In linea con i dati di mercato (nei primi 5 mesi 2019 spedizioni enoiche a 2,6 miliardi di euro, in crescita del +5,5%, secondo i dati Istat, analizzati da WineNews), è positivo il sentiment del vino italiano, che vede in crescita le proprie vendite, seppur in maniera moderata, tanto all’estero che in Italia, per un settore che vede soprattutto nel mercato nazionale, negli Usa e nell’Europa in genere, più che nell’Asia, i luoghi in cui investire ancora per crescere, e che vede, ancor più che nella crisi, nella Brexit o nella guerra dei dazi, i principali motivi di preoccupazione per il futuro nelle incognite politiche interne e nella scarsa coesione tra i player della filiera.
È il quadro, in estrema sintesi, che emerge dal sondaggio WineNews tra le imprese di Italia del Vino Consorzio, aggregazione di aziende che mette insieme 21 tra i nomi più importanti del vino italiano, da Castello Banfi a Bisol 1542, da Cà Maiol a Cantina Mesa, da Cantine Lunae a Casa Vinicola Sartori, da Di Majo Norante a Drei Donà, da Duca di Salaparuta a Ferrari Fratelli Lunelli, da Gruppo Italiano Vini (Giv) a Librandi, da Marchesi di Barolo a Medici Ermete & Figli, da Ronchi di Manzano a Santa Margherita Gruppo Vinicolo da Terre de La Custodia a Terredora di Paolo, da Torrevento a Zonin1821, a Zaccagnini, per una produzione complessiva di oltre 180 milioni di bottiglie, 11.000 ettari vitati, più di 1,2 miliardi di euro di fatturato complessivo ed il 10% dell’intero export italiano.BR>
Se per la maggioranza del campione il sentiment è positivo, a livello di vendite, a fronte di qualcuno che indica una sostanziale stabilità in questa prima metà abbondante di 2019 sullo stesso periodo del 2018, per la maggioranza delle aziende si registra una crescita, compresa generalmente tra il +5% ed il +10%, con picchi, in rarissimi casi, anche del +20%. Stessa dinamica che si registrano nelle esportazioni, per alcuni stabili, per la maggioranza in crescita, nella maggior parte dei casi ad un tasso intorno al +10%. Ed anche il mercato italiano sembra seguire lo stesso trend, seppur con un livello di crescita più contenuto, generalmente intorno al 5% (anche se non manca chi dichiara aumenti del +10-12%).
E al netto della crescita di tanti nuovi mercati del mondo per il vino italiano, e dell’attesa del boom della Cina, la stragrande maggioranza delle imprese dichiara di concentrare i propri sforzi tanto in Italia come in Usa, che non a caso sono i due singoli mercati più importanti per la produzione enoica, poi in Europa, anche se una componente minoritaria continua a focalizzarsi sull’Asia.
In un quadro generalmente positivo, però, non mancano gli elementi di preoccupazione. Che, per le imprese del campione, sono soprattutto le incognite politiche italiane, e la scarsa coesione del sistema del vino italiano rispetto ai competitor del mondo. Seguono le incertezze dell’economia italiana e mondiale, che se la batte con le difficoltà nella comunicazione della complessa articolazione del mondo del vino tricolore.
Più imprese evidenziano, anche tra gli elementi su cui tenere alta l’attenzione, il generale aumento dei costi di gestione, mentre sono pochi quelli preoccupati da tematiche che sono quotidianamente agli onori delle cronache, come la Brexit o la guerra dei dazi tra Usa, Cina ed Europa, o ancora di aspetti come la debolezza dei consumi, del possibile acuirsi della crisi globale e così via.
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