Secondo i numeri, si va verso i 7 miliardi di euro, a fine 2021, per l’export di vino italiano, con un boom del +15% in valore nei primi 7 mesi 2021, a pochi euro da quota 4 miliardi. I mercati che tirano di più? I “soliti” Usa, per un incasso totale di oltre 1 miliardo (a +19%), e Nord Europa, bene anche Cina e Russia. Non solo: i dati dicono che continua a crescere anche il mercato interno, con la ristorazione tornata a lavorare, seppur con differenze (ancora un po' in difficoltà nelle grandi città, a pieno ritmo, invece, in tanti piccoli borghi e località turistiche di tutta Italia), ma anche con la grande distribuzione organizzata, che, nei primi 9 mesi 2021, ha fatto +2% in volume e +9,7% in valore su 2020 di crescita enorme, per questo canale tornato centrale. Ma, sempre secondo i numeri, il prezzo medio del vino italiano è ancora basso, seppur raddoppiato negli ultimi 20 anni: siamo a 2,8 euro, eravamo a 1,8 euro. Ma non basta. Secondo quanto fanno notare molte analisti, la Francia è il doppio di noi, passata da 2,5 euro di 20 anni fa a 5 euro di oggi. Un divario - che c’è sempre stato del resto - e che è ben più alto se mi mette dentro il prezzo medio dell’export dello Champagne, che è oltre i 12 euro, e che tanti analisti del vino sembrano scoprirlo solo adesso.
Se se diamo fiducia e strumenti alle aziende, a quell’Italia “che fa l’Italia” per capirsi - è la riflessione di WineNews - il settore può farcela. Non guardiamo sempre alla Francia, che, economicamente parlando, è partita 100 anni prima di noi, grazie ad una classificazione ed un commercio che un Imperatore, peraltro di origini italiane come Napoleone Bonaparte, volle regolamentare come fece, del resto, con tutti i settori secondo lui più promettenti del suo Regno. Bisogna dare un occhio a ciò che avviene oltralpe, certo, ma l’Italia del vino, e da anni ormai, ha fatto scelte diverse dalla Francia, che si stanno rivelando comunque importanti e ben fatte. Sono, però, strade più difficili che hanno bisogno di più tempo per la loro conoscenza ed affermazione sui mercati del mondo. Un esempio? La scelta di credere sugli autoctoni. Una tendenza che, a livello mondiale, sta emergendo negli ultimi anni, rispetto ai vitigni internazionali. Scelta, e gusto, più difficile da affermare, perché necessita di una maggiore conoscenza da parte del consumatore, ma anche di una biodiversità da conservare per i produttori nei loro territori. Lavorare sul valore con politiche di insieme (e non solo di comunicazione e di marketing): questo, secondo me, dovrebbe fare il vino italiano, ed a questo devono servire meglio e di più i Consorzi nei territori di riferimento, che devono essere in grado di tenere meglio insieme le aziende ed alzare l’asticella del valore medio di partenza delle produzioni. Penso al Barolo, al Brunello di Montalcino, a Bolgheri, alla Valpolicella e all’Amarone, ma anche al Franciacorta, al Soave, al TrentoDoc, al Verdicchio nelle Marche. Cosa non facile da fare, ma che ritengo una via da percorrere per il futuro per innescare una seria politica sul valore dei nostre vini”.
La tegola che si sta abbattendo sul vino italiano è, invece, il prezzo delle materie prime: l’aumento, dal 40% al 60%, dei costi di produzione dovuti ai rincari di legno, cemento, alluminio e ferro, per esempio, dei prezzi dei noli marittimi (e dei container trasportati via nave, per i quali c’è anche un problema di carenza) e delle commodities energetiche. Tutti aumenti che tolgono reddito ai produttori e rendono la situazione difficile in termini di tenuta economica e competitività alle imprese del vino. Quello che stiamo raccontando, in questi giorni, su WineNews, è un “Vinitaly 2021”, post pandemia, in forma ridotta ma comunque speciale, perché segna di fatto una ripartenza negli incontri di business e di degustazioni a Veronafiere, in una delle vere “capitali” del vino italiano come Verona.
Un mondo che, da pochissimi mesi, ha potuto ritrovare, comunque, la convivialità della tavola e delle degustazioni, che, dall’estate, hanno anche rilanciato i consumi nel nostro Paese, che rimane per il vino italiano il mercato più importante come riferimento, ma anche uno dei più ricchi del mondo, e che altri Paesi cercano di conquistare. Una nuova normalità, insomma, che speriamo possa riportare le persone nei luoghi e nei territori simbolo del vino e della ristorazione italiana, e un po’ meno on line. Con la pandemia abbiamo riportato il cibo e in parte anche il vino al centro della quotidianità, e compreso il suo legame con l’ambiente e la nostra salute … Facciamo tesoro di questo, ma riprendiamo in mano la valigia, come abbiamo fatto con Winenews non appena è stato possibile, per tornare a fare il nostro mestiere di comunicatori sul campo, in presa diretta, nei territori della grande agricoltura italiana, facendo storydoing sulla bellezza del mondo dell’enogastronomia. Territori che stanno finalmente capendo che solo mettendo insieme quanto hanno di più importante, oltre ogni individualismo, si può essere davvero competitivi, per continuare ad andare alla conquista del mondo con le nostre produzioni buone, belle, pulite, giuste e sostenibili, nelle quali anche noi crediamo e raccontiamo da sempre per contribuire a sostenerle.
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