Passata la cultura dello sfamare del nostro Dopoguerra, e con il valore della qualità del cibo che ora prevale sul mito della quantità, “oggi, dopo tanti sforzi fatti per l’accessibilità del cibo a basso costo, c’è una nuova fase di sviluppo e una nuova felicità del cibo che appaga non solo per il gusto, ma quando fa stare bene a tavola in scelte giuste per la nostra salute e per quella del pianeta”. Lo ha
detto Paolo Barilla, vicepresidente del Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn), aprendo un confronto con le istituzioni, dal viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero e alla senatrice Leana Pignedoli (Pd), in un dibattito su cibo e sostenibilità promosso a Roma dalla Fondazione alla vigilia dell’“Earth Day”, la Giornata Mondiale della Terra, che si celebra domani, che si celebra in tutto il mondo, con appuntamento centrale a New York dove il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e i leader mondiali ratificheranno la Cop21, lo storico accordo sul clima siglato a dicembre 2015 a Parigi..
Nel quotidiano, ha osservato Paolo Barilla, “spesso ci alziamo da tavola moderatamente felici perché sappiamo di non esserci comportati in modo responsabile per il nostro benessere e per il capitale naturale che ci circonda. Ma non siamo stati educati - lamenta l’industriale della pasta e del dolciario - a una dieta sostenibile; non abbiamo avuto l’educazione per essere proattivi. Su questo tema lungimirante, per il quale si giocherà anche la sfida di sfamare un pianeta abitato nel 2015 da oltre 9 miliardi di persone, serve formazione fin da bambini. Di Dieta Mediterranea ne parliamo più di quanto pratichiamo, e nei supermercati gli eccessi, nelle referenze e nelle porzioni, creano un’offerta confusiva. È finita l’epoca del mangiare per tutti a basso costo, dobbiamo correlarci agli effetti degli squilibri a tavola. E Bcfn ha scoperto grandi opportunità di crescita globale nella lotta alla malnutrizione, quella degli eccessi a tavola, della fame nel mondo, delle produzioni di cibo che mangiano il pianeta, impoverendo il suolo e l’acqua”.
Focus - “Earth Day”, Coldiretti: “-28% della terra in Italia per colpa dell’ultima generazione, tra cementificazione e abbandoni”
“L’ultima generazione è responsabile della perdita in Italia del 28% della terra coltivata per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari”. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione dell’edizione n. 46 dell’“Earth Day”.
Solo una pianta da frutto su tre, sottolinea la Coldiretti, si è salvata negli ultimi quindici anni con la scomparsa di oltre 140.000 ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti, che rischiano di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della Dieta Mediterranea. La situazione non è migliore per le fattorie, da dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore negli ultimi dieci anni con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c’è anche il primato dell’enogastronomia made in Italy con la dipendenza dall’estero che per carne, salumi, latte formaggi che è vicina al 40%. Minacciate di estinzione, precisa la Coldiretti, sono ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione.
Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono, continua la Coldiretti, i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il risultato è che sono saliti a 7.145 i Comuni italiani, ovvero l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Di questi 7.145 Comuni, viene specificato nel documento, 1.640 hanno nel loro territorio solo aree a derivata propensione a fenomeni franosi, 1.607 sono invece i Comuni a pericolosità idraulica e 3.898 quelli in cui coesistono entrambi i fenomeni. Le Regioni con il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico sono sette: Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste si aggiungono Calabria, Provincia di Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania e Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%.
Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia, sostiene la Coldiretti, deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola. Per questo, conclude la Coldiretti, occorre combattere concretamente i due furti ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente.
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