La Cop29 di Baku, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2024, è iniziata da appena un giorno (durerà fino al 22 novembre, ndr), ma fa già discutere. In particolare sono le parole in apertura dei lavori del presidente dell’Azerbaigian, la Nazione ospitante, Ilham Aliev, che ha definito petrolio, gas e materie come un “dono di dio”, sottolineando come queste abbiano arricchito il suo Paese. Un’uscita che non è piaciuta affatto a Slow Food Italia che ha colto l’occasione per rimarcare come “l’inazione, in termini di accordi sulla finanza climatica, costi caro all’umanità, l’unica carnefice e vittima - secondo la Chiocciola - a pagare i costi del non-agire concretamente sul tema del cambiamento climatico”.
“Alla Cop29 va in onda il paradosso del conflitto d’interesse, a partire dall’intervento del presidente del Paese ospitante che definisce il petrolio un “dono di dio” - ha detto Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia - solo nella zona euro, le prime undici banche hanno il 95% dei capitali investiti nel fossile: anche per questo si assiste alla proposta di soluzioni falsate, a cortissimo raggio, che non indagano mai le questioni alla radice”. A Baku sono presenti, infatti, i negoziatori di 197 Paesi nel mondo e dell’Unione Europea che tratteranno in questi giorni, tra le altre cose, anche per trovare un accordo sulle risorse che il Nord del mondo debba mettere a disposizione del Sud per le azioni di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica.
Nel frattempo l’Organizzazione meteorologica mondiale ha presentato un rapporto nel quale si legge che la temperatura superficiale media sul pianeta, tra gennaio e settembre, è stata di 1,54 gradi sopra ai livelli pre-industriali: “le piogge e le alluvioni da record, i cicloni tropicali che si intensificano rapidamente, il caldo mortale, la continua siccità e gli incendi devastanti che abbiamo visto in differenti parti del mondo quest’anno sono sfortunatamente la nostra nuova realtà e un assaggio del nostro futuro”, ha dichiarato la segretaria generale Celeste Saulo.
Da qui il monito di Slow Food Italia: “pannelli solari e pale eoliche non garantiranno il futuro alla specie umana se continueremo a produrre cibo avvelenando la Terra, inquinandola di fertilizzanti che non arricchiscono nient’altro che chi li produce - si legge in un comunicato - nessuna centrale idroelettrica, e neppure nucleare di qualsivoglia generazione, salverà l’essere umano dall’estinzione, se il cemento continuerà a coprire il suolo alla velocità (in Italia) di due metri quadrati al secondo, se metà della superficie agricola sarà ancora coltivata per il foraggio destinato ad allevamenti intensivi che inquinano più delle automobili, e se i semi delle piante che mangiamo resteranno in mano all’industria che ne detiene i brevetti, come se il cibo fosse un bene privato e non un diritto universale”.
E, così, arriva il richiamo della presidente Barbara Nappini ad avviare un percorso strutturale che porti all’agricoltura sostenibile. In una parola, l’agroecologia: “è necessario che il Sud del mondo abbia un ruolo centrale nel processo decisionale e la transizione energetica deve essere popolare e giusta - ha sottolineato - serve un ripensamento onesto del sistema economico e sociale nel quale siamo immersi globalmente, delle abitudini di vita e di consumo, a cominciare da quello alimentare, perché non potrà essere soltanto l’energia pulita a salvare l’umanità dalla sua ingordigia. Serve cibo più buono, prodotto meglio e in maniera più ecologica. Serve l’agroecologia”.
Mentre Papa Francesco, alla vigilia della Cop29, ha chiesto agli agricoltori di “coltivare la Terra in modo da custodirne la fertilità anche per le generazioni future”, Slow Food Italia, unendosi all’appello del Pontefice, si rivolge così all’umanità intera riprendendo una delle massime del fondatore Carlin Petrini: “non aspettiamo che qualcuno cambi ciò che non va più bene. Facciamo noi il primo passo”.
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