Hanno più di 3.200 anni, vengono dalla Sardegna e potrebbero riscrivere una pagina della storia del Mediterraneo: sono i “vinaccioli” coltivati dai popoli nuragici, antichi abitanti della Sardegna, presentati oggi ad Expo nel Padiglione Coldiretti. Secondo gli esperti che li hanno portati, possono essere datati nel 1.200 a. C., e dimostrano che il vino nel Mediterraneo non si diffuse nel VII secolo a.C. grazie ai fenici, ma ben quattro secoli prima, dalla Sardegna. A raccontarne la storia sono l’archeologo Franco Campus e il ricercatore di Agris Sardegna, Gianni Lovicu. I vinaccioli sono stati rinvenuti negli scavi di Sa Osa, nel comune di Cabras (Oristano).
All’esame del carbonio-14 sono stati datati del 1200 a.C.. Potrebbero dunque aver prodotto “il vino più antico del Mediterraneo”, ha spiegato Campus. “Prima della scoperta - ha detto l’archeologo - si pensava che il vino fosse stato introdotto nella nostra penisola dai Fenici, attorno all’VII secolo a.C. Ora possiamo retrodatare l’introduzione dell’attività della trasformazione della vitis vinicola in Italia e pensare che, al contrario, siano stati proprio i sardi ad esportare per primi il vino nel Mediterraneo”.
Un ribaltamento dello scenario, confermato anche da Lovicu: “nell’agosto del 2014 - ha detto il ricercatore - al largo di Malta è stato ritrovato il relitto di una nave fenicia risalente al IX secolo a.C. Il suo carico, perfettamente conservato, era composto per la maggior parte dalle anfore e brocche “askoidi” di Sant’Imbenia, tipiche della nostra isola. I fenici, quindi, importavano vino sardo”. Dalle analisi realizzate sui recipienti di Sa Osa è emerso che i Nuraghi amavano sia il vino rosso che quello bianco. In particolare, tracce di quest’ultimo sono state rinvenute su resti funebri: “questo ci fa pensare che il vino avesse un ruolo importante durante riti di questo tipo”, ha spiegato l’archeologo.
“Purtroppo non abbiamo ancora elementi per sapere quale fosse il grado alcolico o come venisse consumata la bevanda se, ad esempio, resinato o mescolato in acqua, come nel Vicino Oriente o nell’Antica Grecia”, ha aggiunto. Impossibile anche ricreare le antiche viti a partire dai vitigni di Sa Osa: “se aprissimo i semi - spiega Lovicu - scopriremmo che dentro sono completamente vuoti e, quindi, incapaci di generare piantine”. Il sapore degli antichi vini sardi rimarrà quindi un mistero, ma la loro scoperta “contribuisce ad accrescere il fascino della nostra terra - ha concluso Campus - che, anche in ambito enogastronomico, riserva continue sorprese”.
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