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Dal lavoro in agricoltura raffigurato nei cicli dei Mesi d’Italia, un’idea di ecologia ante litteram

Lo racconta il volume “Il ciclo dei mesi. Da Aosta a Otranto” di Jenny Bawtree. Salvatore Settis, nella prefazione: “sentiamo il sapore del vino”

Una testimonianza si può dire “diretta”, indubbiamente realistica, della campagna italiana e dei suoi ritmi incessanti, un racconto della civiltà contadina e del lavoro senza sosta in agricoltura, seguendo le stagioni anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno, ora dopo ora, e, attraverso tutto questo una metafora capace di evocare la società e la storia italiana: ecco i cicli medievali dei Mesi, sculture ed affreschi, statue, bassorilievi e mosaici, diffusi da Nord a Sud della Penisola che, attraversando secoli e secoli di storia dell’arte italiana raffigurando scene di vita quotidiana in uno dei soggetti più affascinanti, esprimono anche un messaggio universale sull’uomo e la natura in una concezione di ecologia ante litteram. Lo racconta “Il ciclo dei mesi. Da Aosta a Otranto, alla scoperta di un tesoro dell’arte medievale italiana”, un compendio ed un vero e proprio diario di viaggio attraverso 39 tra i più mirabili esempi in Italia delle rappresentazioni artistiche dei mesi dell’anno, firmato dalla scrittrice inglese Jenny Bawtree, trapiantata nel cuore della campagna toscana (con Rendola Riding, uno dei primi agriturismi e centri di turismo equestre d’Italia, che, nato nel 1969, porta avanti ancora oggi, ndr), innamorata del paesaggio italiano, come “sapiente creazione dell’uomo, che nel corso dei millenni ha plasmato valli, colline, sentieri, rive, viali di cipressi, disseminandovi villaggi e castelli, monasteri e città, fattorie, pievi e boschi”, scrive l’archeologo e storico dell’arte italiano Salvatore Settis, autore della prefazione, nella sua sintesi sul dorso del “Domenicale” de “Il Sole 24 Ore”.
Da Ferrara a Modena, da Parma a Perugia, da Pisa a Roma, da Lucca a La Spezia, da Arezzo ad Argenta, da Trento a Monreale, nel volume (Terra Nuova Edizioni, dicembre 2020, pp. 224, foto di Opaxir-Paola Nannini, prezzo di copertina 23 euro), scrive ancora Settis, “ci accorgiamo che dietro le figure di chi semina o falcia il grano, coglie l’uva, spacca la legna, vanga la terra, raccatta le rape, affila la falce, il paesaggio non si vede ma c’è. Ogni mietitore di Giugno, ogni cavaliere di Maggio, rappresenta folle di esseri umani in carne e ossa che gli artisti hanno osservato nella loro vita quotidiana, e hanno poi distillato traducendoli in tipi ideali che evocano i luoghi dove lavorano”. Tanto che, “guardiamo l’uva intagliata nella pietra e sentiamo il sapore del vino”, avvertendo tutta la sacralità e la bellezza del cogliere i grappoli, in un rituale, quello della vendemmia, che da secoli e secoli si compie tra i vigneti italiani che vi sono raffigurati.

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