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POLITICHE UE

Le mucche non sono come le fabbriche: si allarga la frattura tra allevatori e ambientalisti

Bocciata oggi dal Parlamento Europeo la proposta di estendere agli allevamenti la direttiva sulle emissioni industriali. Opposte le reazioni 

Da una parte, ci sono gli allevatori, che dall’Italia alla Spagna, passando per Olanda e Francia, si dedicano all’allevamento di bovini, suini e polli, e che si rifiutano di equiparare l’attività delle loro stalle a quella delle fabbriche; dall’altra, ci sono gli ambientalisti, che da decenni imputano proprio agli allevamenti la responsabilità di inquinare aria, acqua e suolo, per colpa delle ingenti emissioni di ammoniaca, ossidi di azoto e metano. Oggi il Parlamento Europeo ha votato per esentare gli allevamenti intensivi dalla legge sulle emissioni industriali, e questo ha reso, se possibile, ancora più profonda la spaccatura tra i due fronti. Se le associazioni degli agricoltori, da Confagricoltura a Coldiretti, da Cia-Agricoltori italiani ad Alleanza Cooperative, plaudono alla decisione, quelle ambientaliste, come Greenpeace, sostengono che oggi il Parlamento Europeo abbia votato “contro la salute e l’ambiente”.
“Si tratta di una decisione di grande rilievo per le prospettive della zootecnia italiana ed europea: ringraziamo gli europarlamentari per aver accolto le nostre richieste a tutela del settore - così il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che aggiunge - l’inclusione degli allevamenti bovini, proposta dalla Commissione e bocciata dal Parlamento Europeo, avrebbe comportato la chiusura di numerose strutture produttive con la conseguente perdita di posti di lavoro. Qualsiasi contrazione del potenziale produttivo europeo determina l’aumento delle importazioni dai Paesi terzi, dove non sempre vigono regole rigorose come quelle dell’Ue in materia di protezione dell’ambiente. Di assoluto rilievo anche la limitazione dei nuovi obblighi a carico dei settori suinicolo e avicolo”. Dello stesso avviso anche il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, che rivendica la decisione del Parlamento Europeo (che ha votato con la maggioranza di 367 voti a favore l’esclusione dei bovini e lo stop ad ulteriori oneri per suini e pollame): “abbiamo fermato in Europa la norma “ammazza-stalle”, con la decisione di lasciar fuori gli allevamenti bovini dalla revisione della direttiva sulle emissioni industriali, che salva un settore cardine del made in Italy. Un testo che va incontro alle richieste di Coldiretti, che per prima aveva denunciato l’assurdità scientifica di paragonare le stalle alle fabbriche e avviato su questo una campagna di sensibilizzazione in Italia ed in Europa. Il testo boccia la proposta della Commissione europea di ampliare le attività coperte dalla direttiva agli allevamenti di bovini da 150 capi in su, la quale avrebbe portato alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare ed il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione. O, ancora peggio - conclude Prandini - di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici”. Anche Cristiano Fini, presidente Cia - Agricoltori Italiani, è soddisfatto del risultato odierno: “una vittoria per la zootecnia italiana ed europea. Il Parlamento riconosce che la zootecnia non è assolutamente equiparabile a settori altamente industrializzati, correggendo una proposta di revisione che appariva totalmente scorretta e ingiusta. Gli agricoltori sono continuamente impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività con pratiche sostenibili, tanto che oggi in Europa l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di CO2 della zootecnia rappresentano appena il 5,2% del totale. Dunque, è chiaro che il settore non rappresenta un problema, anzi è una risorsa utile anche per la cattura e sequestro di anidride carbonica e per la produzione di energia pulita”. “Con il voto odierno di Strasburgo non è passata la proposta iniziale della Commissione che in tema di emissioni mirava ad equiparare il settore agricolo agli altri settori altamente industrializzati, un assunto da cui sarebbero scaturite ripercussioni economiche e amministrative insostenibili - è il commento del presidente Alleanza Cooperative Agroalimentari, Carlo Piccinini - adesso è previsto un ulteriore passaggio con il trilogo, dove ci si confronterà anche con la posizione uscita dal Consiglio Agricolo, che vedeva il settore bovino incluso nella direttiva, pur se con soglie più elevate rispetto alla proposta della Commissione. Il nostro auspicio è che il Parlamento Europeo difenda la posizione espressa con il voto odierno, affinché il quadro normativo attuale resti sostanzialmente quello regolamentato dall’assetto normativo vigente: ovvero, gli allevamenti bovini rimangono fuori dal sistema di certificazione sulle emissioni e nessuna nuova soglia viene prevista per i settori delle carni avicole e suinicole. Come rappresentante del mondo agricolo e agroalimentare sono stanco - conclude Piccinini - di vedermi costretto continuamente ad accusare l’Europa, ma il punto è che è la Commissione che persevera nel voler mandare avanti proposte normative che rischiano di rendere quasi impossibile continuare a fare agricoltura in Europa, con la prospettiva di lasciare sempre più spazio a massicce produzioni provenienti dai Paesi extra-Ue”.
Sono, naturalmente, di tutt’altro avviso le associazioni ambientaliste, le cui posizioni sono riassunte da Greenpeace, secondo cui oggi gli europarlamentari “hanno votato per esentare gli allevamenti intensivi più grandi ed inquinanti dalla regolamentazione ai sensi della direttiva sulle emissioni industriali dell’Unione Europea, nonostante questi siano responsabili di ingenti emissioni di ammoniaca, ossidi di azoto e metano, un potente gas serra. Gli allevamenti di bovini più grandi e più inquinanti, così come migliaia di allevamenti di suini e polli, potranno dunque continuare a inquinare la nostra aria, il suolo e l’acqua”. “L’influenza delle lobby della zootecnia intensiva ha portato ad un voto paradossale: consentendo ai più grandi allevamenti intensivi europei di continuare a inquinare, li ha messi sullo stesso piano degli allevamenti più piccoli. Questo è un voto contro l’ambiente, contro la salute e contro le stesse aziende a conduzione familiare che si dice di voler difendere, comprese quelle del made in Italy” dichiara Simona Savini, campagna Agricoltura Greenpeace Italia. 
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, sostiene Greenpeace, il settore zootecnico da solo è responsabile del 54% di tutte le emissioni di metano di origine antropica dell’Unione Europea, soprattutto a causa dei bovini. Gli allevamenti inquinano anche l’acqua, l’aria e il suolo attraverso le emissioni di ammoniaca e ossido di azoto, e sono responsabili del 73% dell’inquinamento idrico dell’agricoltura dell’Ue. L’allevamento intensivo in Europa è responsabile del 94% delle emissioni di ammoniaca e, in Italia, costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili. Gli eurodeputati hanno respinto qualsiasi ampliamento del campo di applicazione della direttiva, nonostante il sostegno dei Governi europei e della Commissione. Il voto del Parlamento indebolisce di fatto l’attuale legislazione, abbassando i requisiti anche per gli allevamenti intensivi di suini e pollame soggetti alla direttiva dal 1996. Gli allevamenti con meno di 2.000 suini e/o 750 scrofe o 40.000 esemplari di pollame continueranno a essere esenti dalla regolamentazione ai sensi della direttiva sulle emissioni industriali dell’Ue, mentre i più grandi potranno usufruire di una procedura di registrazione semplificata.

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