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“Inserire le api come “termometro” di sostenibilità nella nuova Pac”: così a WineNews, Francesco Panella (Unaapi). “C’è un accanimento chimico in agricoltura solo in parte per clima avverso: è il segnale che arriva dalle api, che continuano a morire”

Non Solo Vino
Inserire le api come termometro di sostenibilità nella nuova Pac: così, a WineNews, Francesco Panella, presidente degli apicoltori professionisti italiani (Unaapi)

“Inserire le api come “termometro” di sostenibilità nella nuova Pac (2014-2020), che prevede diverse misure agro-ambientali ed esprime la volontà di ridurre l’impatto della chimica, per capire dal polline che raccolgono cosa viene usato in un territorio, se si tratta di sostanze illegali, con quali livelli di contaminazione e di che tipo, fuori dal campo. Le api sono un ottimo strumento per misurare la sostenibilità”. È la proposta degli apicoltori all’Ue nelle parole a WineNews di Francesca Panella, alla guida dell’Unaapi. “Le api ci stanno segnalando un fenomeno che va oltre la loro capacità di sopravvivenza e produttiva: ci si riempie la bocca di sostenibilità ma così non è. È partita la lotta integrata, ma c’è un accanimento chimico nelle nostre campagne, solo in parte giustificato dalle difficili condizioni meteo che hanno messo in difficoltà la lotta fitosanitaria, ma che è di tale recrudescenza, che vuol dire una cosa sola: ormai per difendere la produzione si fa di tutto e di più. E questo ha una ricaduta ambientale. Non ci sono solo le produzioni di mais, uva, frutta, ci sono anche 144.000 tonnellate di molecole chimiche disperse nelle campagne, per l’uso sempre meno prudente di pesticidi. Per non parlare dell’agrochimica che mangiamo”. Un controsenso, come lo definisce anche Slow Food, per cui “sono gli stessi agricoltori che beneficiano del lavoro delle api a contribuire a sterminarle”. Ma più che degli agricoltori “che sono le prime vittime in termini di salute - ricorda Panella - è un problema di autorizzazioni. L’Efsa-Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare ha proposto nuove regole basate su fondamenti scientifici più affidabili del gioco delle tre carte in mano alla stessa industra che produce pesticidi. Il problema sono le resistenze degli Stati membri, al di là della loro pseudo-sostenibilità”.

“Nonostante la stop all’uso dei neonicotinoidi (ripetutamente, in Italia, dal 2008, e fino al 2015 in Ue per parte degli utilizzi, ndr) - fa il punto Panella a WineNews - c’è una situazione di aggravamento di utilizzo di una chimica sempre più pesante in agricoltura e anche nella cura del verde ornamentale e pubblico (in particolare per i parassiti che attaccano bosso e tigli), testimoniata da nuovi fenomeni di spopolamento degli alveari, in aumento negli ultimi 2 anni: ad agosto 2014 le denunce di avvelenamento a BeeNet, la rete nazionale di monitoraggio, sono state 1/3 in più sul totale degli avvelenamenti 2013, con i casi più gravi che si registrano ancora nelle aree del mais in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Lombardia e Veneto, frutticole, in particolare della mela, in Alto Adige e in Valtellina, fino alla fioritura di girasole nelle Marche e in Romagna. Accanto al fatto che per difendere i vigneti dalle difficili condizioni meteo quest’anno si è dovuti ricorrere a ripetuti trattamenti. Un esempio? Il clorpirifos che usiamo nelle nostre vigne, per la flavescenza dorata, negli Stati Uniti è vietato in tutti gli ambiti frequentati dalla popolazione). Non siamo ai livelli di gravità del 2006-2008 - precisa Panella - ma la tendenza è al peggioramento anno dopo anno, sia perché sono stati autorizzati nuovi pesticidi sia perché il loro uso è sempre meno prudente”.

Dal panel dell’Efsa sulle nuove regole per l’autorizzazione d’uso di molecole e preparati arrivano però notizie positive: si stanno rivedendo le regole per l’autorizzazione delle sostanze rispetto agli insetti utili, api e non solo, “più stringenti e serie - spiega il presidente dell’Unaapi - ma il problema alla loro approvazione definitiva sono le resistenze di diversi Stati membri, dall’Inghilterra (che, tra l’altro, dedicherà il suo Padiglione all’Expo2015 alle api) alla Spagna, difensori d’ufficio delle multinazionali”.

Alcuni dati sul grave fenomeno della moria delle api: secondo le stime della Fao le api si occupano dell’impollinazione di 71 delle 100 colture che forniscono prodotti alimentari a livello mondiale; e, sempre stime, riporta Slow Food, dicono che in Europa negli ultimi anni ci siano tra il 20 e il 50% di api in meno, a causa di malattie, parassiti, cambiamenti climatici, ma anche per l’agricoltura industriale, per la diffusione delle monocolture, la perdita dell’habitat naturale e, soprattutto, per l’uso indiscriminato di pesticidi, non solo neonicotinoidi, ma anche fungicidi, erbicidi, insetticidi, oltre 50 sostanze nocive che uccidono le api (fenomeno che, sottolineano Conapi e Unaapi, “giunge proprio in concomitanza alla semina di mais e ai trattamenti di piante da frutto, viti e cereali”). Il clima avverso non fa che peggiorare la situazione, con la produzione di miele calata del 60% in Italia nell’ultimo anno. E se ancora non basta, ricorda Panella, “i dati dell’indagine Ispra sullo stato delle acque 2012-2013 indicano un incremento delle molecole chimiche ritrovate nelle acque di superficie e profondità. Le acque non potabile a causa principalmente, non unicamente, di contaminazione agrochimica in Italia sono oltre il 50%”.

Intanto l’opinione pubblica sta facendo la sua parte: in Val Venosta, zona di produzione delle mele, questa estate è stato indetto un referendum contro l’uso dei pesticidi. L’iniziativa è partita da un farmacista, dagli apicoltori della zona, colpiti dal grave fenomeno della moria di api, e dagli allevatori di vacche, il cui latte era inquinato dai veleni spruzzati sui meleti: il 75% dei votanti si è espresso contro.

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