Il mondo celebra la pasta, e alla viglia del “World Pasta Day” n. 20, di scena domani a Dubai, i numeri raccontano un settore in salute in ogni angolo del mondo, dove un piatto di pasta su 4 parla italiano, con la quota export della pasta tricolore che è passata, negli ultimi 20 anni, da 740.000 a 2 milioni di tonnellate, come raccontano i dati Aidepi, l’Associazione delle industrie del Dolce e della Pasta Italiane. In Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti, che valgono la metà della quota export totale di pasta, la crescita media delle esportazioni nei primi 7 mesi del 2018 è stata del +8%, con punte del +11% in Francia. Allargando lo sguardo al resto del mondo, le performance più rilevanti si registrano in Olanda, Polonia, Arabia Saudita, Australia, Corea del Sud e Ecuador. Da segnalare anche l’ottima performance della Russia, dove nei primi 7 mesi del 2018 l’export di pasta segna una crescita del +72,5%, per un quantitativo di 20.000 tonnellate, non lontano dalla quota export complessiva del 2017 (23.000 tonnellate).
Bene i numeri, ma cambia l’offerta, che deve giocoforza incontrare i gusti e le necessità dei consumatori: tra pasta integrale, biologica, senza glutine, quella di semola di grano duro resta comunque di gran lunga la più consumata, con gli spaghetti ancora al top tra i formati. La vera novità, come ricorda invece la Coldiretti, arriva dai grani, con il boom dei grani antichi. Come il Senatore Cappelli, che nel 2017-2018 ha aumentato del 400% le superfici coltivate, passando dai 1.000 ettari del 2017 ai 5.000 attuali, trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità. Il “Senatore” Cappelli, sottolinea la Coldiretti, è ora il grano duro antico più coltivato in Italia, dove è stato selezionato nel 1915, e dopo essere quasi scomparso nella metà degli anni Nonvanta, ma tra i grani salvati dall’estinzione ci sono anche il Timilia, il Russello, il Saragolla e molti altri. Una riscoperta legata, secondo la Coldiretti, anche all’entrata in vigore in Italia dell’etichetta made in Italy per la pasta, che ha portato alla nascita di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo e Voiello.
Tornando ai numeri, nell’ultimo anno le varianti salutistiche di pasta (integrale, bio, senza glutine, kamut, farro, con semole speciali) hanno mostrato tassi di crescita vicini al +12%, con punte del +18% nel caso della pasta integrale. Anche se nei volumi il peso della pasta di semola tradizionale rappresenta ancora l’85% del mercato, con gli italiani che si confermano i maggiori consumatori al mondo di pasta (23 chili pro capite all’anno),</b< dove la mangiano tutti, o quasi (99%) i nostri connazionali, in media circa 5 volte a settimana. Con una curiosità: il 46% la considera come l’alimento preferito, per ragioni di gusto o di salute (dati Doxa-AIDEPI). Ma l’Italia è anche il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 4,3 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia, che da sole rappresentano circa il 40% della produzione nazionale.
Focus - Come riconoscere una pasta di qualità
La qualità della pasta è il risultato sia della qualità della materia prima che del processo produttivo adottato. Tra gli elementi che bisogna considerare c’è innanzitutto il colore: una pasta di qualità deve avere una tonalità di giallo ambrato omogeneo, senza puntini chiari o scuri. Anche la limpidezza dell’acqua è un indizio importante, perché significa che la pasta limita il rilascio dell’amido e questo è garanzia di una migliore tenuta in cottura. Un’altra caratteristica importante è la consistenza della pasta dopo cottura in quanto il consumatore richiede una determinata resistenza al morso, ossia “al dente” e non gradisce una pasta che sia collosa durante la masticazione. Per quanto riguarda la materia prima, è importante scegliere varietà di grano di qualità. “Il glutine si forma durante il processo di impastamento dall’unione di due proteine di riserva del frumento: gliadine e glutenine - spiega il professor Stefano Benedettelli del Dipartimento di Scienze Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze - e la qualità tecnologica dipende sia dalla quantità di glutine che dalla sua qualità (composizione chimica)”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024