Mese dopo mese, i numeri e i dati del Liv-ex, analizzati da WineNews, hanno contribuito a dipingere il quadro del mercato secondario dei fine wine, trovando conferma, per tutte le tendenze emerse sin qui, nel report “The fine wine market in 2021”, curato proprio dalla più importante piattaforma di trading dedicata al vino di base a Londra. Il 2021, anno di ripresa, ma non ancora di totale ritorno alla normalità pre Covid, passa così agli annali come l’anno che ha visto cadere ogni record, con il Liv-ex Fine Wine 100 che ha superato il picco toccato a cavallo tra il 2010 e il 2011, prima che esplodesse la bolla cinese, ed il Liv-ex Fine Wine 1000 che ha raggiunto i 18 mesi consecutivi di crescita. Il tutto, in un mercato che si scopre sempre più vasto, in termini sia di numero di etichette che di numero di territori coinvolti. Al contempo, gli investimenti dagli Stati Uniti hanno trovato nuova linfa dall’abolizione dei dazi sui vini di Francia voluti da Trump, e questo ha portato (come emerge chiaramente dalla “Liv-ex Power 100 2021”) ad un riequilibrio complessivo, dopo l’exploit del vino italiano del 2020, da cui traggono giovamento soprattutto Bordeaux e Borgogna. Il risultato è un mercato che cresce, in valore, del 20% da inizio anno, una performance inferiore solo a quella del greggio, ma decisamente migliore di quelle di Ftse 100 e Dow Jones. Il e Liv-ex Fine Wine 1000, dalla sua nascita, è cresciuto del 315,3%, mentre il Liv-ex 100 (l’indice più performante negli ultimi due anni, spinto dalle blu chip di Bordeaux e Borgogna) e il Liv-ex 50 fanno segnare rispettivamente il +309,2% ed il +339,2%.
In effetti, tutti i sotto-indici del Liv-ex 1000 - dal Bordeaux 500 al Rhone 100, dall’Italy 100 al Burgundy 150, dallo Champagne 50 al Rest of the World 60 fino al Bordeaux Legends 40 - sono cresciuti nel 2021, grazie alla costante espansione del mercato. La performance più debole, in un contesto comunque positivo, è quella del Bordeaux 500, che da inizio anno è cresciuto del +9,2%, mentre l’evoluzione più importante è quella dello Champagne 50, con il +33,7%. Notevole anche il Burgundy 150 che, spinto dalle tante annata di Domaine de la Romanée-Conti, Armand Rousseau e Domaine Leflaive scambiate, segna il +27,1%. Di conseguenza, si restringe ancora la quota di Bordeaux, che passa, in termini di percentuale rispetto ai valori totali scambiati, dal 42% di fine 2020 al 38,8% di fine 2021. La Borgogna, invece, ha toccato il suo massimo di sempre: la sua share vale il 21,4% del mercato, contro il 19,7% del record precedente, risalente al 2019. Anche Rodano (4,5%) e Usa (7,6%) mettono in archivio un anno da record, così come l’Italia, che passa dal 15,1% del 2020 al 15,3%, un piccolo, ma importante, passo in avanti. Nonostante un andamento sorprendentemente positivo in termini di prezzi (sopra il +50% per etichette come Comtes de Champagne 2006 e 2008 di Taittinger, Cristal Rosé 2008, Krug 2000 e Salon 2002), cala invece (all’8,4%) la quota dello Champagne, con gli Usa che, per la prima volta, dopo una crescita impressionate del +219% nel 2021, in termini di investimenti sulle bollicine francesi superano il Regno Unito.
Come detto, si amplia la base dei vini scambiati sul Liv-ex, con i produttori arrivati a quota 4,411, il 7,6% in più del 2020, e le etichette a 11.452, il 10,5% in più del 2020 e sette volte il numero dei vini scambiati dieci anni fa. Tra i tanti territori emergenti, le Isole Baleari in Spagna, Aconcagua in Cile, il Palatinato in Germania, la Campania e la Calabria in Italia, con numeri ancora piccolissimi, ma anche con il potenziale per crescere velocemente. La diversificazione, però, vale anche all’interno dei grandi territori, come dimostra il record di produttori ed etichette di Borgogna. Guardando ai top performer in termini di crescita dei prezzi, al top troviamo Salon 2002 (+80,1%, da 5.500 a 10.000 sterline a cassa da 12 bottiglie), quindi lo Chambertin Grand Cru 2012 di Domaine Armand Rousseau (+73,7%), il Bonnes Mares Grand Cru 2013 di Domaine Georges Roumier (+69,1%), il Bâtard-Montrachet Grand Cru 2013 di Domaine Leflaive (+66,6%) e l’Hermitage 2008 di Jean Lous Chave (+66,3%). Continuano a crescere anche i prezzi di Domaine de la Romanée-Conti, con Grands Echézeaux e Richebourg al +50%. È, in sostanza, il trionfo della Borgogna, che viene da annate avare in vigna, che contribuiscono in maniera determinante alla crescita dei prezzi.
Tornando, idealmente, a Bordeaux, è interessante notare la crescita, per la prima volta dopi 10 anni, della quota dei Premiers Grands Crus Classé, che nel 2010 valevano il 60% di tutte le vendite di Bordeaux, che a loro volta, all’epoca, rappresentavano a valore il 95,7% del mercato. Oggi, i Premiers Grands Crus Classé rappresentano il 35,9% del commercio dei vini di Bordeaux, share che nel 2020 era arrivata addirittura al 32,6%, e nel 2021 hanno vissuto l’anno migliore dal 2018, specie Château Lafite Rothschild, il brand più scambiato sul mercato secondario dei fine wine davanti a Petrus, Château Mouton Rothschild, Sassicaia (Tenuta San Guido), Château Margaux, Château Haut-Brion, Screaming Eagle (California), Château Pontet-Canet, Domaine de la Romanée-Conti e Château Latour. Tra le singole etichette, invece, sul podio troviamo Château Lafite Rothschild 2018, Sassicaia 2018 e Château Lafite Rothschild 2017.
In definitiva, si chiude un anno, il 2021, eccezionale per il mercato secondario dei fine wine, che si dimostra sempre più un investimento vincente, grazie a rendimenti costanti, bassa volatilità dei prezzi, ridotta disponibilità di scorte dalle Regioni più importanti. Il sentiment, anche di fronte al 2022, resta positivo, specie in virtù di una crescita costante ma a ritmi molto più bassi del biennio 2010/2011, con la consapevolezza che, comunque, nessun mercato può crescere per sempre.
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