Paesaggio-icona dell’Italia, sfondo per i più grandi artisti del Rinascimento, costellato di conventi, chiese, castelli, ville e fattorie candidate all’Unesco, e territorio-simbolo del vino italiano, pionieristicamente riconosciuto all’inizio del Settecento dal Granduca di Toscana Cosimo III, il Chianti Classico racconta storie come quella della Pieve di Campoli, azienda vitivinicola e olivicola (tra le più grandi della Toscana, con 18.000 olivi) di proprietà dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (Idsc) dell’Arcidiocesi di Firenze, nata nel 1985 da un progetto di amministrazione dei terreni ecclesiastici a seguito della creazione dell’Ente e che riunisce le proprietà a vocazione agricola dell’Arcidiocesi, oggi Tenuta di 50 ettari vitati e 100 di oliveti, tra San Casciano e Barberino-Tavarnelle Val di Pesa, produttrice del Vin Santo del Chianti Classico utilizzato per le celebrazioni della Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze. Una storia che testimonia il ruolo della Chiesa, tra preti-contadini nelle loro Parrocchie e frati-vignerons nei “monasteri del vino”, nello sviluppo nei secoli della produzione enologica, nel rispetto della natura e del lavoro dell’uomo, valori sempre più attuali per i produttori di oggi “custodi” dei nostri territori.
Preti contadini che, a lungo, sono stati un punto di riferimento per la coltivazione della vite in Chianti Classico. Come Don Agostino Giotti, personalità spiccata che, nel borgo di Cortine, a San Donato, prima ancora della nascita dell’azienda, produceva un vino che ben presto fece parlare di sé, quando tra le campagne si sparse la voce di un prete che produceva un vino da messa “leggendario”. Ancora oggi, è qui che, sotto la guida dell’enologo Andrea Paoletti nascono i Cru dell’azienda, dalle vigne di oltre mezzo secolo adiacenti alla Chiesa, come la Gran Selezione Cortine dell’Uga-Unità Geografica Aggiuntiva San Donato del Chianti Classico. Ma l’etichetta di punta continua ad essere il Vin Santo del Chianti Classico Cortine Docg, il vino passito da Messa del Duomo di Firenze, prodotto dalle migliori uve e che ha mantenendo nei secoli la sua funzione religiosa ad uso esclusivo nei rituali per la liturgia. E accanto all’olio Evo, frutto dell’olivo simbolo dello spirito e risorsa per l’uomo, anch’esso utilizzato nel Duomo della “culla” del Rinascimento nel “Giovedì Santo” e distribuito nelle parrocchie della diocesi per diventare parte delle funzioni sacramentali, così come i suoi ramoscelli vengono distribuiti dopo la benedizione nel rito della Domenica delle Palme.
“In tutte le sue fasi l’azienda è attenta a mantenere presenti valori come il rispetto consapevole per la terra, per non perdere “la tenerezza con il Creato” come dice Papa Francesco - spiega Don Giuliano Landini, presidente Idsc Firenze - con la ricchezza del suo retaggio storico, Pieve di Campoli promuove responsabilmente la propria identità e vocazione aggiungendo valore e bellezza alla sua attività oleovinicola tesa a favorire processi virtuosi e sostenibili come esplicitati nell’enciclica “Laudato si’” del Pontefice, e collaborando con le aziende agricole degli altri Istituti Diocesani d’Italia e con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che sperimenta da noi forme di analisi e processi migliorativi”.
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