Incentivare le forme “sovra-comunali”, intervenire a favore delle autonomie locali ad alto tasso di tipicità, convogliare una parte dei fondi europei per lo sviluppo e la promozione locale. Ecco la ricetta “scaccia crisi” delle Città del vino, di cui si parlerà nell’assemblea nazionale, di scena l’11 novembre a Martina Franca (Taranto, www.cittadelvino.it). Una crisi economica come quella attuale, sostengono in molti, non si recupera senza investire sulla crescita, senza allentare la morsa del patto di stabilità che inibisce la possibilità di sviluppare in opere pubbliche con fondi giacenti nelle casse comunali e quindi di dare ossigeno alle imprese e al lavoro.
Appare al contrario essenziale sia destinare una parte delle risorse recuperate dai tagli alla spesa locale ad incentivare le forme di aggregazione sovra comunale, con interventi a favore di quelle autonomie locali che fanno della tipicità il principale fattore di crescita economica, ipotizzando ad esempio un fondo per finanziare progetti di promozione delle produzioni tipiche e di qualità; sia convogliare una parte delle risorse dei fondi europei verso progetti realizzati dai Comuni e dalle associazioni comunali per lo sviluppo locale, in termini di filiere, di trasformazione e di promozione, del patrimonio naturale, agricolo, enogastronomico. In questo contesto, secondo le Città del Vino, assume un’importanza significativa il rafforzamento della tassa di soggiorno, che - se ben spiegata - diventa uno strumento su cui investire e non solo un semplice balzello, una piccola spesa in più ben accettata dai turisti se serve a migliorare l’ambiente e la qualità dell’offerta turistica ma a patto che venga effettivamente ed efficacemente utilizzata per progetti di crescita, di potenziamento dei servizi e di sviluppo locale. Per questo Città del Vino auspica l’apertura di un grande dibattito nazionale sugli assetti futuri del governo locale, che tenga conto della recente attuazione della riforma delle Province (che risponde solo parzialmente alla necessità di operare risparmi della spesa pubblica) e della mancanza di un vero e proprio progetto per la “governance” locale.
“La rete dei Comuni italiani - spiega l’Associazione in una nota - rappresenta un prezioso “serbatoio” di partecipazione democratica, di volontariato civico, di impegno per la propria comunità, per il sostegno allo sviluppo, per la sostenibilità ambientale, per la gestione e la tutela del territorio e del paesaggio. L’impegno, spesso volontario, di migliaia di amministratori rappresenta, per la vicinanza ai cittadini, per il rapporto quotidiano e diretto tra questi e gli amministratori, che è pratica corrente nelle piccole comunità, un momento insostituibile di democrazia vissuta, vitale in una fase storica che registra al contrario il pericoloso allontanamento tra cittadino e istituzioni. Da decenni, i piccoli Comuni in particolare sono stati i protagonisti della promozione delle risorse locali, della sopravvivenza e del rilancio di tante comunità di aree montane e disagiate, di un’azione costante e quotidiana tesa a garantire coesione e inclusione sociale.
Oggi però i tagli dei trasferimenti agli enti locali mettono in crisi non solo i servizi essenziali per i cittadini, impedendo ai Comuni di svolgere una funzione di ammortizzatore degli effetti più disastrosi sulla vita delle famiglie, ma abbassano drasticamente anche i processi di tutela e valorizzazione del grande patrimonio naturalistico, culturale ed enogastronomico avviati e supportati dai Comuni spesso nella totale assenza di politiche e interventi a livello nazionale. Ne è un esempio la ridotta capacità delle amministrazioni locali di sostenere i pur limitati costi dell’associazionismo di prodotto e del tipico, delle reti cioè che possono invece svolgere una importantissima funzione di promozione delle identità territoriali e di adozione di politiche integrate nella programmazione della crescita locale. Soprattutto in un paese come il nostro dove la forza delle reti tra i Comuni va a potenziare il grande valore aggiunto del Sistema Italia: il rapporto inscindibile tra produzioni agricole di qualità e territorio, inteso come espressione dell’insieme di valori e saperi sedimentatisi nel tempo. Natura, cultura ed enogastronomia costituiscono oggi i principali attrattori turistici, sono i motori dell’ecoturismo e rappresentano un volano per la ripresa economica e la creazione di nuova occupazione”.
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