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In Russia l’embargo sui prodotti alimentari europei e occidentali resta fino al 31 dicembre 2017: in due anni l’Italia ha perso 600 milioni di euro, e il falso made in Italy, prodotto in territorio russo, ma anche in Svizzera e Brasile, prospera

In Russia l’embargo nei confronti dei prodotti alimentari europei e occidentali resta fino al 31 dicembre 2017. Così ha deciso il Cremlino, così ha deciso il presidente Vladimir Putin, e la notizia non può che destare preoccupazione in tutto l’agroalimentare del Belpaese che, come ricorda la Coldiretti, negli ultimi due anni, dall’inizio dell’embargo, ha perso 600 milioni di euro, per metà a causa del completo azzeramento delle spedizioni di ortofrutta, formaggi, latticini, carni e salumi. L’agroalimentare, del resto, è l’unico settore ad essere colpito direttamente dall’embargo totale sancito dalla Russia, con una lista di prodotti per i quali è del tutto vietato l’ingresso: frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, come detto, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. A rendere più pesante il bilancio, è il fatto che al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato, di fatto, le esportazioni anche negli altri settori, con il risultato che le esportazioni made in Italy nel paese di Putin sono scese al minimo da almeno un decennio, con una perdita stimata nei due anni di 7,5 miliardi sui valori precedenti l’embargo.
Le tensioni commerciali con la Russia, spiega la Coldiretti, hanno interrotto bruscamente una crescita travolgente delle esportazioni agroalimentari italiane verso la Russia che, nei cinque anni precedenti il blocco, erano più che raddoppiate in valore (+112%). A salire sul podio dei prodotti agroalimentari made in Italy più colpiti direttamente dall’embargo in termini di taglio in valore delle esportazioni sono, nell’ordine, l’ortofrutta, per un valore di 149 milioni di euro (mele, kiwi e pesche), poi i prodotti lattiero-caseari, per un importo di 80 milioni di euro principalmente per Grana Padano e Parmigiano Reggiano, e infine le carni e i salumi, con perdite di 39 milioni di euro. In termini quantitativi, nei due anni di embargo, secondo le stime Coldiretti, sono stati “respinti” dalle frontiere russe 39,4 milioni di chili di mele italiane, soprattutto della varietà Granny Smith dal colore verde intenso e sapore leggermente acidulo, ma anche 29,5 milioni di chili di uva da tavola, 29,9 milioni di chili di kiwi, 2,8 milioni di chili di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, 14,2 milioni di chili di pesche e nettarine e 85.000 prosciutti di Parma e San Daniele a denominazione di origine.
Ma l’embargo non basta certo a frenare la voglia di made in Italy dei russi che, per aggirare l’embargo, hanno deciso di percorrere due strade, una, se possibile, più dannosa dell’altra per le produzioni del Baelpaese:
la prima risposta è in un potenziamento dell’industria alimentare locale, con nuovi investimenti realizzati per aumentare la produzione di formaggi, che è già cresciuta del 20% negli Urali Centrali, ma sono previsti nuovi caseifici nella regione Sverdlovsk per coprire fabbisogni di formaggi duri e molli, dalla mozzarella al parmigiano. Nella stessa Regione è in fase di sviluppo, con nuovi grandi macelli per maiali, anche l’industria della carne e dei salumi. “Russkiy Parmesan” viene prodotto insieme al gorgonzola a 60 chilometri da Mosca nel villaggio di Dubrovskoe, ma nelle principali catene del Paese sono in vendita con nomi italiani mozzarella, ricotta, mascarpone, robiola Made in Russia, ma anche diversi tipi di salame Milano (миланская), di mozzarelle “ciliegine”, di scamorze (скaморЦa), insalata toscana (Тоскана) Buona Italia e pizza Sono Bello Quatro formaggi, con tanto di errore grammaticale, ma anche il prosecco della Crimea.
L’altra strada è, invece, quella del falso made in Italy importato dai Paesi risparmiati dall’embargo, come la Svizzera, la Bielorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le esportazioni dei cibi italiani taroccati. Nei supermercati russi è possibile infatti trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine Brasiliana o Argentina. In effetti, rileva la Coldiretti, alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane in Russia si sommano quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy. Il rischio riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre in altri sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu.

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