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L’agricoltura è in grado di abbattere le barriere, specie quelle sociali. Il vice ministro Andrea Olivero: “le innovazioni introdotte con pratiche di agricoltura sociale avranno senza dubbio effetti di rilievo, specie per le future generazioni”

L’agricoltura è in grado di abbattere le barriere, specie quelle sociali: “è importante ribadire il ruolo dell’agricoltura sociale nella costruzione dei sistemi di welfare nelle aree rurali, le testimonianze presentate e il dibattito che ne è seguito hanno rafforzato la mia convinzione a proseguire nell’azione di indirizzo legislativo, finalizzato a dare un primo quadro regolativo di supporto. Le innovazioni - ha spiegato il viceministro del Ministero delle Politiche Agricole ad AgrieTour, Andrea Olivero - che verranno introdotte con pratiche di agricoltura sociale avranno senza dubbio effetti di rilievo soprattutto per le future generazioni e, attraverso azioni mirate, contribuiranno ad esprimere il valore intrinseco di quella sostenibilità che intendo portare avanti con il mio mandato”.
A spiegare come meglio possa declinarsi l’agricoltura negli aspetti legati al sociale, è stato Francesco Di Iacovo del Comitato Consultivo Agricoltura Sociale del Ministero delle Politiche Agricole: “è indubbiamente una frontiera dell’innovazione in agricoltura: le pratiche operano a cavallo di settori, competenze, rifondando valori e modalità di contribuire alla creazione di valore economico e sociale in tempi difficili. Ma proprio la rottura delle barriere e la riarticolazione dei saperi è elemento centrale dell’innovazione in agricoltura sociale”.
Le soluzioni sono contenute nella legge sull’agricoltura sociale approvata dalla Camera dei Deputati, in cui le Regioni definiscono le linee guida, ma in mancanza degli interventi regionali è lo Stato a intervenire. Veneto e Liguria hanno già definito le linee guida, aspetto cruciale per il modo in cui le pratiche di agricoltura sociale possono prendere forma attraverso l’interazione di Comuni e Asl. Il primo territorio che in Italia ha formalizzato procedure di riconoscimento delle pratiche di agricoltura sociale è stata la Società della Salute della Valdera (www.sdsvaldera.it), in Toscana, in un percorso che vede discussioni al quale partecipano pubblico e privato. È nata così una carta di principi, una modalità per riconoscere e registrare i portatori di progetto di agricoltura sociale, che ha codificato dieci tipologie di servizio di agricoltura sociale per le diverse tipologie di utenza.
Tra i progetti presentati, “I Buoni Frutti”, un marchio e un sistema di franchising per il sociale che caratterizza chi produce e lo rende riconoscibile a chi acquista: è un progetto di “AiCARE” (www.aicare.it) e del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa, il cui obiettivo è quello di valorizzare i prodotti realizzati all’interno di percorsi di agricoltura sociale e promuovere buoni progetti di agricoltura sociale mediante la diffusione di modelli di lavoro testati. È un modello originale di franchising sociale nel campo dell’agricoltura e del welfare, fondato su un marchio e su un’idea di agricoltura sociale innovativa come esperienza di incontro fra persone e comunità. “I Buoni Frutti” è un sistema di rete che consente alle persone di lavorare insieme e condividere valori ed obiettivi sociali e lega i diversi soggetti coinvolti: ricerca e sistema delle competenze tecniche responsabili e gestori del marchio, imprenditori sociali, servizi sociali, consumatori, territori e soggetti di diversa natura a livello locale. Il marchio “I Buoni Frutti” fornisce alle imprese e ai territori un forte elemento identitario, in quanto rappresenta l’aspetto tangibile di appartenenza al network (franchisees e franchisor) dell’agricoltura sociale in Italia che condivide le finalità e i valori espressi nel Manifesto I Buoni Frutti (www.ibuonifrutti.eu).
Proprio con lo scopo di favorire la conoscenza dell’agricoltura sociale, il Cesvot - Centro Servizi Volontariato Toscana, ha illustrato il proprio percorso, realizzato insieme al Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa nel 2012: “Agricoltura sociale e volontariato in Toscana”. Il lavoro elabora due diversi livelli di lettura. Un primo livello di conoscenza generale che si rivolge a ciascuna tipologia di associazione, indipendentemente dal tipo di sentiero che intende intraprendere e un livello di approfondimento per il quale ciascuna associazione può approfondire la parte specifica collegata al suo percorso di sviluppo. Il lavoro è scaricabile dal sito del Cesvot.
L’agricoltura sociale apre possibilità per generare sistemi ibridi di impresa collaborativi, come dimostra l’esempio di “Cavoli Nostri”. Nata sui terreni del Cottolengo nella cinta periurbana torinese, Cavoli Nostri è una cooperativa sociale agricola capace di creare valore economico e sociale mediante una intelligente ed appassionata attività che lega professionalità agricola, coinvolgimento di persone autistiche della comunità del Cottolengo di Feletto e una rete di produttori agricoli responsabili che partecipano ad una rete di agricoltura sociale avviata da Coldiretti Torino. L’esperienza di collaborazione assicura oggi lavoro inclusivo e nuove posizioni di lavoro sostenute dai soli processi produttivi agricoli avviati anche grazie alla capacità imprenditoriale degli agricoltori della rete. Esempio replicabile dove la collaborazione viene posta al centro del processo di innovazione sociale.

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