“Bisogna amare quel che si sa fare. C’è un sentimento di scoraggiamento diffuso in Italia. Ma gli italiani devono tornare a innamorarsi di se stessi”. A scaldare gli animi su quanta bellezza e quanto saper fare esistono nel nostro Paese, è la produttrice di vino Marina Cvetic, relatrice al seminario “Le 4 potenze dell’enogastronomia italiana”, di scena ieri a Expo 2015 a Milano, a Padiglione Italia. Anche perché, la fiducia in se stessi e la consapevolezza del proprio valore, ha esortato lo chef italiano Enrico Derflingher, sono fondamentali all’estero, dove “gli italiani devono imparare a valorizzare i loro prodotti”. Proprio il saper fare del resto, ha permesso all’Italia di creare prodotti straordinari ed esportarli in tutto il mondo: per Angelo Gaja, le “roi” del vino italiano, il saper fare, tra le qualità dell’artigiano, è avere un proprio progetto in testa, una cosa ben chiara da realizzare a modo proprio. Siamo o non siamo il Paese della “Grande bellezza”? “È una condizione normale, un aspetto della vita - secondo il maestro Gualtiero Marchesi (che ha annunciato anche una novità a Milano: l’apertura, l’8 settembre, del “Marchesi nel Marchesino”, uno speciale spazio da 20 coperti) - in cucina la bellezza è sintesi e semplicità. È togliere anziché aggiungere, bisogna esaltare la materia prima”. “Materia e creatività: da questo connubio scaturisce la bellezza” secondo Maurizio Riva, uno dei massimi designer italiani. L’Italia è ricca di case history della capacità di oltrepassare il limite e immaginarsi strade dove prima non c’era nulla, limite che, per il neurochirurgo Vittorio A. Sironi, “attiva i meccanismi che sono alla base della creatività, anche in gastronomia”. Ideato e condotto dal giornalista Paolo Massobrio, l’autore de “Il Golosario” ha accompagnato 15 personaggi nel racconto del saper fare, della bellezza, dell’oltrepassare il limite e della visione del futuro. Al tavolo dei relatori si sono alternati Gualtiero Marchesi, Maurizio Riva, Paolo Pejrone, Enrico Derflingher, Angelo Gaja, Massimo Spigaroli, Teo Musso, Marina Cvetic, Nicola Boscoletto, Vittorio A.Sironi, Alessandro Piana, Eleonora Bertolone, Aldo Bongiovanni, Marzio Nocchi e Plinio Agostoni.
Marina Cvetic, straniera (arrivata dalla Croazia per amore), donna, rimasta giovane vedova con figli, non imprenditrice improvvisamente ritrovatasi alla guida di una tenuta agricola - Masciarelli, ora una delle cantine più rappresentative in un territorio non facile come l’Abruzzo - ha parlato rappresentando la “potenza del limite”. Forse nessuno meglio di lei poteva rappresentare il modello esemplare di come i limiti possano essere superati.
Quello dell’artigiano alimentare italiano incarnato da Massimo Spigaroli, produttore di culatello che ha insegnato come utilizzare la carne di maiale al principe Carlo d’Inghilterra, è un esempio invece della “potenza del saper fare”. “Negli anni ’50 e ’60, quando la massima aspirazione della gente di campagna sembrava quasi quella di andare a fare il portinaio a Milano, ho deciso di rimanere sul territorio nel mio Polesine Parmense” e oggi è un ambasciatore della cucina italiana nel mondo. Prodotti che non mancano mai nei ristoranti italiani che lo chef italiano Enrico Derflingher ha aperto a Tokio, dove ha vissuto nove anni. Oggi il presidente di Euro-Toques, l’associazione internazionale degli chef, che ha cucinato per George Bush senior e per la Royal Family, è lo chef di Villa Lario. “Il grande ristorante all’estero è italiano e non più francese - ha detto - ma gli italiani devono imparare a valorizzare i loro prodotti: all’estero due su tre sono imitazioni”. Il saper fare è anche l’arte di creare prodotti straordinari ed esportarli in tutto il mondo. Come ha fatto Angelo Gaja. Per il più noto produttore italiano di vino nel mondo (“che la gente ferma per strada in California”, conferma Derflingher), il saper fare è avere un proprio progetto in testa, una cosa ben chiara da realizzare a modo proprio. “È stata mia nonna, quando avevo undici anni, a dirmi che avrei dovuto fare l’artigiano e a spiegarmi che l’artigiano ha quattro qualità: fare, saper fare, saper far fare e far sapere. All’epoca non avevo capito, ma mi è stato ben chiaro dopo. E nel vino fare l’artigiano significa che il progetto parte dal vigneto, l’artigiano del vino non compra l’uva”.
“La bellezza è una condizione normale, un aspetto della vita - dice il maestro Gualtiero Marchesi, simbolo della “potenza della bellezza” - in cucina la bellezza è sintesi e semplicità. È togliere anziché aggiungere, bisogna esaltare la materia prima: alla carne e al pesce non è necessario aggiungere nulla, nemmeno il sale. Bisogna possedere perfettamente la tecnica e poi dimenticarsene” è la provocazione di Marchesi che ha aggiunto “non guardo la tv né quello che fanno i cuochi nei reality show. Mi sembra che facciano di tutto anziché togliere”. “Materia e creatività: da questo connubio scaturisce la bellezza” ha spiegato Maurizio Riva, produttore di mobili in legno senza prodotti chimici titolare di Riva 1920 che ha fatto riutilizzare le barrique di San Patrignano destinate al macero per farne mobili. “Più sostenibile è, più bello è - ha detto l’architetto del verde Paolo Pejrone - oggi si devono fare giardini essenziali, che non hanno bisogno di molta acqua, altro che prati all’inglese”. Ma sulla bellezza del paesaggio italiano è fortemente critico: “il territorio è stato sfregiato dai capannoni e da una pessima pianificazione. Le coste sono completamente rovinate. Sono belle le montagne”.
La capacità di oltrepassare il limite e immaginarsi strade dove prima non c’era nulla è esemplificata dalla storia di Teo Musso, che si è inventato - in un Paese ai confini delle Langhe del vino - la birra artigianale italiana, aprendo un fenomeno che oggi annovera 500 micro-birrifici. Poi c’è chi ha un limite fisico, come le sbarre di un carcere. È la storia di “Giotto”, la cooperativa nata e cresciuta all’interno del carcere “Due Palazzi” di Padova, diventata nell’arco di pochi anni un laboratorio di alta pasticceria artigianale e un fenomeno che ha fatto il giro del mondo. “Quando alle persone viene data una reale possibilità di cambiamento, la abbracciano”, ha detto il presidente e fondatore del consorzio sociale Nicola Boscoletto. Il superamento del limite è anche una questione mentale, come ha spiegato Vittorio A.Sironi, specialista neurochirurgo, esperto di neuro-gastronomia e di neuro-etica dell’Università di Milano Bicocca: “il limite è un’opportunità, non è solo la fine ma anche l’inizio di qualcosa. Nei processi creativi di un artista si attiva la stessa parte del cervello che si attiva quando un imprenditore fa un progetto innovativo. Il limite attiva i meccanismi che sono alla base della creatività, anche in gastronomia”.
La “potenza del futuro”? Il futuro è poi l’apice di questo percorso, che nasce dalle altre tre potenze. Racconta di tecnologia che permette di rivoluzionare le colture tradizionali, come ha fatto Alessandro Piana che ha appena terminato la serra dove cresce lo zafferano in aeroponica. Oppure Eleonora Bertolone, che giovane laureata ha ereditato le risaie dal nonno e ha rilanciato una varietà di riso quasi dimenticata, il Rosa Marchetti. O ancora Aldo Bongiovanni, che giovanissimo ha scommesso sul mulino di famiglia e sui grani antichi combinandoli con la vendita sul web. Futuro è anche un progetto che coniuga salute e alimentazione come quello lanciato dall’imprenditore Marzio Nocchi, che a Milano ha aperto il suo nuovo concept di ristorante, il Papillarium di Amati. O ancora un progetto che insegna come business ed etica possano essere uniti, quella della Icam, azienda produttrice di cioccolato che ha aiutato i contadini del Perù ad affrancarsi e a sostituire la coltivazione della coca con quella del cacao. “La mia azienda - ha detto Plinio Agostoni - compra il 50% del cacao biologico prodotto dalla cooperativa in Perù. Li abbiamo aiutati a essere più produttivi e adesso coltivare cacao biologico rende più della coca”.
Fausta Chiesa
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