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VISIONI DI FUTURO

L’agricoltura rigenerativa, cos’è, cosa non è, e come metterla in pratica secondo Wwf

L’organizzazione: “trasformare i sistemi agroalimentari è oggi fondamentale per proteggere e ripristinare la natura, fondamento della sopravvivenza”
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La visione del Wwf sull’agricoltura rigenerativa (ph: Freepik/rawpixel.com)

L’attuale sistema alimentare globale è responsabile di un oltre un terzo dei gas serra, del 90% della deforestazione tropicale, di oltre l’80% della perdita di biodiversità ed è collegato a un drammatico aumento del rischio di malattie zoonotiche (che possono trasmettersi dagli animali agli umani, ndr). Se ne è parlato in un convegno, organizzato dal Wwf nei giorni scorsi, come tappa della “Carovana dell’Agroecologia”, promossa da Aida (Associazione Italiana di Agroecologia), in preparazione del Congresso di Agroecologia del Mediterraneo, di scena ad Agrigento dal 9 al 12 giugno, nella sede del Parlamento Europeo a Roma, in cui è stato presentato il report nella campagna Our Future “Agricoltura rigenerativa. Cos’è, cosa non è e come metterla in pratica”, con l’obiettivo di far luce sull’agricoltura rigenerativa nella Visione al 2040 dell’agricoltura e dell’alimentazione presentata dalla Commissione Ue il 19 febbraio 2025, e contribuire al dibattito pubblico sulla giusta transizione ecologica dell’agricoltura, fornendo informazioni utili per distinguere gli approcci coerenti con l’agroecologia da pratiche scorrette di “greenwashing”.
Un Pianeta capace di futuro richiede di arrestare e invertire la perdita di biodiversità e limitare le cause e gli effetti del cambiamento climatico, garantendo al contempo il diritto fondamentale a un’alimentazione sana e nutriente per oltre 8 miliardi di persone, raggiungendo gli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite, afferma Wwf. Per proteggere e ripristinare la natura, fondamento stesso della nostra sopravvivenza, dobbiamo trasformare radicalmente i nostri sistemi agroalimentari, su larga scala e nel rispetto dei limiti planetari, per garantire la riduzione di perdite e sprechi alimentari, con diete a minore impatto ambientale e un’agricoltura sostenibile che bilanci gli obiettivi di produzione e conservazione su tutti i terreni gestiti. Sebbene gli impatti si verifichino lungo l’intera filiera alimentare, le pressioni più dirette sul nostro capitale naturale si verificano, infatti, a livello della produzione.
L’organizzazione internazionale non governativa di protezione ambientale riconosce che ci sono vari approcci e modelli di agricoltura per trasformare i sistemi agroalimentari. Il Wwf considera gli approcci agroecologici, che applicano principi ecologici e sociali alla produzione agricola, come prioritari per questa trasformazione. L’agricoltura rigenerativa è proposta come soluzione per sistemi agroalimentari sostenibili, ma manca una definizione scientifica chiara e condivisa, il che porta a interpretazioni diverse e rischi di “greenwashing”. Il Wwf vede l’agricoltura rigenerativa come una tappa verso modelli più sostenibili, ma diventa “greenwashing” quando il termine è usato per mascherare pratiche dannose. Gli approcci all’agricoltura rigenerativa si concentrano principalmente sulla sostenibilità ambientale, come la salute del suolo e la gestione delle risorse, ma pochi includono anche la dimensione socioeconomica. C’è già chi lo sostiene da tempo, come nel caso dell’agronomo ed entomologo cileno Miguel Altieri, che, parlando specificamente di “agro-ecologia”, la definisce come la “speranza di un mondo diverso, capace di affrontare le crisi climatiche ed economiche. Un sistema solidale tra produttori e consumatori, che io chiamo “bypass”, cioè capace di andare oltre all’economia di mercato, basato sulla solidarietà, e che si espande senza inseguire le logiche del capitalismo”.
Per l’organizzazione internazionale, l’agricoltura rigenerativa deve migliorare la salute del suolo e supportare i servizi ecosistemici, contribuendo al miglioramento ambientale, sociale ed economico. La sfida è rendere i sistemi agroalimentari più resilienti ed efficienti senza superare la capacità di carico degli ecosistemi, soddisfacendo i bisogni delle generazioni presenti e future. Ciò richiede un cambiamento di paradigma: dalla massimizzazione della produzione a spese della natura all’agricoltura “Nature positive” basata sulla biodiversità.
In questo contesto, il Wwf propone i principi guida per promuovere una vera agricoltura rigenerativa in Europa, tra cui ridurre al minimo l’alterazione fisica, biologica e chimica del suolo con la minima lavorazione, vale a dire ridurre le lavorazioni del terreno fino alla semina diretta sul terreno sodo; ampie rotazioni e ricche consociazioni; mantenere il suolo coperto da vegetazione o altro materiale naturale con colture di copertura, vale a dire piante coltivate da inserire tra una coltura principale e l’altra; aumentare la biodiversità di specie vegetali e animali in superficie e microbiche nel suolo; uso di biostimolanti, anche di autoproduzione aziendale; integrare animali e le piante all’interno dell’azienda agricola, ad esempio tramite allevamento estensivo con pascolo turnato, agroforestry e compostaggio; e forte riduzione dei prodotti chimici di sintesi (pesticidi e fertilizzanti). Tutto questo per raggiungere gli obiettivi di miglioramento della salute del terreno, di miglioramento della qualità degli alimenti prodotti, di mantenimento del reddito aziendale, di riduzione degli impatti sulle risorse a partire dalla emissione dei gas serra.
Purtroppo ancora oggi non esiste un sistema di certificazione agroecologica che permetta ai consumatori di riconoscere i prodotti provenienti da agricoltura rigenerativa, per questo è fondamentale definire criteri condivisi per una certificazione standard della sostenibilità delle filiere agroalimentari a livello europeo, conclude Wwf.

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