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Di “valorizzazione compatibile” di monumenti e paesaggi rurali, ovvero implementare l’esistente per farlo rinascere ma anche rendere economicamente, come “cornice culturale” di prodotti. Le riflessioni a WineNews del celebre architetto Cesare Feiffer

Di compatibilità tra conservazione e valorizzazione del paesaggio - sulla quale, com’è noto, c’è una ricca letteratura in materia - se ne parla molto, e spesso quando si tratta di paesaggio rurale. Ma le realizzazioni concrete sono poche. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: molti “professionisti e committenti ritengono che il problema di tutela si esaurisca con l’approvazione in commissione paesaggistica di progetti”, fatti di simboli e grafici, ma dove il paesaggio, e ogni sentimento, scompaiono, e con esso alberi, case, campi coltivati. Il secondo fattore è che “quando si parla di paesaggio ci si concentra sul crearne uno nuovo, mentre quello esistente diviene solo uno sfondo. Tutto il contrario di come dovrebbe essere”. Soprattutto per quei paesaggi storici e naturali che arricchiscono l’Italia, che le trasformazioni non hanno sconvolto e dove “l’intervento va calibrato e orientato in base ai valori dell’esistente”. A dirlo è il celebre architetto italiano Cesare Feiffer, che ha segnalato a WineNews le sue riflessioni pubblicate sul magazine “Slow Economy” e “recuperoeconservazione”, la rivista mensile che dirige (www.recuperoeconservazione.it), su quella che definisce “valorizzazione compatibile a misura di paesaggio”.
In parole semplici, quando il riuso compatibile di un monumento e del paesaggio che lo racchiude va di pari passo con la valorizzazione e la capacità di far rendere economicamente i monumenti. Che, tradotto nel mondo del vino, vuol dire, ad esempio, far sì che la terra e i monumenti architettonici che ci sono, diventino la “cornice culturale” dei frutti del lavoro, puntando sulla connessione tra il vino e gli altri valori storico-artistico-paesaggistici, e il necessario sviluppo commerciale-economico, facendo rinascere e rendendo fruibili spazi magari abbandonati (ospitando ristorazione, ricettività, eventi, degustazioni, scuole di cucina, punti vendita …). Con il risultato che il vino non si apprezzerà solo per le sue caratteristiche enologiche, ma diviene tutt’uno con i valori della storia, della cultura, della tradizione, dell’arte, dell’architettura di uno specifico territorio.
Quando invece in primo piano c’è il paesaggio, anziché il monumento, si può prendere ad esempio lo “straordinario paesaggio delle colline del Barolo”, dove il vigneto, dice Feiffer, “seppure costituisca innovazione e “alterazione” di un sito naturale che in origine ne era privo è sicuramente all’interno della trasformazione compatibile”. Una trasformazione che, se ben compresa, porta ad una “valorizzazione compatibile” (“sconosciuta ai vertici ministeriali del Mibac”) e “a misura di paesaggio”, di cui, per l’architetto, sono esempi nuovi e originali di creatività applicata ai beni culturali e paesaggistici i percorsi a piedi o in bici, sull’esempio del Cammino di Santiago (in pulman o in auto il paesaggio non si “sente”), che propongono esperienze sensoriali nel rapporto con il paesaggio, implementano i valori che può offrire, portano un turismo non banale e di massa ma di élite e spessore culturale, generano una filiera lunga economica, producono una crescita progressiva dei soggetti coinvolti, fanno conoscere territorio e cultura locale, nel rispetto, appunto, del paesaggio.
“Quanti di questi turismi colti, rispettosi ed ecologici si possono “inventare” nella nostra Italia? - chiede Feiffer (il cui studio Feiffer & Raimondi ha, tra gli altri, ha valorizzato il complesso di Villa Bertoldi della Società Agricola Palazzo Bertoldi-Stefani, sito di rilievo monumentale e paesaggistico, immerso tra i vigneti a Negrar, facendolo rinascere dall’abbandono) - infiniti perché infiniti sono i siti, i contesti, i borghi, gli elementi monumentali o paesaggistici che un percorso intelligente di valorizzazione potrebbe connettere. Ci sono la natura, i beni culturali, la cultura del bere e del mangiare, l’accoglienza che noi sappiamo offrire”.
Per Feiffer la “mancanza di visioni delle opportunità che un riuso corretto può conferire al bene storico è purtroppo caratteristica della maggioranza degli operatori privati e pubblici italiani; così il patrimonio deperisce, non tanto per l’assenza di fondi, ma per l’assenza di una visione economica (compatibile) del patrimonio culturale, e per la conseguente mancanza di coniugare in modo rispettoso cultura storico-architettonico-paesaggistica e il necessario sviluppo commerciale-economico”.
La conseguenza, per il celebre architetto, è lo stato di degrado e alterazione in cui vive il paesaggio culturale. “Uno stato che vede la prassi operativa della valorizzazione-conservazione del paesaggio in maniera assai arretrata perché sostanzialmente priva di esperienze realizzate; e infatti mancano gli esempi pratici che, si sa, sono il corollario finale di un lungo processo di acculturamento e sensibilizzazione. Come nel restauro architettonico, anche in quello del paesaggio, da un lato la qualità dei risultati è data dalla specializzazione e dalla cultura, dall’altro gli esempi trasmettono più facilmente procedure e soluzioni potendo facilmente adattare il metodo ad altre realtà. Le ragioni di tale povertà culturale sono dovute dal fatto che in Italia si è praticamente scoperto il paesaggio poco prima dell’Expo e sebbene ora chiunque si schieri a favore della sua conservazione e del riuso compatibile delle risorse naturali e contrario alla proliferazione del cemento, in realtà questa è una cultura assente a tutti i livelli: professionale, universitario e politico”.

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