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Fra contraffazione, “Italian sounding” e marchi (colpevolmente) simili agli originali, il “Made in Italy” agroalimentare ha davanti un’enorme sfida, quella dei diritti di proprietà intellettuale. Che si difendono prima di tutto coi trattati

Per un settore sempre più chiave per l’intera economia italiana come il “Made in Italy” agroalimentare, che vive di export ai quattro angoli del globo, il pericolo principale, e quello decisamente più tangibile, è uno: la contraffazione, unita a tutte le altre violazioni di proprietà intellettuale che consentono di lucrare veicolando sul mercato prodotti sicuramente inferiori agli originali, e che spesso, purtroppo, ingenerano nei consumatori anche la convinzione di esserlo. Il tema è senza dubbio spinoso, perché ad ogni partner commerciale si applicano dei diritti di origini diverse, con legislazioni disomogenee e che - non di rado - non aderiscono a trattati internazionali multipli, lasciando il settore produttivo in acque inesplorate. Ed è per questo che, oggi, a Trento, si è discusso del tema, nel convegno “Cum Grano Salis”, dedicato ai diritti di proprietà intellettuale nel settore wine & food, organizzato dallo Studio legale specializzato Barzanò & Zanardo, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole e con l’Istituto TrentoDoc.
“Per gli strumenti di tutela”, ha detto Valeria Conidi, avvocato e consulente in marchi dello studio a colloquio con WineNews, “c’è innanzitutto il marchio collettivo, poi le denominazioni, per il settore vino, mentre nel settore agroalimentare si parla di Dop, Igp e anche qui di marchio collettivo - questi sono gli strumenti riconosciuti a livello italiano, comunitario e internazionale”
. E, non sorprendentemente, “la contraffazione è il problema essenziale, prodotti che si spacciano per essere “Made in Italy” e non lo sono: e intendiamo anche l’“Italian sounding”, il voler richiamare a marchi famosi, e da questo punto di vista abbiamo i casi della sentenza sul Parmesan, ma anche la recente sentenza verso Gorgonzola, che ha ottenuto una forma di tutela contro chi cercava di copiarne la parte finale del nome. Ce ne sono veramente molti, di tentativi di contraffazione del marchio, specialmente dei più famosi”.

Il fatto di avere a che fare ogni volta con legislazioni differenti non semplifica certo le cose, anzi: “ci sono Paesi che si oppongono alle tutele dei marchi italiani, come gli Stati Uniti nel caso delle denominazioni. Purtroppo la legislazione, a parte il livello comunitario, non è armonizzata a livello mondiale, e le forme di tutela non sono garantite per tutti e in tutti gli stati nello stesso modo. L’Italia è il paese maggiormente sensibile, ovviamente, alla tutela dei marchi agroalimentari e del vino, ed è giusto poter tutelare le nostre eccellenze”.
Ma per farlo, la strada è una sola, ovvero quella dei dialoghi tra i singoli governi, con “trattative continue per cercare di raggiungere un’armonizzazione”. Trattative che, però, sono condizione necessaria ma non sufficiente per arrivare a una tutela vera e tangibile, dato che poi sta al paese firmatario farli rispettare sul suo territorio e dai propri cittadini: e questo, purtroppo, non vale solo per la controparte ma anche per l’Italia stessa.

“L’applicazione delle leggi - ha puntualizzato Valeria Conidi, avvocato e consulente in marchi dello Studio legale specializzato Barzanò & Zanardo - può solo stare alle autorità, e le forme di contraffazione alimentare sono veramente tante e accadono quotidianamente, anche nel nostro Paese. Gli organi competenti si stanno tutti mobilitando, noi collaboriamo con l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, e con l’Ufficio dei Marchi dell’Unione Europea, e tutti gli operatori sono molto più sensibili al tema: lo stesso Ministero delle Politiche Agricole è molto attivo su questo, e spesso segnala forme di depositi di marchi che violano Dop o Doc direttamente ai titolari”.

In ultima analisi, quindi, il “pallino” della questione è in mano alle autorità governative, e quindi, alla politica: un primato che senz’altro le spetta, ma che è anche un fardello assai oneroso, considerando quanto le eccellenze agroalimentari del nostro Paese finiscono con l’essere costantemente sotto assedio - se non quando sotto un frustrante scacco - per colpa delle maglie troppo larghe delle legislazioni globali.

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