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CON MODIFICA AL DISCIPLINARE

Il Pinot Grigio Doc Delle Venezie propone una nuova tipologia a bassa gradazione alcolica

Ok anche all'uso di varietà resistenti. Albino Armani, presidente del Consorzio: “stare fermi in un momento di evoluzione dei mercati non ha senso”

Il Consorzio del Pinot Grigio Doc Delle Venezie - primo vino bianco fermo italiano per volumi di produzione e di esportazione con oltre il 90% dei consumi oltreconfine - stimola le istituzioni vitivinicole italiane e tutto il settore vitivinicolo sulle soluzioni da adottare per superare le criticità attuali, assumendosi un ruolo che denuncia la lentezza con cui nel Belpaese si mette mano ai cambiamenti necessari per affrontare le esigenze del mondo produttivo alle prese con consumi in calo - rivolti verso vini meno alcolici e più sostenibili - in un contesto complesso per la viticoltura a causa del cambiamento climatico, a cui si è aggiunta la “questione dazi”. E lo fa con il progetto di modifica del disciplinare di produzione che propone l’introduzione di una tipologia di Pinot Grigio Doc a bassa gradazione alcolica naturale e l’utilizzo di varietà resistenti, vietato dall’articolo 33 comma 6 del Testo Unico per i vini Doc e Docg.
“Il Consorzio si sta approcciando a una nuova visione molto ambiziosa per assicurare futuro e sostenibilità economica alle migliaia di viticoltori che producono Pinot grigio delle Venezie. Stare fermi in un momento così dinamico e di evoluzione dei mercati e del pensiero non ha senso, diversamente lo subiremo. In questo quadro anche il ruolo dei Consorzi dovrà cambiare velocemente” - ha spiegato il presidente Albino Armani, nell’incontro “Pinot Grigio Doc Delle Venezie, prospettive per il futuro: innovazione, collaborazione e strategie in linea con il cambiamento”, nei giorni scorsi, alla Pinacoteca Ambrosiana a Milano, moderato da Luciano Ferraro, vicedirettore “Corriere della Sera”.
La nuova tipologia - di cui in Consorzio sta valutando il nome - avrà gradazione compresa tra 9 e 11 gradi alcol e affiancherà il Pinot Grigio delle Venezie “classico”. “Questo ci consentirà di stare più vicini alle esigenze dei consumatori quanto ad alcolicità e a potere calorico, particolarmente sentite negli Stati Uniti, primo nostro mercato di destinazione - spiega Armani. Non servirà un grande sforzo perché già il Pinot Grigio raggiunge naturalmente gradazioni intorno ai 10-11 di alcol, tuttavia vogliamo legare il suo profilo a una solidità scientifica e quindi abbiamo avviato diverse collaborazioni con istituti di ricerca che ci permetteranno di stilare un protocollo preciso per ottenerlo e tracciarlo lungo la filiera”. Per evitare confusioni è bene rimarcare che si tratterà di un vino non sottoposto ad alcun processo tecnologico, ottenuto in vigna adottando accorgimenti agronomici per ridurre l’accumulo zuccherino e con un anticipo della vendemmia di circa una settimana e in cantina affidando la fermentazione a un lievito non Saccaromices - in uso nell’industria della birra - con una bassa efficienza nella trasformazione degli zuccheri in alcol e per questo accantonato per la vinificazione. Così come per l’impianto di nuovi vigneti saranno attuali quei cloni finora non ritenuti abbastanza alcoligeni.
“Oggi si richiede al vino leggerezza, gusto e cultura, non si desidera più il vino che stordisce - ha osservato Vincenzo Gerbi, professore ordinario all’Università degli Studi di Torino, dopo un interessante exursus sulla funzione microbiologica, nutrizionale ed economica dell’alcol nel vino - l’enologia di espressione è in grado di interpretare i nuovi trend e di rispondere alle nuove richieste del mercato, fino, forse a scoprire che alcuni vini, come il Pinot Grigio, per la loro natura, potrebbero esprimersi al meglio con un grado alcolico inferiore. Sarà importante che il risultato del lavoro in vigneto e in cantina rispetti il profilo e la qualità del prodotto, come pure chiarire che si tratterà di un vino naturalmente poco alcolico e per questo anche più sostenibile di prodotti derivati dalla dealcolazione parziale. Sostenibilità amplificata anche dall’introduzione nel disciplinare di varietà resistenti, passo importante verso una maggiore sostenibilità ambientale, in linea con le politiche europee”.
Con l’introduzione di varietà resistenti provenienti da incrocio, limitatamente al 10%, il Consorzio vuole rompere il diaframma tra esigenze del mondo produttivo e decisori “con questa azione chiediamo una risposta chiara circa la modifica del Testo Unico, un sì o un no - ha detto con forza Albino Armani - e vogliamo imporre una riflessione finora non avviata. Serve un coordinamento tra i Consorzi e un piano almeno quinquennale per portare le sfide che abbiamo dinanzi”. Il riferimento è al disegno di legge all’esame della Commissione Agricoltura in Senato che prevede un emendamento all’articolo 33, comma 6 del Testo Unico del vino (legge 238/2016), quindi l’eliminazione di quel vincolo che oggi blocca l’utilizzabilità delle varietà cosiddette resistenti per la produzione di vini a denominazione di origine.
In una congiuntura non proprio esaltante per il vino, il Pinot Grigio delle Venezie offre uno spiraglio di ottimismo continuando a distinguersi con performance in controtendenza: +3% di imbottigliato e +8% di certificazioni con un totale di oltre 1,7 milioni di ettolitri confezionati nel 2024. “Circa il futuro della nuova tipologia - ha considerato il presidente del Consorzio - siamo ancora all’inizio di un percorso. Meglio non aspettarci molto e intanto lavorare sulla comunicazione nel mercato Usa da cui potrebbe partire un trend positivo. Tuttavia sarebbe molto interessante anche se l’incremento delle vendite si attestasse anche soltanto al 5% della produzione attuale, il che significherebbe una ulteriore espansione, visto che siamo vicini alla rottura degli stock”. Le performance del bianco del Triveneto in un mercato internazionale sempre più complesso, in particolare nel contesto delle vendite nella gdo - suo primo canale distributivo - sono positive con incrementi di circa il 10% sul 2023 sia in volume sia in valore.
“Considerando lo storico dei vini bianchi dop di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino dall’introduzione della Doc delle Venezie nel mercato nel 2017 - ha illustrato Fabio Del Bravo, direttore Filiere e Analisi di Mercato Ismea - le esportazioni sono aumentate del 110% in volume e del 117% in valore, portando la quota dell’export dei bianchi italiani al 24%. Il Pinot Grigio delle Venezie si è ritagliato una posizione stabile di assoluta rilevanza quale driver con il Prosecco della crescita del vigneto del Nord-Est, in controtendenza rispetto alla superficie vitata nazionale diminuita dal 2000 ad oggi del 15%. E l’introduzione di una tipologia, sempre Doc, ma a più bassa gradazione alcolica rappresenta un’opportunità per cogliere le nuove dinamiche di mercato”.
Opportunità validata anche dall’analisi comparativa tra i consumi di Pinot Grigio tra Usa, Uk e Canada - principali paesi di destinazione della do - e il mercato italiano. I risultati evidenziano una sostanziale differenza nelle abitudini e nelle occasioni di consumo, ma un certo allineamento per quanto riguarda i fattori che guidano la scelta d’acquisto, dove in entrambi i casi il 56% del campione intervistato ricerca la garanzia di una filiera certificata che il Pinot Grigio Doc delle Venezie è in grado di dare con l’apposizione del contrassegno di Stato su 230 milioni di bottiglie, oltre a elementi di freschezza e leggerezza, in particolare oltreoceano. Sono infatti i consumatori anglosassoni a voler esplorare nuovi gusti e nuove proposte di vino, pur mantenendo una forte fidelizzazione con Pinot Grigio, vino che resta apprezzato per la sua versatilità. “La conoscenza del Pinot Grigio - ha illustrato Caterina Tagliabue di Eumetra - sia in Italia che Usa, Uk e Canada è seconda solo a quella dello Chardonnay. Una conoscenza che tuttavia non corrisponde esattamente al consumo, il che suggerisce di trasferire al meglio le caratteristiche di freschezza, facilità di beva e anche leggerezza alcolica ai consumatori”. Una considerazione sottolineata anche da Ludovico Mannheimer di Eumetra: “se è importante offrire prodotti a bassa gradazione alcolica e quindi a minor impatto calorico, è necessario comunicarlo tenendo conto anche dei cambiamenti relativi alle fonti da cui i consumatori si informano, privilegiando nuovi strumenti per raggiungere quella fetta di pubblico meno interessata specificatamente al vino attraverso la sua presenza mentre si parla d’altro. La maggioranza dei consumatori cerca informazioni più superficiali rispetto a coloro, pochi, che si informano sulla stampa specializzata”.
In questo scenario quale potrebbe essere l’impatto della nuova tipologia di Pinot Grigio delle Venezie? “Il mercato italiano è saturo e quindi volto alla sostituzione di un vino con un altro e non a un allagamento - ha risposto Luca Rossetto, professore associato presso l’Università degli Studi di Padova - le produzioni del Nord-Est Prosecco e Pinot Grigio sono in un momento favorevole, stanno trascinando l’export del vino italiano all’estero e non sono in competizione, ma in sinergia. La curva della domanda del vino è rigida, cioè la quantità domandata del bene non cambia al variare del prezzo, in particolare per vini di fascia alta come il Pinot Grigio delle Venezie, che quindi è più condizionato più dalla fidelizzazione dei consumatori che dal posizionamento. Venendo alla nuova tipologia a basso contenuto di alcol ritengo che la sua introduzione possa allargare la platea dei consumatori interessati e quindi, da un punto di vista economico, accrescere la domanda potenziale del prodotto, quindi far aumentare le vendite”.
L’incontro si è concluso con la presentazione del Rapporto 2024 del Consorzio Doc delle Venezie, documento che fornisce una panoramica dettagliata sull’andamento della denominazione. “Il primo report che rende conto alla filiera delle attività del Consorzio - ha illustrato Stefano Sequino, direttore del Consorzio - fornisce una panoramica dettagliata dell’andamento della denominazione, e serve a rendicontare e a programmare le attività future del soggetto aggregatore delle esigenze della filiera con il compito di trasferirle al Ministero. Interpretiamo il nostro ruolo in modo ampio secondo quanto indicato dal Regolamento europeo sulla riforma delle Indicazioni Geografiche (1143/2024) che conferisce agli enti di tutela spazi di manovra inediti e ancora inespressi a livello nazionale, di riferimento rispetto ai territori viticoli circa la promozione dei servizi turistici, la ripartizione del valore lungo la filiera e un potenziamento della gestione dell’offerta. Viviamo in un contesto “multifattoriale” in cui esistono altre denominazioni varietali con altri Consorzi e tutto questo ha bisogno di coordinamento e di narrazione. Cerchiamo di farlo in modo nuovo con una visione che mette al centro non solo le modifiche presentate oggi, ma anche progetti e collaborazioni come quelle con Wine in Moderation, Ismea e Fai per condividere e contribuire alla diffusione di valori e obiettivi comuni”.
Clementina Palese

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