, addirittura minore rispetto a prodotti quali caffè solubile o cereali per la colazione. Una ricerca analoga, condotta da Iterg, conferma invece la stabilità del grasso anche quando viene sottoposto alle alte temperature della cottura.
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