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La birra artigianale ha la sua legge con via libera del Senato al Collegato Agricoltura, che definisce artigianale “la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti (fino a 200.000 ettolitri) e non sottoposta a pastorizzazione e microfiltrazione”

Non Solo Vino

Dopo la definizione, contenuta nell’articolo 4-bis del Collegato Agricoltura del 4 marzo, di birra artigianale, che stabilisce che “si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione”, arriva anche il voto definitivo del Senato, che sancisce il riconoscimento e la tutela dei micro birrifici del Belpaese, tutelati, nello specifico, dall’articolo 35: “si intende per piccolo birrificio indipendente, ai fini della norma del comma 1, un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi”.

Il merito, però, non è solo della politica, ma anche del mondo imprenditoriale, che ha visto Giuseppe Collesi, presidente della Fabbrica della Birra Tenute Collesi, farsi promotore di un cambiamento per lungo tempo reclamato dal settore, e accolto dal mondo politico nei suoi tre punti chiave. Primo, il processo produttivo: nella birra artigianale si prende in considerazione l’apporto umano, escludendo processi come la pastorizzazione e la microfiltrazione (caratteristici, invece, del processo industriale), che inevitabilmente alterno il prodotto impoverendolo delle sue proprietà organolettiche e nutrizionali. “In questo senso - sottolinea Collesi - la qualifica di “birra artigianale” si prepara a diventare un brand sinonimo di qualità, in virtù non solo delle materie prime ma anche, e soprattutto, del metodo di lavorazione”.

Secondo punto, l’indicazione in etichetta: “sarebbe stato folle - spiega ancora Collesi - continuare a regolamentarla secondo le disposizioni della Legge quadro 443/1985 per l’artigianato, che si limita a definire l’impresa artigiana secondo il criterio della dimensioni, trascurando appunto fattori essenziali come qualità degli ingredienti e metodi di lavorazione”. Si trattava di una distorsione normativa, che ha creato confusione e penalizzato fortemente le aziende, anche d’eccellenza, quando non ha generato vere e proprie contraddizioni. Perché, ad esempio, le categorie attribuibili per legge al prodotto-birra erano finora soltanto cinque, a seconda del grado plato: birra, birra analcolica, birra leggera (o light), birra doppio malto e birra speciale. Mentre nulla si è mai detto per altre denominazioni, commercialmente assai diffuse (tra cui “Lager”, “Ale” o “Stout”) che infatti dal punto di vista legislativo non hanno alcun valore.

Terzo, la provenienza delle materie prime. La nuova legge non adotta criteri specifici in questo senso, ma accoglie la sollecitazione dell’Onorevole Chiara Gagnarli a incentivare le produzioni italiane di colture come il luppolo. Un passaggio che riporta alla proposta di Collesi, dove si dichiarava prematuro attribuire la definizione di birra artigianale alla provenienza italiana di tutte le materie prime. «In primis, il luppolo, la cui produzione sul territorio nazionale è ancora troppo bassa per soddisfare infatti tutti i nostri birrifici» aveva evidenziato Giuseppe Collesi. Ad avvalorare questa tesi, durante l’audizione del 13 gennaio alla Commissione Agricoltura, erano stati anche il Dottor Tommaso Ganino del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università degli Studi di Parma ed Eugenio Pellicciari di Italian Hops Company, realtà nata da un progetto di ricerca della stessa università. La nuova legge dunque attribuisce al Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali il compito di favorire, compatibilmente con la normativa europea, il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati.

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