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Il Sole 24 Ore

Vino, rischio cantine ingolfate: non c’è spazio per la nuova vendemmia…Pallini: “Confronto di tutta la filiera per gestire qualità e quantità di produzione”… Con la primavera nei vigneti è già comparso qualche segnale di fioritura che quest’anno, a causa delle incertezze innescate dai dazi Usa, i produttori italiani guardano con qualche preoccupazione. “Se non vendiamo il vino che abbiamo in cantina, col principale mercato estero bloccato, tra qualche mese non avremo lo spazio per raccogliere il frutto dei nuovi raccolti”. È la considerazione che risuonata tra gli stand del Vinitaly di Verona. Lo scorso anno l’Italia ha prodotto 41 milioni di ettolitri. E in giacenza dalle precedenti vendemmie, come riporta il sito winenews.it, ci sono altri 55,4 milioni di ettolitri. L’Italia esporta ogni anno poco meno di 22 milioni di ettolitri e di questi 3,6 vanno negli Stati Uniti, 5,1in Germania, 2,6 nel Regno Unito. “Con lo spettro di una recessione generalizzata anche i francesi si chiedono dove mettere il vino della prossima vendemmia - spiega Marco Caprai alla guida di un’azienda umbra con 200 ettari di vigneti, 7,5 milioni di fatturato per il 25% realizzato all’estero -. Il punto è che la natura non si ferma. Come le vacche che andavano munte anche durante il Covid, nei nostri vigneti dobbiamo fare lavorazioni e trattamenti e sostenerne i costi anche se sul mercato stiamo vivendo una sorta di fermo biologico”. “Dobbiamo cogliere questa occasione - ha aggiunto la presidente di Federvini, Micaela Pallini - e avviare una riflessione sulla gestione quantitativa e qualitativa della produzione. Percorso che in passato non è stato possibile fare anche a causa della parcellizzazione del mondo produttivo. Ma sono convinta che nell’attuale scenario anche i più scettici aderiranno a un vero confronto di filiera”. La riflessione invocata dalla presidente di Federvini riguarda la regìa produttiva del vino italiano, non solo come governo dei volumi ma anche delle tipologie di prodotto. L’Italia produce grandi quantità di vini da tavola che non trovano mercato e deprimono i listini e al tempo stesso sconta la mancanza di materia prima per produrre aceto. E, spesso, chi invoca interventi anticrisi e riceve aiuti poi l’anno dopo riprende a produrre come se nulla fosse accaduto. “Il tema della sovrapproduzione - ha commentato il presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi - incrocia solo in parte la questione dazi: si produceva troppo prima e si continua a farlo nonostante i consumi in calo. È necessario governare il potenziale del Vigneto Italia, limitato nell’ultimo biennio solo dagli agenti atmosferici. L’idea di ritornare a quota 50 milioni di ettolitri è inquietante, serve un piano di riduzione delle rese, di ritorno alle aree vocate e di una produzione più in linea con l’attuale domanda. Fare troppo vino significa solo deprimere il valore del prodotto”.

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