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VERSO IL 26 MAGGIO

“Vino italiano chiama Europa”: Federvini, Unione Italiana Vini e Federdoc in vista delle elezioni Ue

Continuità (e miglioramenti) su misure come l’Ocm Vino, e grande impegno nei trattati internazionali i principali auspici della filiera

Continuità su misure come l’Ocm Vino, in particolare sul fronte promozione, migliorando e correggendo dove necessario e possibile; avanzamento di dossier già a buon punto, come quello sull’etichettatura e sulle informazioni nutrizionali, che coinvolgeranno anche la filiera del vino, con la strada tracciata che è quella di inserirne buona parte on line; maggiore chiarezza, ma anche una misurata flessibilità, a livello di quadri normativi generali, a partire da quello sulle autorizzazioni per i nuovi impianti vitivinicoli; il tutto con la consapevolezza, da parte dei produttori di vino, che sono imprenditori nei territori, e mercanti nel mondo, che serve un’Europa sempre più unita, coesa e capace di giocare al meglio le grandi partite internazionali, anche in termini di accordi economici, e che i venti sovranisti che soffiano da ogni parte, anche o soprattutto per un prodotto senza confini e frontiere come il vino italiano, che vive soprattutto di export, sarebbero quanto mai dannosi, se prendessero ancora più forza. Con l’Italia che, da Paese leader del vino europeo e mondiale quale è, deve cercare di mantenere, o meglio ancora di far crescere la propria importanza nel dettare l’agenda vitivinicola dell’Unione Europea. Sono queste, in estrema sintesi, le aspettative e le speranze della filiera del vino e delle sue rappresentanze più importanti, Federvini, Unione Italiana Vini e Federdoc, sentine da WineNews, in vista delle elezioni Europee del 26 maggio, che in Italia come negli altri 27 Paesi dell’Ue, daranno vita al nuovo Parlamento, che dovrà affrontare tante sfide, a partire dal compimento della riforma più ampia della Politica Agricola Comunitaria (Pac), che rappresenta una fetta importantissima (oltre 1.270 miliardi di euro tra il 2021 ed il 2027) del Bilancio Comunitario.
“Speriamo che ci sia da parte dei nostri eletti, ma anche di quelli degli altri “Paesi del vino”, Spagna, Portogallo, e Francia, soprattutto, che la fanno da padroni nel mondo, una partecipazione attiva all’implementazione e al miglioramento delle normative che ci sono - sottolinea il presidente di Federvini Sandro Boscaini - tenendo sempre presente che i benefici che l’Europa ha portato al nostro Paese, alla nostra agricoltura e nei mercati sono di grande valore, ed il mantenimento della condivisione di certi obiettivi è di grande importanza. Lo diciamo agli eletti italiani, ma anche a quelli degli altri Paesi dell’Europa del vino, settore molto caratterizzante dell’Ue, e che ci vede leader nel mondo. Sul tema Pac e Ocm, è evidente che il sostegno alla promozione sia stato fondamentale: senza quei contributi non avremo raggiunto i livelli che abbiamo raggiunto nell’export, che è fondamentale, perchè il mercato interno, anche se ha dato qualche segnale positivo negli ultimi tempi - sottolinea Boscaini - è sempre quello di un Paese in difficoltà, dove la capacità di spesa in termini reali è diminuita dell’8,7% negli ultimi 10 anni”.
Continuità sulle politiche già avviate è quanto auspica anche Unione Italiana Vini, come spiega il presidente Ernesto Abbona: “riteniamo fondamentale mantenere una continuità nelle politiche europee e nazionali che incoraggino la competitività del settore, la crescita delle aziende e l’export. Inoltre, apprezziamo nella nuova Pac il mantenimento della specificità finanziaria e dei regolamenti del settore vino e sosteniamo con convinzione questo approccio. Altro aspetto fondamentale da affrontare ancora di più, è quello della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Siamo già da tempo impegnati con passione in diverse iniziative: dagli investimenti in tecniche d’allevamento sostenibili, che, con il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità assegnato recentemente dall’Unesco ad alcune regioni vitivinicole, dimostrano di essere ampiamente a portata di mano”.
“Il primo nodo da affrontare sarò la prossima Ocm Vino, sulla quale c’è un lavoro già impostato dal Parlamento uscente, che speriamo il nuovo parlamento riprenda - aggiunge Riccardo Ricci Curbastro, alla guida di Federdoc - e che non si riparta da zero, con tutto quello che comporterebbe. C’è poi il grande tema dell’etichettatura,, e speriamo che la soluzione individuata e proposta dalla filiera di mettere tante informazioni on line, sia percorribile, perchè è moderna e ci mette a riparo da etichette “enciclopediche” e di dover stampare ogni anno nuove etichette, perchè il vino ogni anno è diverso, non è un prodotto standardizzato. Poi ci sarà la discussione di tutte le misure agroambientali, altro aspetto importantissimo. La speranza è che il nuovo europarlamento abbia ancora un “intergruppo vino”, che non è un gruppo ufficiale, ma è sempre esistito ed è fondamentale per la specificità del settore. E l’auspicio generale è che tra i gli europarlamentari che eleggeremo ci siano persone che abbiano voglia di impegnarsi per il settore del vino, che è un settore fondamentale, anche perchè dobbiamo ricordarci che dove c’è viticoltura non c’è alternativa agricola, e se sparisse la vite, tanti territori, dove non è possibile coltivare altro, per elementi come la carenza d’acqua, verrebbero abbandonati, e ci sarebbe un impatto forte anche su tutto l’indotto che c’è, ed è enorme”.
Una visione complessivamente unitaria, dunque, quella della filiera italiana, che diverge un po’, invece, su un aspetto importante, ovvero quello dell’attuale sistema delle autorizzazioni di impianto dei vigneti, che prevede l’aumento massimo dell’1% della superficie vitata per ogni Paese.
In questo senso, “l’attuale sistema delle autorizzazioni continua a preoccupare il nostro sistema produttivo e l’Uiv ha già proposto diversi miglioramenti nella riforma della Pac - sottolinea Abbona - come la richiesta di un ampliamento della base per il calcolo da distribuire annualmente ai viticoltori”, mentre per Federdoc è positivo il possibile spostamento, in parte già recepito dal Parlamento uscente, della prima revisione del regolamento europeo in materia al 2050, e non al 2030 come inizialmente previsto, “per poter fare delle valutazioni su basi decennali, tempi che in viticoltura sono la normalità, visto che quando piantiamo un nuovo vigneto lo facciamo consapevoli che ne otterremo vino dopo 5-6 anni”, dice Curbastro.
Più sfumata, in questo senso, la posizione di Federvini: “il problema non è tanto la quantità di vigneto, ma far crescere il valore aggiunto che si ottiene da quale vigneto. In ogni caso – sottolinea Boscaini – è naturale guardare a quello che dice l’Europa in questo senso, perchè la cornice normativa è di compentenza Ue, ma altrettanto importante è come gestiamo le cose come Paese, e in questo, anche come rapporto generale tra Stato e Regioni, spetta a noi migliorare le cose”.
Ma per tutte le rappresentanze della filiera, l’auspicio è che l’Unione Europea sia sempre più forte nelle trattative internazionali, soprattutto in un quadro mondiale sempre più complicato e teso, dove nuove minacce di dazi si levano ad ogni ora, e dove, ovviamente, i singoli Paesi, soprattutto a confronto con colossi come Cina e Usa, avrebbero un potere negoziale decisamente minore dell’Europa Unita.
D’altronde “l’Europa è il primo player mondiale per produzione ed export del vino, l’Italia partecipa in maniera fondamentale a questa leadership, e quindi dobbiamo in qualche modo anche anticipare l’agenda europea sulle tematiche del vino, e non solo rincorrerla - sottolinea Boscaini - dobbiamo farci carico di essere leader, almeno nel settore vinicolo, e dirlo forte e chiaro a chi ci rappresenterà in Europa.

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