La crisi argentina mette in ginocchio Mendoza, la Regione del vino più importante di tutto il Sud America. Con la crescita galoppante dell’inflazione, infatti, per tante aziende il costo del lavoro in vigna è diventato decisamente troppo alto, a volte persino antieconomico, almeno per i vini di fascia medio bassa, quelli da cui, in fin dei conti, storicamente, dipende una buona parte della fortuna del vino argentino del mondo. I primi contraccolpi, come racconta il “The Wall Street Journal” (www.wsj.com), si vedono proprio negli Stati Uniti, partner commerciale principale di Mendoza, dove dagli scaffali delle enoteche e dalle cantine dei ristoranti, stanno lentamente sparendo le bottiglie della fascia di prezzo che va dai 9 ai 12 dollari.
I primi dati che arrivano dal mondo economico argentino sono impietosi: l’inflazione sui beni di consumo quotidiano ha ormai raggiunto il +40% nei primi sei mesi del 2014, portando così la necessità di un aumento dei salari del 15%, almeno nelle principali cantine di Mendoza, con il conseguente aumento dei prezzi di produzione, e quindi di vendita, in un momento già difficile. Del resto, dopo l’apice produttivo raggiunto nel 2011, quando l’Argentina si impose come quinto Paese produttore al mondo, già nel 2013 ha pagato un calo dell’export del 5% in termini di quantità e del 14% in valore.
E, nei primi 5 mesi 2014, non cambia certo il trend: l’export di vino imbottigliato scende del 5,5%, e la speranza dei produttori è che, specie negli Stati Uniti, i consumatori siano pronti a riconoscere ai vini di Mendoza il loro valore reale che, in questa congiuntura economica, difficilmente potrà restare sotto i 20 dollari a bottiglia.
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